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Aiutiamoci a scoprire Dio all'opera nelle nostre vite

In quest'anno pastorale siamo invitati ad approfondire l'esortazione di papa Francesco “Evangelii Gaudium”.

Aiutiamoci a scoprire Dio all'opera nelle nostre vite

In quest'anno pastorale siamo invitati ad approfondire l'esortazione di papa Francesco “Evangelii Gaudium”. Nel sussidio degli uffici pastorali allegato al numero dell'Azione del 20 novembre scorso e scaricabile qui sul nostro sito, vengono proposte le tracce per tre incontri sull'esortazione. Per rendere la lettura aderente alla concretezza della vita, è stato chiesto chiesto ad alcune persone di leggere uno dei brani e provare a raccontare cosa voleva dire per loro. Ecco la riflessione di Claudia.

C’è un “esercizio” che mi ritrovo a fare sempre più spesso: cogliere l’opera di Dio nel creato e nelle creature (spesso a loro insaputa…). L’intesa, la complicità, il sostegno nelle difficoltà, la fedeltà riuscita e contenta di alcune coppie sposi. Qui Dio è all’opera. Una battuta, un sorriso, una considerazione, i primi amori, una partita di pallone dei figli. Qui Dio è all’opera. Le parole di stima di un partner nei confronti dell’altro espresse in un incontro del corso fidanzati, la donazione generosa di tempo ed energie di tanti volontari incontrati nel lavoro di giornalista, l’assistenza di uomini e donne con famiglia a favore dei genitori anziani. Qui Dio è all’opera. Una messa in un grande prato in montagna durante il campo scout. Qui Dio è all’opera. Un concerto con musiche di De Andrè nell’altopiano della Paganella in una splendida giornata di sole, un fine settimana nuvoloso sotto le Odle. Qui, nella creazione, Dio è all’opera.

Purtroppo oggi di questo Dio che continuamente e gratuitamente prende l’iniziativa e ci precede nell’amore c’è poca consapevolezza. Dio per tante, troppe persone, è solo quello che “si trova” in chiesa durante le celebrazioni liturgiche. Che dispiacere! Colui che si è incarnato per farsi vicino a noi, allontanato e “accantonato” nel tempio di pietra. Dispiacere non per me o per la Chiesa, ma per quegli uomini e quelle donne che si ritrovano a condurre un’esistenza ridotta a sequenza di eventi slegati tra di loro e, alla fin fine, privi di senso.

Quanti convegni, quanti studi, quante riflessioni sulla crisi di fede dell’Occidente, sulla fatica di comunicare il vangelo oggi, sulla catechesi da rinnovare. E se quello che ci è chiesto in questo tempo fosse semplicemente di aiutarci, l’un l’altro, a cogliere l’opera di Dio nella quotidianità? Mi hanno insegnato che il vangelo è Parola attuale rivolta alla mia vita. Quindi Zaccheo, la Samaritana, il figlio scapestrato, le cinque vergini sagge e le cinque stolte, il lebbroso grato e i nove ingrati… sono io, siamo noi. Ma – per varie ragione - fatichiamo a rendercene conto. Perché la Parola, come Dio, è relegata nel tempio.

In un incontro di preparazione al matrimonio ho ripreso quanto di bello e buono ciascun partecipante ha detto del partner nel corso dell’incontro precedente. Pensieri come “Lei ha dato senso alla mia vita”, “Non mi immagino la vita senza di lui”, “Mi sembra di conoscerlo da sempre” – ho evidenziato – se veri hanno un’ispirazione e una fonte che va oltre la possibilità umana. C’è lo zampino di Qualcun altro. Cerchiamo di dare un nome a questo Qualcun altro. Mi hanno guardato, questi futuri sposi, un po’ sorpresi e un po’ spaesati. Di Dio di solito hanno sentito parlare partendo dai “principi” e dalle “verità” per poi calarli nella realtà. Ora invece qualcuno parte dalla vita per cercare di cogliere tracce dell’agire di Dio.

Per varie ragioni (professione, figli, curiosità personale…) mi ritrovo a frequentare ambienti non “ecclesiali”, spesso per nulla o affatto “ecclesiali”… Quante volte queste salutari frequentazioni mi provocano sulla timidezza del mio annuncio e sulla distanza tra “chiesa” e mondo. Altro che “in uscita”, sempre più spesso mi sento “in ritirata”. Quel poco – pochissimo – che riesco a fare è, talora, evidenziare il tanto bene che esiste qui e ora, cercando – quando possibile – di ricondurlo a Colui che ne è l’ispiratore. Ma, credetemi, è un’impresa.  Un conto è partecipare e parlare nei “nostri” incontri in parrocchia, un conto è vivere da credenti laici nella società. Eppure è lì che ci giochiamo il nostro essere credenti. Il rischio frustrazione è altissimo se non ci alleniamo e ci aiutiamo a cogliere l’iniziativa di Dio in ogni realtà della vita, anche in quelle apparentemente più lontane da quella “ecclesiale”. A cominciare, naturalmente, da quanto accade a noi stessi.

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