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Bullismo e cyberbullismo: il mondo cattolico risponde con la prevenzione, la formazione, la presenza

È stato lanciato il 17 ottobre dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca il Piano nazionale per prevenire e combattere il bullismo e il cyberbullismo in classe, un fenomeno in crescita anche in Italia.

Bullismo e cyberbullismo: il mondo cattolico risponde con la prevenzione, la formazione, la presenza

Dalla Giornata nazionale contro il bullismo a scuola, il 7 febbraio, alla formazione degli insegnanti, dal concorso per gli studenti “No hate speech” al format tv: sono alcune delle 10 azioni previste dal Piano nazionale promosso dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per prevenire e combattere il bullismo e il cyberbullismo in classe. Ma il fenomeno è estraneo al nostro mondo o è diffuso anche nelle scuole paritarie cattoliche, negli oratori, nelle associazioni? Lo abbiamo chiesto a Fidae, Agesc, Foi e Msac.

Adulti significativi. “I social network sono le ‘piazze’ dove i giovani, e non solo, si scambiano opinioni, sogni, preoccupazioni. E, come tutti, anche gli studenti delle scuole paritarie su internet, Whatsapp, Instagram… navigano bene!”, dichiara Virginia Kaladich, presidente della Fidae (Federazione istituti di attività educative). Da tempo“le scuole cattoliche stanno proponendo percorsi di formazione e prevenzione per genitori e alunni. I ragazzi chiedono di non essere controllati, ma di avere vicino adulti di riferimento con cui dialogare. Un appello silenzioso a non rimanere da soli davanti a uno piccolo schermo che trovano sempre pronto e accogliente!Per i ragazzi, percorsi informativi e formativi che non puntino a demonizzare gli strumenti utilizzati quotidianamente, ma che diano indicazioni per un uso consapevole. Per i genitori, opportunità di confronto, di sostegno, di dialogo (scuola-famiglia-territorio-esperti) per creare reti di supporto ed evitare che prima di noi arrivi la dipendenza, l’autolesionismo o la Polizia postale a sequestrare gli smartphone dei figli”. Per Kaladich,

“i giovani devono sperimentare e godere della presenza di adulti significativi. Questa è prevenzione! Questo la scuola cattolica da tempo mette in campo!

Arrivare dopo, più delle volte, diventa troppo tardi! Purtroppo!”. “Benvenuto”, allora, al Piano nazionale, “ma non solo.

La posta in gioco è grande: il futuro delle nuove generazioni!”.

Corso on line. “All’interno della scuola cattolica c’è un tipo di progetto educativo che insiste molto sulle pari opportunità e sul rispetto della persona: per questo, gli episodi di bullismo ci sono, ma in una scala minore”, afferma Roberto Gontero, presidente dell’Agesc (Associazione genitori scuole cattoliche). Importante, per Gontero, “anche il ruolo dei genitori, nell’educazione e nella testimonianza del rispetto della persona e della condanna di discriminazioni e prevaricazioni”. Il presidente annuncia una novità:“A metà novembre dovrebbe partire un corso di formazione on line sul nostro sito www.agesc.it sui temi della sessualità, dell’identità, del bullismo, dei social network”. Il progetto si chiama “Agesc form” e sarà accessibile a tutti i genitori, non solo i soci. “Stiamo cercando di dare alle nostre famiglie consigli e stimoli perché non perdano la capacità di educare i nostri figli: naturalmente, per quanto ci riguarda, con una identità cristiana, che per noi è un punto fermo per educare meglio”.

Azione condivisa. “Anche gli ambienti oratoriali, seppur spesso non direttamente coinvolti da episodi o problematiche esplicite di bullismo o cyberbullismo, vivendo a stretto contatto con il territorio, sono chiamati a mettere in campo tutte le proprie capacità e competenze per arginare il fenomeno, creando occasioni di integrazione, proponendo attività che promuovano l’inclusione sociale, favorendo la conoscenza e la solidarietà, formando adeguatamente ogni educatore e animatore della comunità educante, in sinergia con enti territoriali e istituzioni”. Lo evidenzia don Riccardo Pascolini, presidente del Foi (Forum degli oratori italiani).“Instaurare una relazione educativa positiva con i giovani che quotidianamente vivono l’oratorio, avere un occhio vigile e un orecchio attento alle problematiche che tanti non riescono a comunicare verbalmente ma che possono segnalarci in molti modi, responsabilizzare direttamente i ragazzi e investire nella formazione specifica dei volontari su tematiche così attuali e così difficili da affrontare – sottolinea – è già una priorità assoluta nella maggior parte degli oratori”. Per don Pascolini, “i bulli e i cyberbulli, così come le loro vittime, necessitano dell’azione coordinata e condivisa della comunità educante tutta e gli oratori, per quanto nelle proprie possibilità, secondo le finalità, i valori e l’identità proprie, sono sicuramente

pronti a fare la loro parte per il bene comune della comunità locale e, soprattutto, per farsi prossimi a tanti adolescenti feriti da questa gravissima piaga del nostro tempo”.

I care. “Quella del bullismo ai tempi di internet è una questione che si è fatta largo tra gli studenti attraverso gli schermi di smartphone e pc. Il discorso sulla violenza verbale e sulle discriminazioni tra i banchi di scuola non è più trascurabile. Per questo, investire in processi di educazione digitale è parte fondamentale di un cammino necessario per la nostra scuola”, sostiene Roberta Lancellotti, collaboratrice centrale del Msac (Movimento studenti di Azione cattolica).Ci sono “due vie per prevenire e combattere il bullismo e il cyberbullismo. La prima è la cura delle relazioni tra i ragazzi: la scuola deve riuscire a dare una risposta vera al profondo senso di solitudine che provano oggi gli studenti. La seconda strada è quella della responsabilizzazione degli studenti attraverso una cultura della diversità: riconoscersi responsabile per il proprio compagno è l’unico modo per creare una comunità che non solo sappia accogliere, ma riesca a valorizzare le differenze di ognuno.Entrambi i percorsi sono traducibili nell’intuizione che ci regalava 50 anni fa don Lorenzo Milani nella ‘Lettera a una professoressa’: quella dell’‘I care’, quel ‘mi interessa, mi sta a cuore’ da cui qualsiasi campagna ministeriale o progetto dovrebbe partire per generare processi educativi validi.

Questa è forse la vera sfida: ripartire dalla cura e da una cultura della responsabilità”.

Fonte: AgenSIR
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