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I genitori cattolici riflettono sulla "buona scuola"

L'A.Ge.S.C., Associazione Genitori Scuole Cattoliche del Veneto, scrive alcune considerazioni in vista delle prossime elezioni regionali.

I genitori cattolici riflettono sulla "buona scuola"

La Costituzione Italiana afferma che “è diritto dello studente ad un trattamento equipollente indipendentemente dalla scuola che frequenta” e la Legge 62/2000 ha sancito l’appartenenza delle scuole a gestione non statale al sistema integrato pubblico d’istruzione. Ma nonostante questi due importanti riferimenti normativi ancora oggi in Italia si può senza alcun dubbio affermare che la scuola paritaria non è ancora “pubblica”.

E questo in aperto contrasto anche con quello che avviene in Europa, dove il sistema scolastico pluralistico è realtà concreta da anni.
Gran parte delle nazioni Ocse finanziano il sistema paritario con percentuali tra il 50 e l’80 per cento, sino a raggiungere la quota del 93% in Svezia!
Le forme di sostegno variano a seconda dei casi, ma permettono di garantire ciò che in Italia i genitori chiedono da tempo, non discostandosi quindi da ciò che le famiglie appartenenti agli altri Paesi del “vecchio continente” già ottengono.
Oggi, anche per effetto della crisi economica che attanaglia il mondo intero, in Italia le famiglie che possono garantirsi questo diritto di libertà possono essere racchiuse in due gruppi:
1. chi ha un livello di reddito medio-alto;
2. chi decide di curare l’istruzione dei figli e mettere da parte altre esigenze (villeggiature, auto nuova, ecc. ecc.).
Chi non rientra in questi due gruppi, anche se profondamente convinto che l’istruzione dei propri figli potrebbe passare attraverso lo strumento della scuola paritaria, deve purtroppo mettere da parte tale opportunità.
Ma è giusto che in uno Paese moderno, europeo come l’Italia, i genitori devono verificare le proprie risorse economiche per la scelta della scuola per i propri figli?
In che stato democratico viviamo se i genitori (sia italiani che stranieri emigranti) di fronte alle opportunità di istruzione e educazione dei figli sono condizionati nella scelta dalla loro possibilità di pagare il servizio di istruzione?
L’Agesc ha dimostrato, con dati alla mano, inseriti in un primo dossier preparato nel 2006 e aggiornati nel 2012, ricavati da informazioni acquisite presso il Ministero dell’Economia e Finanze, che la scelta della scuola paritaria da parte delle famiglie italiane fa risparmiare allo Stato ogni anno oltre 6 miliardi di Euro.
A fronte di tale risparmio per lo Stato, le scuole paritarie, che sono frequentate da circa il 12% dell’attuale popolazione scolastica, ricevono un misero finanziamento di 501 milioni di euro, inferiori al 1% della spesa per l’istruzione sostenuta dal Miur.
Accanto a tali dati non si può non riflettere su quanto lo Stato spende per ogni allievo:
- per esempio per un allievo della scuola secondaria superiore lo Stato spende 6.888 Euro,
- mentre per lo stesso allievo della scuola paritaria solo 44 Euro.
Tutto ciò fa emergere prepotentemente il fatto che lo Stato non salvaguarda né i principi costituzionali della parità scolastica, né il diritto di medesimo trattamento tra i cittadini, che a seconda della scuola che frequentano, ricevono o meno un aiuto dallo Stato.
Questi dati dimostrano come sia assolutamente falso che i finanziamenti dati alle scuole paritarie, peraltro anch’essi colpiti in questi anni da importanti tagli, penalizzino le risorse destinate alla scuola statale.

Un chiaro esempio di come la cattiva comunicazione si tramuti in una preoccupante disinformazione, favorendo il permanere di forti pregiudizi nei confronti della scuola paritaria da parte della comunità.
Giudizi che andrebbero ampiamente rivisti se si tiene conto che le rette pagate dai genitori per far frequentare le scuole paritarie ai propri figli, sommati agli esegui finanziamenti ricevuti dallo Stato, comunque non raggiungerebbero la spesa che lo Stato sostiene per i propri alunni.
E tutto questo potrebbe essere messo tranquillamente da parte se si pensa all’importante compito che le scuole paritarie svolgono nell’opera di integrazione degli alunni immigrati (la cui frequenza è aumentata di circa il 50%) e dell’opera di accoglienza ed integrazione offerta nei confronti degli alunni disabili anch’essi in aumento, confermando sempre di più che tale opera grave sempre di più sulle tasche delle famiglie italiane.
Va dà sé quindi pensare, anzi affermare che un incremento (anche limitato) dei finanziamenti alle scuole paritarie porterebbe un notevole risparmio per le casse dello Stato, e conseguentemente garantirebbe una maggior libertà di insegnamento e di scelta educativa (pensiero peraltro condiviso anche da una ricerca effettuata dall’Università di Genova in sinergia con il Politecnico di Milano).
L’incremento dei finanziamenti garantirebbe un maggior pluralismo scolastico, tutto a vantaggio di un miglioramento complessivo del sistema di istruzione e formazione professionale in Italia.
La nascita della legge 62/2000 ha sancito il diritto della parità scolastica (purtroppo solo da un punto di vista normativo), ma il diritto di libertà di educazione nella scuola italiana non è ancora garantito.
Infatti un onesto cittadino italiano, che contribuisce regolarmente al buon andamento del Paese con il normale e dovuto versamento delle tasse, e per le quali dovrebbe ricevere, così come previsto dalla vigente Costituzione Italiana, tra l’altro l’istruzione scolastica gratuita per i propri figli (ovviamente riferita alla scuola dell’obbligo), è costretto a pagare, se decide liberamente di scegliere per l’istruzione dei propri figli una scuola in base al progetto educativo proposto, due volte il medesimo sacrificio, prima con le tasse e poi con le rette, che purtroppo con la diminuzione degli iscritti e con l’aumento dei costi (vedasi per esempio tributi vari che gli istituti scolastici devono versare alla Stato, tributi per i quali nulla viene chiesto alle scuole statali), conseguentemente aumentano in maniera vertiginosa, limitando ulteriormente questa libertà di scelta educativa.
Problematica che assume difficoltà ancora più pesanti se si pensa al mondo della scuola materna, dove specialmente nelle regioni del nord, Veneto in testa, si rileva un principio di sussidiarietà al contrario. E’ la comunità, Diocesi e Parrocchie, che garantisce sul territorio la presenza delle scuole materne, ricevendo dagli enti locali miseri contributi, se non pochissime eccezioni, che spesso e volentieri vengono erogati con preoccupanti ritardi. Va da sé che anche in questo caso, anche se le realtà diocesane e parrocchiali sovvenzionano il buon andamento di tali istituzioni, le famiglie sono chiamate a pagare per la frequenza dei propri figli con rette che non sempre riescono a sostenere.
Tali difficoltà, aumentate dalla crisi economica che perdura nel nostro Paese con la sfortunata perdita del posto di lavoro da parte di molti genitori di bimbi piccoli, non consente l’iscrizione dei figli alla scuola materna, pregiudicando il buono ed efficace inserimento dei ragazzi nella successiva fase scolastica, ovvero l’inserimento nella scuola primaria.
Il mondo politico italiano in questi giorni è impegnato nella discussione parlamentare sul decreto su“la buona scuola”.
L’Associazione ha manifestato il proprio apprezzamento per il dialogo/confronto costantemente aperto dal Governo con tutti i soggetti sociali, in particolare i genitori, che rappresentano la parte più ampia della società civile costituita dalle famiglie. Dialogo e confronto apprezzati grazie all'accoglimento di alcuni dei suggerimenti proposti dalle associazioni dei genitori, quali: allargamento delle detrazioni fiscali alle secondarie di 2° grado; estensione della percentuale del 5 per mille a tutte le scuole pubbliche statali e paritarie; apertura del Portale del Ministero agli studenti delle paritarie; riferimento ai percorsi di Istruzione e Formazione professionale dei Centri accreditati; allargamento a tutte le scuole dell’infanzia del sistema integrato da 0 a 6 anni; diminuzione delle deleghe al Governo, quindi minore centralismo.
E’ comunque vero che "Si può e si dovrà fare di più per innalzare il tetto di spese detraibili, perché la cifra non sia simbolica ma diventi un aiuto concreto soprattutto per dare effettiva libertà di scelta alle famiglie meno abbienti e con più figli; lo stesso dicasi per il sostegno agli alunni disabili nelle paritarie. "
Da sottolineare inoltre come in un sistema scolastico autenticamente europeo non possa più prescindere dal potenziamento della valutazione della scuola in generale e dei suoi docenti in particolare.
L'Agesc propone inoltre di realizzare una “sperimentazione dell’autonomia” per scuole statali e paritarie che mettano in cantiere progetti innovativi.
Dunque, l'Associazione ritiene che il Disegno di Legge sulla "buona scuola" sia una possibilità preziosa da non sprecare, e soprattutto da non vanificare con provvedimenti burocratici che tendano a nascondere reali disuguaglianze ed a impedire effettiva libertà di scelta educativa ed autonomia di gestione.
Libertà e autonomia che vanno garantite sia alla scuola, statale o non statale, comunque pubblica, che a genitori e insegnanti.
Tutte queste considerazioni sono espresse alla vigilia di un importante momento elettorale quali le elezioni regioni, che riguarderanno, con attenzione da parte di tutti gli organi politici e sociali, nella nostra regione.
A livello regionale veneto, anche alla luce di ciò che avviene nelle altre regioni, fatta eccezione per la confinante Lombardia che con il progetto “dote scuola” offre una concreta e tangibile vicinanza alle famiglie che scelgono la scuola paritaria per l’istruzione dei propri figli, come Associazione potremmo, alla luce della presenza del “buono scuola” parzialmente dichiararci soddisfatti.
Il parziale è dettato dal fatto che in primis le risorse ad esso destinate sono largamente insufficienti alle effettive esigenze delle famiglie, a questo si aggiunge la presenza di valori indicatori ISEE i cui limiti attualmente presenti consentono l’utilizzo di tale risorsa solo ad un modesto numero di famiglie.
A questo purtroppo occorre aggiungere il ritardo con il quale il bando viene proposto rispetto alla frequentazione scolastica ed ai successivi tempi di attesa per l’erogazione del contributo.
Una maggiore efficacia e semplicità per questa operazione da parte della Regione Veneto nei confronti dei propri cittadini si ritiene che sarebbe notevolmente apprezzata.
Un ultimo passaggio, ma non per minore importanza, è un caloroso appello rivolto ad una maggiore attenzione da parte della Regione Veneto per i “Centri di formazione professionale” che offrono una grande occasione a moltissimi giovani studenti per continuare il loro percorso scolastico, che non li vedrebbe protagonisti in altri tipi di scuola. Centri di formazione professionale che contribuiscono enormemente alla formazione di figure professionali indispensabili alla società (dal meccanico, al parrucchiere, dal cuoco all’operatore turistico e cosi via). Centri di formazione professionale che svolgono una importante opera di integrazione per quei ragazzi immigrati o figli di immigrati, ormai non più casi isolati, trasmettendo loro un importante messaggio di civiltà ed educazione insieme alla preparazione al lavoro.
A questo mondo scolastico, che normativamente è già quasi totale appannaggio del mondo delle Regioni, và rivolta una attenzione più che particolare.

A.Ge.S.C. Associazione Genitori Scuole Cattoliche, Comitato Regionale Veneto

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