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Stranieri in calo, ma più integrati

Meno 2,5% in un anno.

Stranieri in calo, ma più integrati

Scende il numero di famiglie straniere presenti nel territorio veneto, circa il 9% della popolazione regionale, passando dalle 498 mila presenze del 2016 alle 485 mila registrate nel 2017, ovvero una flessione del 2,5% nell’ultimo biennio, a fronte di un aumento dello 0,4% a livello nazionale. Sono i dati che emergono dallo studio statistico elaborato dalla Fondazione Leone Moressa di Venezia, in collaborazione con la Cgia e con la Cigl di Mestre. Uno studio che ridimensiona sensibilmente gli slogan e gli stereotipi che parlano d’invasione e di sovraffollamento degli immigrati in Veneto.

Il fenomeno della flessione è da ricondursi a due elementi principali: una battuta d’arresto negli sbarchi in Sicilia, da cui deriva il calo dei rifugiati e dei richiedenti asilo anche nella nostra Regione; la diminuzione dei posti di lavoro, effetto della crisi dal 2007 a oggi, che ha reso per gli stranieri meno allettante anche il contesto regionale. Inoltre, va considerato l’aumento delle acquisizioni di cittadinanza italiana. Stranieri, che si tenga conto, nel 2016 hanno dato man forte alla bilancia economica del Veneto, come forza lavoro e forza produttiva, ricoprendo nel 2016 ben 240 mila posti di lavoro in regione e contribuendo con 1,38 miliardi di euro, nel 2017, solo in Veneto al 10% del Pil nazionale. Dato che tradotto in termini di dichiarazione reddituale equivale a 774 milioni di euro d’Irpef versata da parte di 262 mila contribuenti stranieri.

Altro fattore rilevante che ha contratto la popolazione d’immigrati in regione è senza dubbio la denatalità, pari a un -0,8% anche tra le famiglie straniere: un aspetto drammatico che investe tutto il Veneto e per la prima volta, da un lustro a questa parte, anche i nuclei familiari provenienti da altri paesi. Infine un elemento di spicco, che salta subito agli occhi, è la preponderanza femminile nella popolazione straniera presente in Veneto: ben il 53% degli immigrati che vive in regione è composto da donne (con un aumento rispetto al 2016 del 36%, provenienti soprattutto dai Paesi dell’Est europeo), le quali, da sole, sono arrivate a rappresentare un terzo dell’intera popolazione di immigrati. E anche questo dato è legato alla crisi economica della regione nei settori di maggior assorbimento, quali l’edile e l’agricolo: gli operai, i braccianti, la manovalanza maschile, si dirigono verso altre zone in cui i settori edile e manifatturiero sono più floridi. Mentre le donne vengono impiegate prettamente nei lavori di assistenza domestica, nei servizi alle persone, in special modo anziani e, nel settore delle pulizie.

Elena Pilato

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