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Tra mercatini e luci ammiccanti rischiamo di perdere il gusto dell’Avvento

Non sono le cose che danno valore alla vita ma l’amore che riempie di vita ogni cosa.

Tra mercatini e luci ammiccanti rischiamo di perdere il gusto dell’Avvento

Cari genitori,
le luci del Natale sono già presenti, ammiccanti, per attirare clienti, vecchi e nuovi; le città sono come vestite a festa, nascono un po’ dovunque i mercatini di Natale. Tutto bello ma … attenti a non lasciarvi abbagliare. Rischiamo di perdere il gusto dell’Avvento. Questo tempo liturgico invita a vivere l’attesa inquieta di chi cerca la luce, l’intima sofferenza di chi non sa dare senso e valore agli eventi della vita, la fatica di chi cammina senza meta e di chi non ha ancora raggiunto la meta. Vivere l’Avvento significa sentire l’angoscia di coloro che sperimentano il male nella propria carne e di coloro che lottano per sostenere la loro speranza.

Come possiamo chiudere gli occhi sul male che attraversa la storia? 
Come non sentire il grido del dolore innocente?
E come non lasciarsi toccare e ferire dalla sofferenza dei bambini?

L’Avvento ci ricorda che viviamo in una storia che porta i segni dell’imperfezione: quante persone sono ferite nel corpo e nello spirito? Quante devono fare i conti con la delusione e quante non attendono più nulla? Siamo invitati a condividere la fatica di quell’umanità che cammina nelle tenebre e mendica speranza.

Chi non vive l’angoscia dell’attesa non può neppure gustare la gioia degli angeli che, nella notte di Betlemme, annunciano che l’attesa è finita, è nato Colui che viene per donare a tutti l’abito della festa. Il Natale è pienezza ma anche promessa. È il punto di arrivo del cammino dei popoli ma anche di partenza. L’Avvento ci invita ad essere viandanti in una storia protesa verso un oltre. “Nell’attesa della tua venuta”, cantiamo in ogni celebrazione. Non dimenticate che l’autentica attesa è sempre condita di sofferenza. Meglio sentire i morsi della fame che cadere nella trappola della “vuota sazietà” che stordisce la ragione e soffoca i desideri.

Nelle chiese e nelle case accendiamo le luci, segno della fede e della speranza. Ma, vi prego, facciamolo con sobrietà, senza strafare perché … la luce di Cristo non risplende ancora in tutta la sua bellezza e tanti sono ancora immersi nelle tenebre. Nelle case diamo più spazio alla preghiera familiare per chiedere al Padre celeste di sostenere la fragile speranza di quanti camminano stancamente e rischiano di cadere a terra o di fermarsi sotto il peso della fatica. Possiamo anche fare una lista di quelli che soffrono e impegnarci a pregare in modo particolare per loro. E infine, permettetemi di darvi un altro suggerimento: educhiamo i figli a rendere grazie a Dio per quello che hanno e insegniamo loro che chi non impara a rinunciare non diventa mai adulto.

Non sono le cose che danno valore alla vita ma l’amore che riempie di vita ogni cosa. Solo Dio può regalarci questo amore. Per questo invochiamo con fiducia il suo venire nell’oggi della storia: “L’anima mia attende il Signore più che le sentinelle l’aurora”. Il nostro Dio non tarda a venire. Anzi, già bussa alla porta della vostra casa …

Don Silvio Longobardi

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