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Come l'ideologia del Gender spegne l'identità del bambino

Riflessione di Gino Soldera, presidente del Movimento per la Vita “Dario Casadei” di Conegliano e dell’anpep (www.sedeanpep.it; ginosoldera@gmail.com)

Come l'ideologia del Gender spegne l'identità del bambino

In questa società si sta facendo sempre più attuale l’idea che la libertà corrisponda alla messa in discussione di ogni regola e limite, in particolare se queste regole trovano la loro radice nel passato: nessuno è immune da questa tendenza, nemmeno chi proviene dalla più saggia tradizione o dalla più sana categoria sociale(i bambini).

Ma ci si dimentica che lo sviluppo dell’essere umano,delle sue qualità e dei suoi talenti richiede un preciso rispetto delle indicazioni e delle regole, nonché  la necessità di un costante impegno.

In nome della libertà si pensa che ai bambini debba sempre essere detta tutta la verità, che essi fin da piccoli debbano essere messi di fronte alla realtà, nuda e cruda, dell’esistenza; che essi debbano avere accesso senza filtri a tutti i tipi di informazione, per  essere preparati ad affrontare il domani e la vita. Non si pensa  che tutto ciò dovrebbe essere gestito con grande delicatezza e saggezza.

Questo perché si fa finta di non sapere che il mondo dell’infanzia è diverso dal mondo dell’età adulta, essendo in esso preminente il mondo interiore su quello esteriore, che subentra solo successivamente. A differenza degli adulti,i bambini hanno bisogno di vivere in un contesto favorevole e di essere accompagnati da guide capaci, di usufruire di adeguati modelli educativi per potersi sviluppare e formare in modo sano ed equilibrato.

Studi recenti hanno messo in evidenza la capacità dei bambini di discriminare fin da piccoli se quanto gli viene proposto è vero oppure falso, ciò che fa bene e ciò che fa male, anche se ancora non sanno come esprimere adeguatamente il loro disagio o organizzare la loro protezione.

In un suo articolo il noto biologo molecolare americano Bruce Lipton affermava che le situazioni stressanti hanno un impatto negativo nell’organismo in crescita, in quanto lo costringono ad assumere un atteggiamento di chiusura e di difesa a danno del suo sviluppo e della sua maturazione.

D’altra parte sappiamo che un bambino è dotato di straordinarie capacità di adattamento e di una notevole fiducia di base, tanto da far facilmente proprio ciò che gli viene proposto dall’ambiente esterno e da prendere per oro colato quanto indicato dalle persone a lui vicine (genitori, insegnanti)o mostratoda mezzi come la televisione,il computer o altro.

Secondo una ricerca condotta dall‘Istituto di Neuroscienze di Pisa, i cervelli più giovani hanno una maggiore  capacità di trasformare gli stimoli ambientali in risposte biochimiche. In fase di crescita le connessioni neuronali sono più duttili, in quanto gli istoni - cioè le proteine che formano l'ossatura del Dna - sono più reattivi e modificabili da stimoli esterni che lasciano una traccia, a livello di trascrizione dei geni, molto più forte di quanto avvenga da adulti.

Questo per dire che i bambini vivono una realtà molto delicata e che è necessario essere molto prudenti con loro, perché ciò che vivono o apprendono tende a diventare, con le relative conseguenze, parte della loro vita. Thomas Verny afferma che nelle prime fasi della vita “ciò che informa forma” e l’apprendimento nell’essere umano si sviluppa molto precocemente.

Maria Montessori a questo  proposito scriveva:”«Chi si proponga di aiutare lo sviluppo psichico del bambino, deve partire dal fatto che la mente assorbente del bambino si orienta sull’ambiente; e, specialmente agli inizi della vita deve prendere speciali precauzioni affinché l’ambiente offra interesse e attrattive a questa mente che deve nutrirsene per la propria costruzione». 

Sembra che questi principi che sono alla base di ogni forma di educazione non abbiano ispirato l’UNAR (Ufficio Nazionali Antidiscriminazioni Razziali)nelle sue scelte, dal momento che esso fa propria l’ideologia del gender proponendo alle scuole di ogni ordine e grado che:

- “il genere maschile e femminile” non sia  un processo naturale che si sviluppa nell’”uomo” e nella “donna”, grazie ad una complessa interazione tra i fattori biologico, psicologico e sociale, ma frutto di una costruzione culturale strettamente personale;

- le coppie eterosessuali formate da un uomo e una donna siano  uguali alle coppie omosessuali composte da due uomini o da due donne;

- nella famiglia è indifferente che ci siano un padre e una madre o una coppia di genitori dello stesso sesso, composta da due donne o da due uomini.

Tutto ciò viene attuato allo scopo di prevenire e di contrastare le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, senza tener conto della Raccomandazione del Consiglio d’Europa (RM/Rec, 2010/5), la quale indica di “tenere in debito conto l’interesse superiore del fanciullo” e di operare nel rispetto del “diritto dei genitori di curare l’educazione dei figli”.

Invece la famiglia è stata messa sistematicamente da parte ed esclusa da questo processo, sia nella fase di elaborazione che di esecuzione delle scelte. In alternativa il Governo ha preferito affidare un importante ruolo formativo e informativo su questi temi alle Associazioni LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) accreditandole presso il MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca).

In questa scelta radicale non sono stati presi in considerazione i reali bisogni educativi dell’infanzia né le possibili conseguenze che queste informazioni possono avere sul loro futuro. Agli insegnanti,nei famosi libretti dell’UNAR,sono  proposti degli strumenti didattici discutibili se non deleteri, in questi termini:

“Rosa e i suoi papà hanno comprato tre lattine di tè freddo al bar. Se ogni lattina costa 2 euro, quanto hanno speso?”;

far immedesimare gli alunni “eterosessuali” con gli “omosessuali”, di mettere gli alunni in contatto con sentimenti e emozioni che possono provare persone gay o lesbiche;

affermare che la famiglia non è quella che appare, di un uomo e di una donna con dei figli, ma quella piuttosto dove i membri si supportano tra loro, si amano e si accudiscono a vicenda.

Il tutto viene giustificato come lotta al bullismo e all’omofobia, quando sappiamo che la discriminazione e la violenza non vengono certamente dalla mente  o dalla coscienza dei bambini, ma da chi condiziona nel bene e nel male la loro esistenza (gli adulti): è quindi in questo ambito che dovrebbe essere indirizzata una sorta di opera di sensibilizzazione. Con queste proposte l’UNAR entra a gamba tesa nella vita interiore dei bambini e delle loro famiglie,svolgendo una pesante azione antisociale ed anti-educativa che contrasta con il rispetto che la dignità di ogni bambino e che ogni famiglia merita.

L’azione dell’UNAR è antisociale, perché esclude i genitori dal sacrosanto diritto e dovere all’educazione dei figli sancito dall’Art. 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e perché privilegiagli interessi dei pochi a svantaggio dei molti, con la possibilità che la terapia proposta possa creare un danno molto maggiore della stessa malattia.

Va ribadito che il compito dello Stato o della scuola non è quello di contrapporsi o di sostituirsi ai genitori, ma di integrare, in una logica di sussidiarietà, la loro difficile e complessa opera educativa, tenendo presente,come sostiene Papa Francesco,che la famiglia è a fondamento della società e che questa si costruisce dal basso e non dall’alto attraverso norme e costrizioni improprie. Qui dobbiamo porci seriamente la domanda: come possiamo far capire alle Istituzioni che non devono far calare dall’alto la precarietà? Naturalmente in risposta a queste scelte le famiglie hanno cominciato ad organizzarsi e a difendersi proponendo, ad esempio, dei moduli dove viene chiesto alla scuola di essere preventivamente informati di tutte le iniziative proposte in questo ambito.

L’azione dell’UNAR si rivela pesantemente anti-educativa perché considera il bambino alla stregua di un sacco vuoto da riempire, quando sappiamo invece che educare significa soprattutto far emergere da dentro le grandi potenzialità che sono presenti in lui fin dall’inizio.

Rispettare la dignità del bambino significa proprio rispettare nell’interiorità, l’essenza, l’unicità, la ricchezza, le sue straordinarie possibilità e il suo progetto di vita. Progetto che rappresenta il motivo della sua esistenza, e contiene in sé il prezioso messaggio che viene a portare alla sua mamma, al suo papà, alla sua famiglia e alla intera società. 

Va ricordato che il bambino ha bisogno per poter vivere e crescere di un ambiente accogliente e pieno d’amore, che sappia comprendere e accettare le sue caratteristiche, che gli consenta di svilupparsi secondo le propri ritmi e le proprie necessità, ma anche che lo sappia tutelare e proteggere da coloro che cercano di allontanarlo da se stesso e dalla sua natura più viva e profonda, in particolare quando questa si riferisce alla  sua identità personale o di genere che trova la sua naturale definizione nell’adolescenza. Per riuscire in questo è necessario instaurare con lui un vero e proprio rapporto intimo ed educativo,che generalmente solo i suoi genitori riescono a realizzare per la loro vicinanza siainteriore che esteriore:questova oltre ogni forma d’istruzione che si può ricevere dall’esterno. Il bambino ha la necessita di essere nutrito con i materiali più puri e luminosi per preservare la sua naturale vitalità, il suo impegno e la sua gioia, come direbbe Paulo Coelho, così da poter donare in futuro all’umanità il meglio di se stesso: evitiamo di rincorrere le ideologie, evitiamo di continuare a farci del male, evitiamo di spezzare anzitempo questo grande sogno che potrebbe diventare realtà.

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