Editoriale
stampa

C'è cibo per tutti, ma non tutti mangiano

L'editoriale del direttore don Giampiero Moret

C'è cibo per tutti, ma non tutti mangiano

Ho fame. È un lamento che sempre di più si sente anche attorno a noi e non solo nei paesi lontani. C’è gente che non ha da mangiare qui da noi. Impossibile, con tutto il cibo che c’è qui, ce n’è così tanto che ne buttiamo via parecchio! Purtroppo ne sprechiamo tanto mentre a tanti manca. Con regolarità l’Istituto di statistica tiene aggiornate le cifre della povertà in Italia, ma non ricevono la dovuta attenzione. Di fronte alla crisi ci limitiamo a dire: purtroppo qualcuno fatica ad arrivare alla fine del mese. Questo qualcuno, in Italia, secondo i dati dell’Istat di questo mese, è costituito da una massa di sei milioni di persone, un italiano su dieci. Sono i poveri assoluti, che non solo soffrono qualche restrizione, ma soffrono la fame. I minori che sono in questa situazione e che di conseguenza compromettono il loro sviluppo fisico, sono un milione e mezzo. La legge di stabilità, la legge finanziaria che stabilisce l’impiego delle risorse per il prossimo anno, non mostra tanta sensibilità per queste situazioni, infatti ha tagliato il contributo al Fondo nazionale per indigenti, che era quello che sosteneva le iniziative di tanti enti che allestiscono le mense popolari o che offrono pacchi di alimenti, come la Caritas, la San Vincenzo, le tante case di frati e suore, il Banco alimentare. La scusa è che c’è già un fondo europeo per questo scopo e così i miseri 10 milioni che il governo aggiungeva, sono stati dirottati altrove.

C’è stato un coro di proteste e si spera che queste arrivino fino alle orecchie del governo e rimetta i soldi dentro il Fondo. Per scuotere le nostre coscienze e risvegliare il senso di solidarietà per chi patisce la fame, è doveroso ascoltare le parole che papa Francesco ha pronunciate la scorsa settimana. È il discorso fatto giovedì 20 alla sede della Fao a Roma in occasione della seconda Conferenza sull’alimentazione. Meno parole, meno teorie e occhi puntati sulle persone, ha detto in sostanza il Papa. Si parla tanto di diritti “e mentre si parla di nuovi diritti, l’affamato è lì, all’angolo della strada e chiede il diritto di cittadinanza, chiede di essere considerato nella sua condizione, di ricevere una sana alimentazione di base. Ci chiede dignità, non elemosina”. Certo, servono analisi, teorie, tecniche adatte “ma la prima preoccupazione deve essere la persona stessa” perché, sottolinea il Papa, coloro che non hanno da mangiare “hanno smesso di pensare alla vita, ai rapporti familiari e sociali, e lottano solo per la sopravvivenza”. Purtroppo la miseria estrema provoca anche una devastazione morale. Il Papa lancia un’accusa: “Hanno ridotto il cibo ad una merce qualsiasi, soggetto a speculazione anche finanziaria”. Il prezzo del riso e di altri alimenti di base viene deciso nelle Borse dai grandi gruppi finanziari. Chissà se la prossima Expo di Milano, dedicata al cibo, avrà il coraggio di denunciare queste aberrazioni.

Ricorda anche “il paradosso dell’abbondanza” già segnalato in quella stessa sala dal santo Giovanni Paolo II: “C’è cibo per tutti, ma non tutti possono mangiare, mentre lo spreco, lo scarto, il consumo eccessivo e l’uso degli alimenti per altri fini sono davanti agli occhi di tutti”. La causa, secondo il Papa, è sempre quella: la mancanza di solidarietà, negli individui e negli stati. In quello stesso giorno papa Francesco aveva aperto con un videomessaggio il Festival della Dottrina Sociale della Chiesa celebrato a Verona, che aveva come tema “Oltre i luoghi dentro il tempo”. Quell’“oltre” stimola il Pontefice che raccomanda di non fermarsi a guardare solo i propri mali: “La grande tentazione è fermarsi a curare le proprie ferite e trovare in questo una scusa per non sentire il grido dei poveri e la sofferenza di chi ha perso la dignità di portare a casa il pane perché ha perso il lavoro.

E quelli che cercano soltanto di curare le proprie ferite, finiscono truccandosi”. Efficacissima I questa espressione! Per chi pensa solo ai propri mali, diventa talmente ossessiva la cura di se stesso che sente come necessità anche il mettersi il belletto, mentre gli altri muoiono. “Questa è una trappola. Il rischio è che l’indifferenza ci renda ciechi, sordi e muti, presenti solo a noi stessi, con lo specchio davanti, per cui tutto avviene nella nostra estraneità... C’era qualcuno che si chiamava Narciso...”. E Narciso finì per affogare talmente si era innamorato della sua faccia rispecchiata nell’acqua. Ecco la perversione che sta deformando la nostra vita personale e comunitaria: il narcisismo, l’essere così chiusi in se stessi da precipitare nella catastrofe senza accorgersene.

C'è cibo per tutti, ma non tutti mangiano
  • Attualmente 0 su 5 Stelle.
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
Votazione: 0/5 (0 somma dei voti)

Grazie per il tuo voto!

Hai già votato per questa pagina, puoi votarla solo una volta!

Il tuo voto è cambiato, grazie mille!

Log in o crea un account per votare questa pagina.

Non sei abilitato all'invio del commento.

Effettua il Login per poter inviare un commento