Editoriale
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Far crescere l'erba

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga.

Far crescere l'erba

C'è un video che spopola sui social. Tra la folla si vede un giovane francese, sulla ventina, che piange disperatamente per la sconfitta della sua squadra, nella finale degli Europei 2016, disputata domenica scorsa. La telecamera indugia su di lui, quando in quel mentre si avvicina un bambino con cappellino scuro e casacca rossa – quella del Portogallo – che gli prende una mano e gli dice qualcosa come a consolarlo. Il francese, stupito, apre gli occhi e ringrazia. Il bambino continua e fa dei cenni, come a dire – chissà – di non perdersi d’animo o che la Francia ha comunque giocato bene… L’incontro, che dura più di qualche istante, finisce con un abbraccio, dopodiché i due vanno ognuno per la sua strada. Una scena che non ti aspetti e che chiude gli Europei di Francia in modo inatteso rispetto agli inizi, caratterizzati da cariche della polizia e scontri tra i tifosi. In questo caso il gesto di un bambino mostra che una storia diversa è possibile. E quanto spesso proprio dai bambini dobbiamo imparare di nuovo questa “leggerezza” del vivere! In un’altra parte del mondo, ancora un ventenne è protagonista di un gesto che ci fa riflettere: è il giovane bengalese Faraaz Hussein, di fede islamica, presente nel locale di Dacca, nel Bangladesh, in cui furono trucidati anche i nostri nove connazionali. Era in compagnia di due amiche dell’università, una indiana e l’altra statunitense, quando sono entrati i terroristi e hanno obbligato tutti a recitare dei versetti del Corano. 

Faraaz, che conosceva il testo sacro dell’Islam e avrebbe potuto andarsene dopo la grottesca interrogazione, ha detto ai terroristi che se ne sarebbe andato solo se fossero venute via anche le sue due amiche. Il resto della storia è noto: i corpi dei tre sono stati trovati insieme a quelli delle altre 17 vittime della strage. Il giovane ha deciso di rimanere con le due compagne di università, per difenderle o condividere lo stesso destino. Poteva decidere altrimenti – quanti se ne sarebbero andati a gambe levate – ma non lo ha fatto: è voluto rimanere con le persone che amava. Anche in questo caso, una storia diversa: una decisione che non ti aspetti. Infine, il tragico incidente ferroviario di lunedì scorso in Puglia, in cui hanno perso la vita decine di persone e molte sono rimaste gravemente ferite. Ebbene, molti cittadini si sono mobilitati in una vera e propria gara di solidarietà. L’appello degli ospedali per la raccolta di sangue è stato prontamente ascoltato e in poche ore, grazie ai numerosi volontari accorsi nei centri per la trasfusione, si è raggiunto l’obiettivo. Certo, ora vanno accertate le cause e individuati i responsabili di un fatto che non appare una “tragica fatalità” ma un errore umano. Ma è importante mettere in evidenza anche questo lato del triste episodio, vale a dire la solidarietà immediata di tante persone che si sono sentite interpellate da quanto accaduto e hanno deciso di fare qualcosa: donare il sangue, come fanno pure tanti amici dell’Avis (e di altre associazioni). Anche in questo caso, potevano decidere altrimenti ma hanno preferito lasciarsi coinvolgere e fare qualcosa. Il “deserto cresce” ammonisce la psicanalista Catherine Ternync, nella sua analisi dell’uomo contemporaneo proposta nel pregevole saggio “L’uomo di sabbia”. Si tratta del deserto della disumanizzazione, del materialismo e della perdita dell’interiorità. Contro questo deserto che avanza e inaridisce il nostro mondo, l’unico rimedio è piantare alberi e far crescere di nuovo l’erba. Questi piccoli episodi di umanità – insieme a tanti altri, spesso ignoti – sono l’erba che cresce. Dovremmo dar loro più ascolto e conseguentemente più credito.

Alessio Magoga

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