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I cattolici contano ancora?

L'editoriale di don Giampiero Moret. 

I cattolici contano ancora?

Molti hanno rilevato che tra gli eletti alle recenti elezioni politiche ci sono pochi rappresentanti significativi del mondo cattolico. Qualcuno potrebbe cinicamente rallegrarsene dicendo: meglio così, meglio che non ci siano tanti cattolici in compagnia del tipo di persone che ora affollano le aule parlamentari. Ma questa è una valutazione ideologica. Il fatto, invece, deve far riflettere perché è un segno eloquente del tempo che stiamo vivendo. Ha fatto riflettere anche il presidente dei vescovi italiani, il cardinale Gualtiero Bassetti, che al recente incontro del Consiglio permanente ha riconosciuto che questo è il segno «di una fede che incide poco». «Una fede – ha continuato il cardinale – che, sì, guarda al cielo, ma che poi stenta a tenere i piedi per terra [...] Una fede, in definitiva, spesso dissociata dal giudizio sulla realtà sociale e dalle scelte conseguenti, che invece dovrebbe generare». Egli è convinto che «la storia, anche la storia di oggi, la nostra storia, sia guidata dallo Spirito Santo, che suscita uomini “liberi e forti”». Che la vita cristiana, sotto alcuni aspetti, stia collassando è evidente. Le chiese si svuotano, alcuni sacramenti stanno scomparendo, le vocazioni religiose sono una rarità. È la secolarizzazione. Nonostante si parli in questi ultimi tempi di un ritorno della religione, in realtà la secolarizzazione, come processo di riduzione delle forme tradizionali della fede, continua. Il ritorno della religione di cui si parla è un’altra cosa: è un vago bisogno di spiritualità per l’insoddisfazione del vivere attuale. Non è adesione alla fede cristiana. 

Un segno di questa progressiva insignificanza della fede è, appunto, anche la scarsa presenza tra gli eletti al Parlamento di persone provenienti dal mondo cattolico. Di fronte alla deriva della secolarizzazione, molti, all’interno della Chiesa, spingono a ricuperare e concentrarsi sull’essenziale della vita cristiana. L’essenziale della fede è l’ascolto della parola di Dio, la liturgia, la preghiera vera, quella fatta di adorazione e ringraziamento. Il futuro della Chiesa sarà assicurato soltanto dalla ripresa in essa di un’alta spiritualità. Non si può che essere d’accordo su queste sollecitazioni: la vera risorsa della fede sta in queste realtà e non certamente nelle strutture con sicuro impatto sociale. Ma nell’accogliere questo forte richiamo bisogna con altrettanta forza resistere al pericolo di perdere la relazione con il mondo perché fa parte anch’essa dell’essenza della fede. Le parole del presidente della Cei fanno riferimento alla consapevolezza che la fede cristiana ha acquisito soprattutto con il Concilio: la fede in Gesù Cristo riguarda tutte le dimensioni della vita, comprese quelle sociali. Ma il Concilio ha parlato anche di autonomia delle realtà terrene, abbandonando la presenza diretta che su queste la Chiesa aveva nel passato. Da allora è in atto una ricerca per trovare il giusto rapporto tra la fede e il mondo. Il fenomeno della secolarizzazione non è il segno che la fede non ha più un futuro, anzi, se ben esaminato può rivelarci qualcosa di profondo della fede non ancora del tutto evidenziato e vissuto. La sfida che i credenti devono affrontare si presenta così: dobbiamo concentraci sull’essenziale della fede senza staccarci dal mondo. La perdita della rilevanza sociale della fede nel senso del passato non è più recuperabile e non deve essere recuperata, ma non per questo dobbiamo ritirarci dalla società. Pastori e teologi stanno interrogandosi su come vivere in concreto questa doppia fedeltà. Per ora solo intuizioni: non solo liturgie celebrate con dignità, ma anche che vibrino in sintonia con quanto sta succedendo nel mondo; non solo ascolto attento della Parola di Dio ma anche ascolto dei fatti del tempo da cui può scaturire una comprensione nuova della Parola; non solo adorazione davanti al mistero di Dio ma anche, adorando, scoperta del compito personale che Dio assegna nella concretezza della vita sociale, come cittadino, lavoratore, consumatore, elettore: in questi compiti passa molto del rapporto con Dio. Forse insistendo su questi punti nasceranno nuovi cristiani fedeli a Dio e compagni di tutti i “liberi e forti” del mondo; forse nasceranno nella Chiesa visioni nuove che aiutino il mondo a superare la deriva da cui è trascinato.

Giampiero Moret 

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