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Il Papa in Egitto e l'estremismo della carità

L'editoriale de L'Azione di questa settimana.

Il Papa in Egitto e l'estremismo della carità

Un Papa “disarmato” e senza auto blindata. Ha fatto il giro del mondo la notizia di questa decisione, pochi giorni prima della partenza di papa Francesco alla volta del Cairo. E inevitabilmente ha destato preoccupazione. Forse la stessa preoccupazione dei compagni di un altro Francesco, quello di Assisi, che si era imbarcato per l’Egitto per incontrare il sultano, “armato” solo di un saio e di una grande fede in Gesù, principe della pace. Poteva Francesco di Roma andarci diversamente, quasi 800 anni dopo? Con il risultato di destare indubbiamente apprensione ma anche con la ferma volontà di ribadire che l’unica preoccupazione, che papa Francesco sente forte dentro di sé e a cui continuamente richiama le coscienze di tutti, è la preoccupazione della pace.

L’unica risposta possibile ad ogni provocazione, ad ogni violenza, ad ogni assurda persecuzione non può essere che il dialogo. La radice della violenza è evidentemente annidata nel cuore dell’uomo. Ma altrettanto si deve dire della radice del bene: di quel bene che ciascun uomo cerca per se stesso e per i suoi, anche se a volte in modo deviato. È proprio qui da vedere la necessità del dialogo, che papa Francesco continuamente indica come unica strada possibile: dialogo tra le parti, dialogo tra le fedi, dialogo tra le nazioni… ma dialogo anche dentro il cuore di ciascuno di noi.

Perché ogni uomo, se è creato a immagine di Dio, ha dentro di sé la vocazione al dialogo e la capacità di distinguere ciò che è il vero bene da ciò che è male. Un dialogo vero ha esattamente questo scopo: aiutare ciascuno a fare pulizia prima di tutto dentro di sé, a isolare quelle inevitabili spinte alla chiusura, all’egoismo e forse anche alla violenza che, in qualche modo, ciascuno si porta dentro, per dar voce a quella sete di bene e di senso che è altrettanto riconoscibile in ogni vita umana. Papa Francesco non fa che indicare questo, partendo sempre dal positivo, dalla valorizzazione delle tracce di bene presenti in ogni uomo e in ogni cultura, dalla memoria della grande civiltà dell’Egitto, “terra di profeti e di alleanza”, dal guardare all’Islam come ad una religione che sa parlare di pace (appello che emerge fin dal saluto tipico di ogni musulmano – “la pace sia con voi” – che il Papa ha fatto proprio in più riprese).

Il Papa ha ricordato che non siamo noi a “proteggere” Dio con il rischio di deviarne l’immagine secondo i nostri fini, ma che è Lui a proteggere l’uomo e a metterlo nella condizione di costruire pace, a somiglianza del Creatore stesso della pace. L’abbraccio con il papa copto Tawadros II ha confermato solennemente il bisogno di comunione avvertito come sempre più urgente tra i cristiani. Chiunque si sia avvicinato ai gesti e alle parole di questo “pellegrinaggio” – così l’ha definito il Papa stesso – si è accorto di essersi avvicinato un po’ di più al Vangelo.

Che è “buona notizia” proprio nell’ostinarsi a cercare le “buone notizie” nascoste ovunque e che proprio così diventa spinta, incoraggiamento, speranza... E rimane “buona notizia” anche quando smaschera il male. Non è successo questo negli interventi di papa Francesco all’università di al-Azhar e al Palazzo del governo? Il Papa ha condannato il terrorismo e ogni forma di violenza. Ma Francesco ha anche parlato chiaro all’Occidente. Demagogia, commercio d’armi, populismi, rischio di identità incapaci di aprirsi al nuovo, ripiegate su se stesse e quindi condannate a perdere vitalità: sono tutti temi che vanno al cuore di ciò con cui l’Occidente si sta confrontando. L’estremismo si combatte dicendo le cose con chiarezza, riconoscendo le proprie incoerenze, lavorando per quella conversione autentica che parte sempre da ciascuno di noi. E ricordando con forza, prima di tutto a noi stessi, che “l’unico estremismo gradito a Dio è quello della carità”: faticosa, certo, ma sempre genuinamente rivoluzionaria.

don Cristiano Bettega

direttore dell’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Cei

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