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Referendum, ha vinto la partecipazione

L'editoriale del direttore de L'Azione don Alessio Magoga.

Referendum, ha vinto la partecipazione

Dopo una campagna referendaria dai toni molto accesi – per usare un eufemismo – l’esito delle urne è stato chiaro. La vittoria del “no”, con quasi venti punti percentuali di scarto, sembra davvero non ammettere repliche. La maggioranza dei votanti non vuole apportare i correttivi approvati dal Parlamento nell’aprile scorso a quella che – forse con un eccesso di idealismo – viene definita come la Costituzione “migliore del mondo”.

Ne viene fuori l’immagine di un’Italia fortemente divisa tra sì e no: una nazione spaccata tra renziani e antirenziani, perché il principale motivo che ha portato molti alle urne – vista la personalizzazione del voto referendario innescata dal Presidente del Consiglio – è stato esprimere il proprio appoggio o la propria opposizione al governo Renzi. La personalizzazione “renziana” era tuttavia inevitabile, perché da subito il governo Renzi sulla riforma costituzionale ci aveva messo la faccia. Viste le proporzioni del “no”, Renzi ha capito il messaggio e nel cuore della notte tra il 4 e 5 dicembre non ha avuto incertezze a dimettersi da capo del governo. Per una volta la sconfitta è stata ammessa senza giri di parole.

Tuttavia bisogna riconoscere, come è stato rilevato da più parti, che Renzi conserva oltre un terzo di elettori che credono in lui e che nel corso dei suoi quasi tre anni di governo non sono venuti meno. Non è un dato da trascurare per il futuro politico dell’Italia. Il 60 per cento del fronte del “no”, infatti, è sì la maggioranza ma risulta assolutamente disomogeneo e sembra molto difficile che da lì possa emergere un’alleanza che domani possa guidare il Paese. 

Merita inoltre sostare sul fatto che ancora una volta il popolo italiano si è lasciato interpellare profondamente dal dibattito politico. Potremo condividere o meno l’esito del voto, ma quasi il 70 per cento degli aventi diritto è andato a votare. Questo non è un fatto scontato e dice che gli italiani – e tra questi molti giovani – vogliono esprimere il proprio pensiero e dire la propria opinione. Non si può che salutare questa alta partecipazione al voto come un fatto positivo che fa essere fiduciosi sullo stato di salute della consapevolezza democratica del Paese. Certo, sul tappeto rimangono molti problemi. Ne segnalo almeno due.

La riforma costituzionale, dopo decenni di tentativi, riparte ancora una volta da zero e deve essere rinviata, chissà a quando! Tuttavia anche questo fatto può rivelarsi come un’opportunità: l’approfondito e vivace dibattito che c’è stato sui vari aspetti della riforma può dare spunti per una nuova riforma costituzionale, più condivisa tra le diverse forze politiche e capace di trovare soluzioni più efficaci e convincenti di quelle proposte da Renzi. In secondo luogo, il Paese appare spaccato e segnato da profonde tensioni, che traggono origine principalmente – ma non solo – dalla difficile situazione economica che il governo Renzi non è riuscito a sbloccare. Il rischio dunque è quello di restare impantanati in un clima rancoroso, carico di livore, in cui i cittadini rimangono inchiodati egoisticamente al proprio presente, incapaci di guardare al futuro con slancio e generosità. Ma per una volta non siamo soli! Basti pensare alle polarizzazioni politiche che si sono verificate anche in Gran Bretagna (pro o contro Brexit), negli Usa (Trump o Hillary) o in Austria (Van der Bellen o Hofer)... Mal comune, mezzo gaudio!

Tuttavia in questi giorni, da posizioni diverse, vanno moltiplicandosi gli appelli ai politici perché affrontino questa delicata fase con un senso di profonda responsabilità. Per usare il linguaggio di Giuseppe De Rita, direttore del Censis, per superare questa logorante tensione è arrivato il momento di “fare cerniere” e “fare giunture” o – per dirla con papa Francesco – è arrivato il momento di “fare ponti” anziché “muri” e di “camminare insieme”. Questo appello vale certo per le forze politiche ma anche per tutti gli italiani. A tutti – in particolare a quanti si riconoscono nella fede cristiana – è ora richiesto lo sforzo di cercare il bene dell’intera nazione: quel bene comune così difficile da realizzare e, tuttavia, così indispensabile perché siano salvaguardati i diritti di tutti, soprattutto dei più deboli.

Alessio Magoga

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