Editoriale
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Sindrome da invasione

L'editoriale del direttore don Giampiero Moret

Sindrome da invasione

La presenza degli stranieri nel nostro territorio è sempre stata vissuta come un incubo, ma in queste ultime settimane è diventata una vera sindrome da invasione. Forse la nostra gente, di per sé, non è così terrorizzata, ma sono le istituzioni – regione, provincia e molti comuni – e gruppi di scalmanati che stanno alimentando la paura a dismisura. Alcuni sbarchi massicci di questi ultimi giorni e in particolare la presenza del famigerato IS sulle coste della Libia hanno fatto schizzare in alto la febbre dell’invasione. A Treviso la scorsa settimana è accaduto che un pullman di 39 stranieri sia stato parcheggiato per tutta la notte presso la stazione ferroviaria perché nessuno li voleva e il prefetto, vista la situazione, non ha trovato di meglio che consigliare ai malcapitati di “disperdersi”. Le difficoltà ci sono, enormi, non si deve minimizzare.

Tuttavia c’è anche molta disinformazione e confusione in fatto di immigrazione, spesso creata ad arte. Una distinzione fondamentale da tener presente è tra rifugiato e immigrato. Il rifugiato è colui che è stato costretto a scappare dalla sua patria per sfuggire alla guerra, alla persecuzione e a situazioni di estrema violenza. Costui, se la sua domanda di asilo risponde al vero, ha diritto di essere accolto e protetto. Si tratta di un diritto di primaria importanza, riconosciuto dalla Convenzione di Ginevra del 1951 alla quale l’Italia ha aderito. Chi protesta contro un simile diritto e si rifiuta di concedere rifugio a queste persone dimostra di avere uno scarso senso della giustizia. I rifugiati sono una minoranza rispetto agli immigrati. Tra coloro che entrano nei nostri confini circa la metà chiede asilo politico, ma solamente alla metà dei richiedenti è riconosciuto lo stato di rifugiato. Per avere un’idea, nel 2013 su 43 mila persone sbarcate, 28 mila hanno chiesto asilo.

Il totale dei rifugiati nel nostro Paese alla fine di quell’anno erano 78 mila su un totale di 5,2 milioni di stranieri. Bisogna però dire che in questi ultimi mesi i richiedenti asilo sono molto aumentati. Comunque i rifugiati sono una minoranza. Mi risulta che attualmente in provincia di Treviso ci sono 229 immigrati in attesa di risposta alla richiesta di asilo. Lo 0,025% della popolazione! A ppartengono a tutt’altra categoria coloro che lasciano il proprio paese perché non hanno mezzi sufficienti di sussistenza. Sono gli immigrati economici. Si tratta veramente di un’invasione? Un dato locale. Secondo l’ultimo rapporto della regione Veneto (ottobre 2014) gli stranieri nella nostra regione sono 514 mila, il 10,4% della popolazione. Sono troppi? Non so. Noto solo che il 57% proviene dai paesi dell’Europa e tra questi 102 mila sono rumeni, per lo più badanti, cittadini europei che possono spostarsi liberamente. Anche riguardo agli immigrati economici è in gioco un diritto importante. Tutti hanno diritto di migliorare la propria esistenza, soprattutto quando la condizione in cui vivono è di grande miseria e nessuno deve essere costretto a vivere in un dato territorio. Ma in questo caso c’è anche il diritto da parte del paese ricevente di regolare opportunamente gli arrivi, soprattutto in tempo di crisi. Su questo ultimo punto le posizioni sono diverse.

Io credo che nessuno sostenga che bisogna aprire le porte a tutti indiscriminatamente, addirittura che si debba invogliare a venire, come è successo nel passato per certe nazioni che avevano bisogno di popolazione. Penso anche che nessuno sostenga che bisogna lasciar andare a fondo i barconi, anzi respingerli in alto mare o affondarli, salvo alcuni (ci sono, ci sono!) che hanno perso il ben dell’intelletto e oscurata del tutto la coscienza. Il contrasto riguarda le modalità della regolamentazione e in particolare la situazione giuridica dei clandestini che in Italia sono circa mezzo milione. Chi entra nel Paese senza documento adatto, deve essere considerato un criminale o semplicemente uno che è incorso in una infrazione amministrativa? Nel primo caso deve essere sottoposto a pene (prigione o multe), nel secondo solo portato alla frontiera. In Italia per la legge Bossi-Fini del luglio 2002 la clandestinità era considerata un reato, ma dallo scorso anno le cose sono cambiate e la clandestinità è considerata solamente un illecito amministrativo.

Tenendo conto di tutto questo, in primo luogo dobbiamo dichiarare che è vergognoso usare l’immigrazione per creare terrore tra la gente e così passare per salvatori della patria lucrando consenso elettorale. È un dramma da gestire con umanità e con giustizia. Per quanto riguarda i rifugiati gran parte dei disagi è causato dalla nostra disorganizzazione e anche da alcune norme europee da rivedere. Non è possibile che i richiedenti asilo debbano aspettare mesi e mesi per avere la risposta e nel frattempo essere ospitati e mantenuti inattivi nei centri di accoglienza, a volte in condizioni non degne. Si deve poi notare che la maggior parte di costoro vorrebbe raggiungere altre nazioni, dove hanno parenti o amici, ma la legge europea li obbliga ad accettare l’asilo nel paese in cui sono sbarcati e riconosciuti come rifugiati, e questo crea situazioni insostenibili. er quanto riguarda gli immigrati economici la situazione è molto più difficile. La penalizzazione, oltre che ingiusta, si è dimostrata del tutto inefficace ed ha solo intasato tribunali e carceri.

L’alternativa, se il Paese non è più in grado di ospitare, è l’accompagnamento al confine, ma si sa che per molti immigrati, soprattutto quelli arrivati con i barconi, è di fatto impraticabile. Il problema resta in tutta la sua drammaticità e impossibilità di risolverlo, perché la sua prima radice è l’enorme squilibrio esistente nell’umanità tra una minoranza che può vivere bene e una maggioranza che manca del necessario. È facile dire: aiutiamoli nel loro paese! Certo questa sarebbe la soluzione, ma chi non parla a vanvera o è in malafede, è consapevole che la soluzione è difficilissima e che dalla fine del colonialismo, mezzo secolo fa, sono stati fatti molti sforzi per raggiungerla senza tanti risultati. Bisognerebbe riorganizzare il mondo intero!

Allora, senza abbandonare la lotta contro questa mala radice, dobbiamo usare tutta l’intelligenza e il senso di giustizia e di solidarietà per affrontare la situazione. Molto di più si può fare a livello europeo, sia dal punto di vista delle norme che degli aiuti. Quello dell’immigrazione è un banco di prova cruciale della volontà di vivere veramente in una “unione”. Molto di più si può fare anche nel nostro Paese. Invece di gridare istericamente al pericolo e incolparci tra regioni, cerchiamo di trovare soluzioni più praticabili. I disagi enormi della immigrazione sono causati anche dalla mostruosa burocrazia. Si invoca e si promette la riforma. Se finalmente si facesse, anche il problema dell’immigrazione diventerebbe un po’ più gestibile. Nel frattempo lasciamo che le persone animate dal senso di solidarietà e le istituzioni come la Caritas e altre associazioni che hanno come unico scopo di venire incontro a chi è nel bisogno, possano lavorare e non essere stupidamente incolpate di essere la causa dell’arrivo degli immigrati. 

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