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2018: l'anno più caldo di sempre

Il meteorologo vittoriese Andrea Costantini analizza l'andamento delle temperature

2018: l'anno più caldo di sempre

Dal dubbio alla certezza: potremmo così riassumere la maturazione del sospetto, già emerso nei mesi scorsi durante l’analisi sull’andamento dell’estate, che l’anno 2018 avrebbe ulteriormente consolidato la pluri-decennale tendenza al riscaldamento climatico, con effetti visibili sia a grande scala (planetaria) che a piccola scala (il nostro territorio): si tratta per molte regioni dell’anno più caldo da inizio rilevazioni di scala pluri-secolare.
A scala locale è soprattutto grazie al contributo di mesi come gennaio, aprile, agosto, settembre, ottobre e novembre che a fine anno è stata registrata una media annuale che si pone a ben +15,1°C. Tale valore supera anche il record precedente del mitissimo 2014 (che, sebbene ricordato impropriamente come “l’anno senza estate”, vide un’anomalia termica invernale tale da segnare l’intero anno tanto che la media fu di ben +14,9°C). Vale la pena di soffermarsi sul fatto che il clima di Vittorio Veneto (dati trentennali disponibili dal 1931-1962, da “Il clima di Vittorio Veneto”, A. De Nardi, 1988) ha una media pluviometrica di 1375 mm annui e una media di temperatura annua di 13,0°C.
Non stupisce che tale andamento a livello locale sia stato rilevato anche su scala italiana (ed europea: la siccità in molte regioni notoriamente piovose e umide anche in estate ha riempito le cronache); addirittura, su molte zone del nord-ovest italiano si è trattato dell’anno più caldo da oltre 150 anni, come riporta il grafico estratto dal reportage completo emesso da Nimbus - Società Meteorologica Italiana (http:// www. nimbus.it/clima/2019/190102 caldo2018Italia.htm).
Si noti che gli anni caldi si collocano tutti dopo il 2000 e la tendenza è ad una continua crescita. Sono dati impressionanti, che testimoniano la sconvolgente velocità e l’ampiezza del cambiamento in atto che alcuni ancora non vogliono addebitare all’azione antropica, sebbene i segnali siano tali e tanti da indurre chiunque a rendersi conto di quanto sta accadendo, specie se si ragiona sul fatto che il pianeta Terra e i suoi equilibri sono in estremo pericolo a causa delle nostre azioni e del nostro consumo di energia e risorse. È riduttivo attendere ancora per vedere “se ci siano altre con-cause” magari legate a cicli naturali di lungo termine: l’ordine di grandezza di quanto stiamo registrando supera ogni qualsivoglia “rumore di fondo” legato a possibili cause naturali (che ci sono, ma non incidono che in misura minima e trascurabile specie in variazioni di velocità totalmente fuori scala). Il fenomeno, infine, colpisce tutto il Pianeta sebbene vi siano zone che si stanno scaldando molto più velocemente di altre (tra queste, l’oceano Artico, con conseguenze sulla circolazione a grande scala del nostro emisfero).
Nell’inverno appena trascorso abbiamo sperimentato lunghi periodi di alta pressione con stagnazione dell’aria, pertanto un giusto monito va anche verso l’inquinamento atmosferico, spesso legato a condizioni di scarso dinamismo (che in estate sono associate a insopportabile caldo-umido ed in inverno portano aria molto mite in montagna e robuste inversioni termiche in pianura che intrappolano smog e gas tossici). L’approfondimento a cura di Arpa Toscana (http:// www.arpat. toscana.it/notizie/arpatnews/2017/166-17/qualita-dellaria-in-europa-ancora-importanti-gli-effetti-sulla-salute) cita il rapporto “Air quality in Europe - 2017” e presenta una panoramica aggiornata ed un’analisi della situazione in Europa dal 2000 al 2015, riportandoci un quadro in lento miglioramento, grazie alle politiche e agli sviluppi tecnologici messi in atto. Tuttavia, le alte concentrazioni di inquinanti atmosferici continuano ad avere importanti ripercussioni sulla salute degli europei.
In sintesi, il cambiamento climatico non si esplica solamente mediante l’innalzamento della temperatura e gli effetti ad esso immediatamente correlati, ma anche nella variazione di cicli e andamenti stagionali che favoriscono l’accumulo di inquinanti, con effetti apparentemente poco “visibili” ma per questo più subdoli e, forse, potenzialmente più pericolosi in quanto si estendono su zone molto ampie e per lunghi periodi. Siamo la rana nell’acqua che si scalda... peccato che l’acqua sia già calda da un po’ e noi siamo sempre dentro la tinozza.
Andrea Costantini

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