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AGRICOLTURA: in Italia duemila impianti biogas già installati

Una grande opportunità per il settore allevatoriale

AGRICOLTURA: in Italia duemila impianti biogas già installati

Le deiezioni zootecniche, da materiale che le aziende agricole avrebbero dovuto gestire a grande opportunità per il settore allevatoriale, ma soprattutto per la comunità, che potrebbe presto beneficiare dell’energia pulita che ne deriva. Questo, in estrema sintesi, il contenuto del convegno sul tema “Biogas e biometano derivati da deiezioni zootecniche: tra produzioni aziendali diffuse e consorziate!!!” svoltosi qualche giorno fa in Fiera a Vicenza nell’ambito di Passione Veneta, l’evento ideato Arav, con Aia e: Caseificio Ponte di Barbarano, Lattebusche, Latteria Soligo, Latterie Vicentine ed il Consorzio sigillo italiano, nonché la sponsorizzazione del Consorzi di tutela Grana Padano Dop ed Unicredit, che proprio oggi volge al termine.

Attorno al tavolo, dopo i saluti introduttivi del presidente di Arav Floriano De Franceschi e del direttore Walter Luchetta, moderati dalla giornalista Ada Sinigalia, si sono susseguite le relazioni di Lorenzo Maggioni del Consorzio italiano biogas, Luca Zambelli, commercial director Italy Bioelectric, Stefano Svegliado, amministratore delegato Femo Gas SpA Vicenza, Donatella Banzato del Centro interdipartimentale Levi Cases dell’Università di Padova e Francesco Morari del Dipartimento Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali  e Ambiente dell’Università di Padova.

Ha portato il proprio saluto l’europarlamentare Paola Ghidoni, che ha rassicurato i numerosi allevatori intervenuti: “Assicuro il massimo impegno per far sì che a Bruxelles passino le priorità che in questa sede vengono sollecitate. Produrre energia pulita è la dimostrazione chiara di come l’agricoltura si stia muovendo nella giusta direzione della sostenibilità ambientale, tanto più dopo la guerra in Ucraina, che ha determinato un’escalation incontrollata dei prezzi delle materie prime”.

Concetti ribaditi, nella propria introduzione, anche dal presidente De Franceschi: “Il fatto che possiamo produrre energia green e, con tutta probabilità in un futuro non troppo lontano, metterla a disposizione delle famiglie, è un risultato a cui dobbiamo con grande ambizione mirare”.

L’agricoltura del futuro, quindi, non potrà che essere fortemente legata alle energie rinnovabili. “L’Italia, per numero di impianti di biogas installati – spiega Maggioni – è il secondo paese a livello europea, dopo la Germania, e conta oltre duemila impianti. Una parte significativa di questi impianti oggi è giunta al termine del processo di incentivazione, perciò il governo ha elaborato un decreto ad hoc, che sostiene, attraverso incentivi dedicati, la produzione di energia elettrica di impianti rinnovabili innovativi, compresi gli impianti di biogas di piccole dimensioni. Il decreto, atteso dal settore da più di cinque anni dal settore, è ora all’esame della Commissione Europea”.

Il biogas, realizzato a partire dai reflui zootecnici, ossia da sostanze di scarto e da altri sottoprodotti agricoli, può dar vita al biometano, alla produzione di energia elettrica e, infine, alla produzione di digestato, prezioso fertilizzante adottato anche nell’agricoltura biologica.

Gli esempi concreti di realizzazione di questi impianti non mancano, come ha evidenziato Zambelli: “Realizziamo impianti di biogas a partire da allevamenti con 50 animali, quindi aventi dimensioni relativamente modeste. Il processo di fermentazione è la chiave di volta che trasforma il letame, una sostanza di scarto, in biogas, che si è rivelato uno straordinario alleato della sostenibilità ambientale. L’impianto è semplice, ma non semplicistico, in quanto è stato realizzato pensando che l’allevatore deve impiegare il proprio tempo in stalla, non può essere impegnato a dover seguire il lavoro che svolge il biodigestore, che lavora automaticamente e permette di controllare ogni attività a distanza, grazie ad un’app intuitiva”.

Non manca un’esperienza tutta veneta. Nel Vicentino 120 aziende hanno fatto squadra ed attraverso un macro-impianto trasformano i reflui zootecnici delle proprie aziende in biogas, come ha spiegato Svegliado: “Nel 2008 eravamo partiti in dieci “eroi” ed oggi oltre 120 aziende credono in questo ambizioso progetto e stanno raccogliendo i frutti di un lavoro complesso, che è stato realizzato su misura del territorio e per il territorio, in quanto ciò che si produce viene direttamente ridistribuito sotto forma di energia green, con un beneficio per l’ambiente e per la falda inestimabile. Gli impianti per la produzione del biometano, inoltre, sequestrano anidride carbonica, quindi, riducono sensibilmente la sua emissione in atmosfera. Tutto questo i cittadini devono saperlo, poiché attorno al mondo agricolo ed allevatoriale stanno girando troppe frottole, frutto della disinformazione e di campagne create ad hoc per gettare fango su chi, invece, sta lavorando da tempo per la sostenibilità ambientale, con risultati innegabili già raggiunti e consolidati, numeri alla mano”.

Il sistema di incentivazione degli impianti di biogas e biometano non è affatto una novità. In America se ne parlava già negli anni ’70, come ha sottolineato Banzato. “In cinquant’anni si continua a parlare di questa opportunità – spiega Banzato – ma bisogna accelerare il passo. Il biometano sostenibile, per dare un’idea, può coprire fino al 30-40% del consumo di gas previsto per il 2050. Francia, Italia e Danimarca sono i paesi con il maggior aumento di impianti: 91 in Francia nel 2020 e 123 tra gennaio e ottobre 2021. Seconda l’Italia, con +11 impianti, poi la Danimarca con +10. La rapida implementazione del biometano accelererà la decarbonizzazione dell’economia UE. Tuttavia, il settore avrà bisogno di un sostegno legislativo pertinente nei prossimi anni per sfruttare appieno il suo potenziale”.

Non va sottovalutato, come ha evidenziato Morari, il valore del digestato, profondamente mutato negli ultimi anni. “Un tempo il digestato era un rifiuto che le aziende erano preoccupate di dover in qualche modo gestire – conclude Morari – oggi, invece, il suo valore è esploso. Dopo il conflitto in Ucraina, infatti, il valore annuo in euro per ettaro è passato da 832 a 1.790 euro. Questo deve contribuire a quanti avessero ancora delle riserve, in quanto la strada da seguire è tracciata”.

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