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Aiutiamoli a casa loro. È così?

Gli aiuti italiani per la cooperazione nel 2014 sono diminuiti di 65 milioni di euro.

Aiutiamoli a casa loro. È così?

Chi non vede di buon occhio l’arrivo giornaliero di centinaia di profughi nel nostro Paese, per dimostrare la propria sensibilità e acume socio-economico ha la risposta pronta: aiutiamoli a casa loro. Un pensiero nobile, certamente! Se non fosse che il Paese Italia - e anche tutti gli altri - di aiutarli a casa loro ci pensa poco o niente. Andiamoli a vedere i dati. L’aiuto pubblico allo sviluppo  per quanto riguarda l’Italia nel 2014 è diminuito del 2,9% (65 milioni di euro) rispetto all’anno precedente, nonostante il governo avesse annunciato di volerlo aumentare progressivamente”. I dati vengono spiegati da Marco Simonelli, esperto della rete internazionale Action for Global Health (di cui fa parte l’ong italiana Aidos) che produce periodici rapporti sull’andamento degli aiuti internazionali allo sviluppo. “Gli aiuti del canale bilaterale hanno visto un taglio di oltre 90 milioni di euro, solo parzialmente compensato da un incremento di quasi 30 milioni di euro donati attraverso il multilaterale - precisa Simonelli -. Sembra che il rientro dell’Italia nel Fondo Globale sia stato possibile solo grazie a tagli, ben maggiori, sul bilaterale” spiega l’esperto. Dall’analisi degli ultimi dati pubblicati dall’Ocse risulta che nel 2014 l’aiuto pubblico allo sviluppo italiano è sceso allo 0,16% del Pil dallo 0,17% del 2013. “Nel 2014 l’Italia è ancora fra i Paesi fanalino di coda dell’Unione europea con una performance rispetto all’anno precedente negativa”, afferma Simonelli.Non tutti i Paesi del vecchio continente hanno seguito l’Italia nella riduzione degli investimenti. Anzi. L’Unione europea si conferma numero uno in solidarietà con un incremento di aiuti allo sviluppo che è arrivato a una cifra totale di 58,2 miliardi, con un aumento del 2,4 per cento nel 2014 rispetto all’anno precedente. Emerge da un rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) presentato ad inizio aprile dalla Commissione europea a Bruxelles. Nel rapporto si evidenzia come la Croazia abbia registrato l’aumento maggiore di finanziamenti passando dallo 0,07 allo 0,11 per cento del reddito nazionale lordo, così come la Finlandia (da 0,54% a 0,60%), Germania (da 0,38% a 0,41%), Lussemburgo (da 1,0% a 1,07%), Romania (da 0,07% a 0,10%) e Svezia (da 1,01% a 1,10%). Un declino è stato rilevato in Francia, (da 0,41% a 0,36%), in Irlanda (da 0,46% a 0,38%), nei Paesi Bassi da (0,67% a 0,64%), in Portogallo (da 0,23% a 0.19%) e Spagna (da 0,17% a 0,14%) e in 11 altri Paesi dell’Ue. In totale 15 Paesi Membri hanno aumentato l’aiuto pubblico allo sviluppo di 3,4 miliardi di euro mentre è diminuito di 1,3 miliardi in altri 13 Paesi.Inoltre quasi il 44 per cento dell’aiuto allo sviluppo italiano bilaterale – vale a dire l’aiuto gestito direttamente dal governo italiano e non da organizzazioni multilaterali come Unione europea e Onu - nel 2013 è stato speso per programmi di accoglienza ai rifugiati all’interno del nostro paese: dei 700 milioni circa stanziati dalla Farnesina per iniziative di cooperazione internazionale, 304 milioni sono stati inviati direttamente alla prefettura di Palermo per gestire l’Emergenza Nord Africa e al Servizio per l’Accoglienza dei Richiedenti Asilo e dei Rifugiati (Sprar) per incrementare il Fondo nazionale per politiche e servizi di asilo politico. Solamente lo 0,49 per cento dei soldi viene utilizzato per l’azzeramento del debito dei Paesi in via di sviluppo. Una fetta non indifferente, invece, copre i costi amministrativi delle operazioni e quindi non va direttamente al paese che si intende aiutare.Effettivamente ancora troppo poco e ancora troppo dispersivi gli aiuti per poter affermare che i migranti economici non scappano dalla fame e che, comunque, Italia ed Europa fanno già la loro parte. Anche perché accanto agli aiuti, in tanti ancora sfruttano le risorse altrui.Lucia Gottardello (La Vita del Popolo - Treviso)

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