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Aperture festive dei negozi: Confcommercio dice no alla liberalizzazione selvaggia

Torna la tensione legislativa sugli orari di vendita.

Aperture festive dei negozi: Confcommercio dice no alla liberalizzazione selvaggia

Aperture festive dei negozi: Confcommercio non abbassa la guardia. Il disegno di legge che reintroduce 12 festività con i negozi chiusi è in fase di discussione alla Camera con un carico di 150 emendamenti. E con il rischio, per effetto di questi ultimi, di vanificare lo spirito dello stesso provvedimento lasciando ancora una volta mano libera alle aperture indiscriminate.

A Treviso e provincia il tema delle aperture domenicali indiscriminate è un fronte caldissimo che ha già visto numerose campagne di sensibilizzazione avviate dalla Confcommercio (“non toglieteci la domenica” e forti azioni di confronto con il mondo sindacale che sono sempre sfociate in accordi territoriali a salvaguardia dei lavoratori e delle piccole imprese.

La logica di Confcommercio è una sola: no al mercato selvaggio e si ad una regolamentazione concertata attraverso la quale è possibile conciliare le maggiori esigenze di acquisto di alcuni periodo dell’anno o di alcune circostanze eccezionali, fatti salvi i centri turistici che lavorano con ritmi ovviamente diversi.

“Allungare  gli orari di vendita oggi - spiega il presidente di Confcommercio Treviso Renato Salvadori - ha un unico risultato certo per le aziende: l’aumento di costi, dovuto soprattutto all’incremento delle ore lavorate, ma non quello delle vendite totali del settore. Lo confermano i dati Istat, dimostrando che le liberalizzazioni volute dal Governo Monti hanno fallito nel tentativo di rilanciare i consumi. Con una aggravante: non potendo usare liberamente la leva del prezzo perché il consumatore non è disposto a spendere di più, i margini di profitto delle aziende si sono ridotti all’osso.

Come dire che giocare una partita a scacchi in un mercato che tira è ben diverso dal giocarla in una situazione di consumi calanti. E aprire 24 ore su 24 per 7 giorni su 7 non significa modernizzare il comparto, ma esasperarlo.

Senza contare il confronto con il resto dell’Italia e dell’Europa : basta guardare gli esempi di Austria, Germania e Francia, tre paesi vicini e simili a noi per cultura, dove emerge con chiarezza la volontà di salvaguardare la domenica come giorno di riposo e di regolamentare il mercato. Ancora più nelle tanto evolute Trento (8 aperture) e Bolzano (4).

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