CHIESA: dieci anni dall'elezione di Papa Francesco nel ricordo di due preti diocesani

Lo scorso 13 marzo papa Francesco ha varcato i dieci anni dall’elezione a Sommo Pontefice. Abbiamo chiesto a due sacerdoti della nostra diocesi i loro ricordi di quel giorno e soprattutto di quella nomina giunta – per molti – del tutto inattesa: don Francesco Rebuli, ordinato diacono transeunte nel 2013, e don Paolo Astolfo, ordinato sacerdote in quello stesso anno. Ecco le loro testimonianze personali.

«Ricordo bene il giorno dell’elezione di Papa Francesco – scrive don Francesco Rebuli -. Era l’anno dell’Ordinazione Diaconale e di lì a poco meno di due mesi avrei ricevuto la grazia di compiere questo passo di definitiva consacrazione al Signore. Era un mercoledì ed eravamo in seminario. La famosa fumata bianca giunse durante la celebrazione della nostra messa vespertina, prima di cena. Mangiammo in fretta il pasto per attendere l’annuncio del neo eletto Papa e la sua prima apparizione. Grande fu l’emozione e la sorpresa in tutti noi per la scelta del nome Francesco, tanto che più di qualcuno mi diede una pacca sulla spalla per quella inaspettata omonimia. Ed io, naturalmente, approvai con convinzione».

«Al di là di questa simpatica circostanza – scrive ancora don Francesco – fui molto colpito da questa scelta. Percepii questa decisione come un piccolo ma significativo atto di coraggio e libertà. Infatti, se escludiamo papa Giovanni Paolo I, che abbinò i nomi dei suoi due predecessori, per risalire ad un pontefice che scelse un nome inedito bisogna riavvolgere il nastro del tempo di ben undici secoli fino ad arrivare a papa Lando. Da lì in poi, per tutti questi secoli, i papi scelsero il nome di un loro predecessore più o meno vicino nel tempo».

«Da quella sera - conclude don Rebuli - porto dentro di me questo ricordo come un incoraggiamento a riandare sempre al cuore del messaggio del Vangelo, a lasciare che la vita esprima quella novità che Gesù accende in noi, senza temere di prendere decisioni inedite, calcare nuove strade, proprio come testimoniano le vite e le scelte dei due Francesco».

«Ogni anno – scrive, dal canto suo, don Paolo Astolfo - l’anniversario dell’elezione di papa Francesco mi fa andare con la memoria a quei giorni del 2013, a quando cioè presentai la domanda e mi venne annunciata l’Ordinazione presbiterale. Ricordo in particolar modo l’intensità con cui vissi da diacono la Messa “in Coena Domini” a Codognè, dopo che nel pomeriggio di quel Giovedì Santo mi ero preso un po’ di tempo per leggere la prima omelia del nuovo Papa alla Messa Crismale del mattino».

«Tre passaggi - continua don Paolo - mi colpirono e mi accompagnano da allora: sono il dono che il nuovo Papa (a sua insaputa) fece ad un giovane diacono prossimo all’Ordinazione; un dono che mi ha rimotivato più volte in questi primi dieci anni del mio ministero presbiterale e del suo pontificato. Per prima cosa, il significato spirituale della casula, la veste che il sacerdote indossa quando presiede l’Eucaristia: “Il sacerdote celebra caricandosi sulle spalle il popolo a lui affidato e portando i suoi nomi incisi nel cuore. Quando ci rivestiamo con la nostra umile casula può farci bene sentire sopra le spalle e nel cuore il peso e il volto del nostro popolo fedele”. In secondo luogo “il Vangelo predicato con l’unzione”, cioè la priorità dell’annuncio del Vangelo, fatto con gioia, fatto appunto “con l’unzione”, “fino ai bordi della realtà”, illuminando “le situazioni limite, le periferie, dove il popolo fedele è più esposto all’invasione di quanti vogliono saccheggiare la sua fede”. Infine, l’appello ad essere pastori con “l’odore delle pecore”, pastori in mezzo al proprio gregge e pescatori di uomini».

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)