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DIOCESI: Casa Murialdo per chi è solo

A Conegliano ospiti uomini con varie problematiche

C'è una casa a Conegliano in cui uomini che devono riorganizzare la propria vita vengono temporaneamente accolti e accompagnati. Ad esempio c’è lo straniero arrivato in città con un contratto di lavoro ma senza un tetto. Oppure c’è l’italiano che non ha più un’abitazione perché è separato o perché non riesce a pagare il mutuo. Sono solo due delle tante casistiche dei circa cento ospiti passati in quattro anni e mezzo per Casa Murialdo, così si chiama la struttura di accoglienza voluta dalla Fondazione Caritas di Vittorio Veneto e realizzata grazie alla generosità di due cittadini coneglianesi: Giuseppina Ivonne Marina e Marco Gardenal.

Non è un dormitorio!

Attenzione, Casa Murialdo non è un dormitorio notturno per senza fissa dimora, un servizio che purtroppo manca nel comprensorio coneglianese e che la Caritas sta chiedendo con forza da tempo. Agli uomini – giovani, adulti, anziani – che qui entrano, viene chiesto di impegnarsi a riprendere in mano la propria vita risolvendo i problemi che impediscono loro di avere momentaneamente un alloggio. Problemi non solo economici ma anche di dipendenze, conflittualità familiari, solitudine, fallimenti... Sostanzialmente, viene chiesto loro di mettersi in moto per trovare un’abitazione e/o un lavoro. E come è possibile ciò? Grazie alla rete sociale che in questi anni è stata creata dalla Caritas. Infatti ciò che accomuna tutti gli ospiti è la mancanza di appoggi (famiglia, amici, associazioni...). La rete è fatta di contatti e conoscenze con servizi pubblici, aziende private, società che organizzano corsi professionalizzanti, agenzie interinali, immobiliari... Ma fatta anche di persone private che segnalano, avvisano, mettono in relazione... Grazie a tale rete, la percentuale di inserimenti sociali andati a buon fine è significativa.

Percorso di autonomia

La struttura di cui stiamo parlando si trova in via Murialdo a Conegliano, nel territorio della parrocchia dei Santi Martino e Rosa. È stata messa sotto la protezione del fondatore dei padri Giuseppini che reggono la parrocchia. Un prete, Leonardo Murialdo, che si impegnò nella Torino dell’800 per promuovere la dignità dei poveri di allora: i giovani poveri e gli operai sfruttati. La casa è dotata di una cucina-soggiorno-spazio tv e lavanderia comuni, di otto posti-letto in quattro camere (tutte con bagno proprio) e di un giardino con orto. Ogni camera ha due posti-letto: in questo modo viene garantito uno spazio riservato ma nel contempo si deve imparare a convivere con un’altra persona. La casa è aperta 365 giorni all’anno dalle 17 alle 9.30. Infatti, fatta la colazione, ogni ospite esce con l’obiettivo di trovare una soluzione alla propria emergenza. A mezzogiorno, per chi non ha altre soluzioni, il pasto è assicurato alla mensa dei frati cappuccini. Al rientro, chi di turno si mette in moto per la gestione della cucina e la preparazione della cena. Il post-cena è lasciato alla libertà di ciascuno. Alle 23 le porte della casa si chiudono. Gli ospiti danno una mano anche nella cura della casa e del giardino e a volte vengono coinvolti in servizi della Caritas, come il banco alimentare.

Adriano il “tessitore” e i volontari

Ad accompagnarli è Adriano, operatore della Fondazione Caritas. Adriano è con loro dal momento di rientro al dopocena e poi al mattino durante la colazione. Non è un semplice “governante”. Potremo definirlo un “tessitore” delle relazioni degli ospiti tra loro, con i volontari, e con le istituzioni, le associazioni, i privati... che possono offrire loro un’opportunità per uscire dalla condizione di difficoltà. In altre parole, li aiuta a sperimentarsi e a recuperare la propria autostima. Insieme ad Adriano girano per la casa una ventina di volontari e i lavoratori di pubblica utilità (“lpu”): queste ultime sono persone per le quali il giudice ha disposto la prestazione di un’attività lavorativa svolta a beneficio della comunità, finalizzata a ridurre il ricorso alla pena carceraria e ad offrire la possibilità di responsabilizzarsi e risocializzarsi. Per alcuni “lpu” quella alla struttura di accoglienza è un’esperienza talmente forte e significativa che, terminata la prestazione obbligatoria, si fermano a prestare attività di volontariato. A riprova che nella società non esistono “vuoti a perdere” ma che, messa nelle giuste condizioni, qualsiasi persona, anche quella che ha violato la legge, può “rinascere” e rendersi utile per il prossimo. I volontari condividono un pezzetto della loro vita con gli ospiti, collaborano alla gestione della casa e dei momenti aggregativi, si rendono disponibili per attività specifiche come la stesura dei curriculum... Completa la squadra un custode, che risiede al piano superiore.

La cena, cuore della giornata

Ma come si accede alla casa? La domanda di ingresso deve essere rivolta alla Caritas diocesana, che concorda con la persona e con i servizi sociali di riferimento un progetto di permanenza che va da uno a un massimo di tre mesi. L’accoglienza è diversificata a seconda delle richieste che emergono dal territorio e si realizza con tempi e modalità stabilite e concordate sulla base di un progetto individuale. L’avvio e il mantenimento di questo progetto si devono al contributo dell’8xmille della Chiesa cattolica e alle donazioni alla Caritas diocesana. C’è un momento della giornata in cui in Casa Murialdo si fa vera comunità. È la cena. Adriano investe molte energie perché a tavola il clima sia il più sereno e costruttivo possibile. Perché è convinto che il cibo condiviso sia un mezzo determinante per creare relazione e per ridare voglia di vivere a chi un po’ l’ha persa. Intorno alla tavola si ritrovano persone con storie, culture, lingue, le più diverse. Anche dentro i piatti si ritrovano tradizioni culinarie molto variegate. Vivere a Casa Murialdo è vivere in una palestra di apprendimento e applicazione delle regole della convivenza, le stesse regole, alla fin fine, che permettono di inserirsi e far parte di una famiglia, di un ambiente di lavoro, di una squadra di calcio... Più che il tetto, il letto e il pasto caldo, è questo lo specifico del progetto davvero profetico messo in piedi dalla Caritas diocesana. Don Andrea Forest a casa Murialdo con ospiti e volontari

Federico Citron

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