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DIOCESI: Magarotto, il vescovo del Giubileo

Ripercorriamo le tappe principali del suo episcopato vittoriese

DIOCESI: Magarotto, il vescovo del Giubileo

Il vescovo Alfredo Magarotto salutò la diocesi vittoriese in occasione della festa di San Tiziano - 16 gennaio - 2004. Nel numero della domenica precedente - 11 gennaio - il nostro settimanale pubblicò un articolo che ripercorreva gli anni di servizio episcopale del caro vescovo Alfredo a Vittorio Veneto. Riproponiamo quell'articolo.

LE TAPPE DELL'EPISCOPATO

Il 26 dicembre 1996 il vescovo di Vittorio Veneto Eugenio Ravignani annunciò alla Chiesa diocesana, riunita in cattedrale per l’atto conclusivo del grande Convegno ecclesiale che l’aveva tenuta impegnata per mesi, la sua nomina a Vescovo di Trieste. Monsignor Ovidio Poletto, dopo la partenza di monsignor Ravignani, venne nominato amministratore apostolico e iniziarono lunghi mesi di attesa del nuovo Pastore. Attesa che si sciolse a mezzogiorno del 31 maggio 1997 quando le campane di tutte leI chiese della diocesi suonarono a distesa per annunciare che il Papa aveva scelto monsignor Alfredo Magarotto come successore di monsignor Ravignani. A 70 anni il Papa gli chiedeva di lasciare Chioggia, dove si era insediato appena sette anni prima, per assumere la guida pastorale di Vittorio Veneto. Lo stesso monsignor Magarotto fu colto da un po’ di meraviglia per questo trasferimento, tanto che nel primo messaggio alla sua nuova diocesi si disse “sorpreso della fiducia che il Papa ha voluto dimostrarmi” ma, nel contempo, gioioso “di mettermi a servizio della Chiesa di Vittorio Veneto”. Il primo “incontro” tra il nuovo Vescovo e la sua diocesi fu “virtuale”: nel corso dell’assemblea diocesana degli operatori pastorali, monsignor Magarotto intervenne in video-conferenza. Il compito più rilevante che lo attendeva a Vittorio era preparare e introdurre la Chiesa di San Tiziano al Grande Giubileo del 2000. Nel pomeriggio del 29 giugno 1997 monsignor Magarotto, accompagnato dal vicario generale di Chioggia monsignor De Antoni (in seguito eletto vescovo di Gorizia), arriva a Vittorio Veneto. Alle 15 inizia, in Cattedrale, la celebrazione di “insediamento”. «Ho lasciato Chioggia “per passare all’altra riva”: non ho attraversato mari in tempesta per giungere fino a Vittorio. Ma non vi nascondo che un po’ di tempesta l’ho dentro il mio cuore» affermò il Vescovo nell’omelia. Poi, paragonando i tempi degli apostoli Pietro e Paolo agli attuali sottolineò come «i nostri tempi non sono né peggiori, né migliori dei primi tempi del cristianesimo: sono i tempi di grazia, che abbiamo a disposizione, per far giungere ovunque, vicino e lontano, con rinnovata missionarietà, il Vangelo della Salvezza».

A Parigi con i giovani

Non trascorsero due mesi dall’insediamento che il Vescovo volle partecipare alla XII Giornata mondiale della gioventù a Parigi. Col berrettino, il fazzolettone e lo zaino del pellegrino condivise con i giovani tutta l’esperienza parigina: le catechesi, le preghiere, le veglie, le celebrazioni eucaristiche... ma anche i pranzi e le cene al sacco e i lunghi spostamenti, a piedi e in metrò, da un capo all’altro della città. La fine del 1997 e l’inizio del 1998 vennero dedicati alla conoscenza della realtà diocesana e all’impostazione della preparazione al Giubileo.

La visita pastorale

Il giorno dell’Assunta del 1998 un annuncio che suscitò non poca sorpresa: «Desidero ora adempiere alla missione che il Signore mi ha affidato, di portare ovunque il suo messaggio di salvezza, di amore, di pace mediante la visita pastorale». Sì, vi fu sorpresa per il notevole onere che il Vescovo, a 71 anni, ebbe il coraggio di sobbarcarsi per essere fedele all’impegno di «essere in mezzo a voi immagine viva di Cristo, il Buon Pastore». E per aiutare tutti a “crescere verso Cristo per mezzo di ogni cosa” (come recita il suo motto episcopale). Nei successivi tre anni ha incontrato preti e laici impegnati di tutte le parrocchie della diocesi (la prima fu la Cattedrale, l’ultima Madonna della Pace del Menarè), ha visitato gli ammalati e gli anziani, ha incontrato i bambini e i ragazzi del catechismo... Al termine di questa lunga e faticosa immersione nel cuore della vita ecclesiale della diocesi, monsignor Magarotto sottolineò: «Nelle visite pastorali ho potuto constatare quanto profonda sia la crisi morale e religiosa dei giovani, quanto fragile l’unità della famiglia e precaria l’intesa di coppia (...)» (dall’omelia della Messa di Natale del 2002). Ma, sottolineò il Vescovo nella messa di Ringraziamento di fine 2002, «accanto ad ogni sofferenza umana c’è il volto dolente di Cristo (...) Io stesso ho potuto constatarlo nelle visite pastorali, negli incontri con persone, famiglie e comunità: al di là delle apparenze, c’è ancora in molti, presente e operante una fede profonda e un sereno abbandono in Dio». Insomma un bilancio in chiaroscuro: «Dobbiamo riconoscere che il cristianesimo ha segnato un passo decisivo nel cammino della storia (...) ma non possiamo ignorare che siamo ancora lontani dalla costruzione di quel mondo di giustizia e di pace che i profeti avevano annunciato e Cristo è venuto a portare». Con la visita pastorale il Vescovo ha voluto anche incoraggiare quanti operano “in prima linea” nell’evangelizzazione. E ribadire l’indispensabilità e la centralità della parrocchia: «Essa non esaurisce l’attività pastorale, tuttavia è uno strumento insostituibile» dichiara nel novembre 2003 a L’Azione. «Ma – aggiunge – non deve limitarsi a conservare ciò che resta di un passato nel quale tutto ruotava intorno ad essa, ma passare decisamente dalla conservazione alla missione». Nel settembre del ’98 monsignor Magarotto guidò i pellegrini della diocesi nella martoriata Terra Santa dove presta servizio monsignor Giacinto Boulos Marcuzzo, vescovo ausiliare di Gerusalemme dei Latini e originario della nostra diocesi. l 1999 è segnato, tra gli altri eventi, dalla visita ai missionari “fidei donum” presenti in Ciad e in Brasile. La collaborazione con queste due realtà non solo è stata mantenuta, ma, per quanto consentito, resa ancor più solida con l’invio di nuovi (e giovani) sacerdoti diocesani.

Il Giubileo del 2000

Il 25 dicembre 1999 la cattedrale, «come una madre lieta e premurosa», accoglie tutti i suoi figli «convenuti da ogni parte della diocesi, dal Cansiglio al mare, dalle rive del Piave e quelle del Livenza» per l’apertura del Giubileo che «si incentra e quasi si identifica nella persona di Gesù Cristo. È lui che vogliamo festeggiare, a 2000 anni dalla sua nascita in terra, dalla Vergine Maria, per opera dello Spirito Santo». Insieme alla cattedrale vengono scelte come chiese giubilari la basilica di Motta e l’abbazia di Follina. L’anno del Giubileo è ricco di celebrazioni e manifestazioni: dalla consegna delle lampade giubilari a tutte le parrocchie (in occasione della festa di San Tiziano) al pellegrinaggio diocesano a Roma, dai giubilei diocesani della famiglia, dei giovani, dei religiosi, dei catechisti, dei ragazzi... ai pellegrinaggi foraniali in cattedrale, alla Giornata mondiale della gioventù a Roma. Sicuramente un’iniziativa che ha riscosso grande attenzione e partecipazione è stata la ricerca, a livello parrocchiale, delle persone che hanno offerto una particolare testimonianza del Vangelo. I Tirando le somme del Giubileo il Vescovo sottolinea come «durante l’anno giubilare non abbiamo costruito nuove opere o strutture, né programmato grandi iniziative, perché abbiamo voluto che il Giubileo conservasse il più possibile il suo carattere di evento di fede, richiamo alla conversione, esperienza di chiesa orante e penitente, solidale con i fratelli più poveri, specialmente con quelli gravati da un insopportabile debito estero (per i quali vennero raccolti 80 milioni di lire, ndr)» (dall’omelia per la festa di San Tiziano del 2001). «Il Giubileo si conclude, ma il cammino iniziato deve continuare con rinnovato spirito missionario. Gli impegni più urgenti vorrei focalizzarli nella pastorale familiare e giovanile, condizione indispensabile anche per una ripresa di vocazioni al sacerdozio, al diaconato e alla vita religiosa e consacrata» (dall’omelia di chiusura del Giubileo del 5 gennaio 2001). Le vocazioni, la prima preoccupazione del Vescovo fin dal suo insediamento. L’età media del presbiterio nel 2002 è di 65,2 anni: il 30 settembre 2002 su 273 sacerdoti solo 43 avevano meno di 50 anni. Questi numeri hanno costretto ad impostare e avviare, sebbene con inevitabili fatiche, un piano di riorganizzazione della distribuzione del clero, tenendo conto che entro pochissimi anni 80 parrocchie saranno senza pastore residente.

L’impegno per le vocazioni

Tante energie sono state spese, in questi ultimi anni, per le proposte vocazionali. Nonostante le 21 ordinazioni sacerdotali compiute del 1998 al 2003, monsignor Magarotto col cuore in mano chiede alla Chiesa diocesana un maggiore sforzo: «Devo confessarvi – sottolinea nel messaggio per la Giornata del Seminario 2002 – che quasi non avrei voluto scrivervi questa lettera. Temo di annoiarvi o di essere controproducente con la mia insistenza sul tema delle vocazioni e del Seminario. Qualche volta mi sembra di essere una voce che grida nel deserto e non mi manca qualche momento di scoraggiamento (...) Abbiamo fatto tutto il possibile... per dare un’impronta vocazionale a tutte le attività formative?». E conclude con un’invocazione: «Signore perdona la nostra noncuranza e pigrizia, la nostra sfiducia, la paura che abbiamo di fare proposte vocazionali forti, chiare ed esigenti. A volte perfino dubitiamo che sia possibile percepire e accogliere le vocazioni sacerdotali fin da ragazzi mentre è certo che tu puoi chiamare a tutte le ore».

I momenti del dolore

Non possiamo dimenticare che questi ultimi anni sono stati segnati da gravi lutti nel presbiterio diocesano. Sono mancati preti nel fiore della maturità umana e sacerdotale. Tra gli altri don Armando Vanzella, mons. Giovanni De Nardo, don Roberto Lorenzon, don Mario Battistella, don Sisto Campo Dall’Orto. Quest’ultimo è morto poco dopo essere stato nominato delegato per la pastorale (dopo che per anni quest’incarico era rimasto in capo al vicario generale). «Don Sisto era un prete che ci voleva in diocesi, in questo momento, per tanti motivi e Tu ce l’hai tolto. Perché? La risposta la troviamo nelle tue parole, Signore. Tu hai detto: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche se muore vivrà”» disse il Vescovo in occasione del funerale di don Sisto il 17 luglio 2001. Nel giugno del 2003 monsignor Magarotto ha dato l’estremo saluto a un altro giovane sacerdote: don Lorenzo Dalla Betta. Dal 1999 gli era al fianco come segretario, oltre ad essere responsabile dell’Ufficio liturgico. «Ti abbiamo pregato tanto per la sua guarigione: dov’eri che non ci hai ascoltato? – disse commosso il Vescovo ai funerali celebrati in cattedrale –. Non siamo stati esauditi. Resta il mistero della tua divina volontà. Resta il nostro immenso dolore per questo lacerante distacco». Ai lutti si sono aggiunti fatti particolarmente dolorosi per il presbiterio e l’intera Chiesa diocesana. «Fratelli e sorelle, non vi nascondo la mia sofferenza e preoccupazione per il prolungato periodo di prova che sta attraversando il presbiterio diocesano, per la scomparsa di sacerdoti ancora validi e preziosi (...), per il faticoso lavoro formativo richiesto per condurre a sicura maturazione le nuove vocazioni, per problemi e situazioni che mettono a rischio la perseveranza nel dono ricevuto» (dall’omelia della Messa crismale dell’aprile 2000).

Nomine: mons. Poletto vescovo e mons. Pagotto vicario

A infondere nuova fiducia all’intera Chiesa diocesana arriva, il 6 settembre 2000, la notizia della nomina del vicario generale, monsignor Ovidio Poletto, a vescovo di Concordia-Pordenone. Chiuso il Giubileo, scelto il nuovo vicario generale nella persona di monsignor Guerrino Pagotto, il Vescovo, insieme agli organismi diocesani, individua le urgenze dell’inizio del nuovo millennio: la necessità di operare uniti (sulla scia dell’impegno “camminare insieme” assunto come conclusione del Convegno Ecclesiale del 1996) e il bisogno di un rilancio del compito missionario della Chiesa. Si insiste anche sulla ministerialità laicale: partono i primi corsi di formazione per animatori di liturgia, catechesi e carità. Dopo la scomparsa di don Sisto Campo Dall’Orto viene scelto come delegato per la pastorale don Francesco Toffoli (settembre 2001). Un posto di rilievo nel cuore del Vescovo lo riveste l’Azione Cattolica. Continuamente ne sottolinea l’importanza: «L’Ac non ha esaurito il suo compito! E per la nostra diocesi la ritengo di urgente attualità, soprattutto con riferimento al mondo giovanile, per la formazione cristiana delle nuove generazioni, per la più ampia promozione vocazionale» (dal messaggio di apertura all’Assemblea diocesana di Ac del 24 febbraio 2002).

Nuovi Beati della diocesi

Nel 2001 il Vescovo partecipa, in San Pietro, alla beatificazione del coneglianese padre Luigi Tezza (1841-1853) fondatore della Congregazione religiosa delle Figlie di San Camillo, e, due anni più tardi, del cappuccino Marco D’Aviano, difensore della cristianità, legato alla nostra diocesi per essere stato ospite dei conventi di Conegliano e Oderzo e per l’intensa attività di predicazione. Particolare devozione il Vescovo ha mostrato per un altro beato diocesano, fra’ Claudio Granzotto. Confidò, il 24 settembre 2000, ai fedeli riuniti nella chiesa di Santa Lucia di Piave per la celebrazione presente l’urna del beato: «Ricordo, la prima volta che entrai in questa chiesa, la forte impressione che mi fece quel diavolo che sostiene la pila dell’acqua santa. L’ho sempre in mente e mi fa ancora paura. Ci penso quando mi viene qualche tentazione. Ma ieri mattina nella chiesa di San Francesco a Vittorio Veneto, dopo essermi confessato, mi sono fermato a pregare davanti a due capolavori del beato Claudio, ivi custoditi. Sant’Antonio morente, in contemplazione con il suo volto luminoso, quasi già vedesse Dio. Cristo morto, in attesa della risurrezione. Sublime! Con il volto proteso verso l’infinito, verso Dio!». Altro testimone della fede diocesano particolarmente stimato dal Vescovo è il venerabile Giuseppe Toniolo. È stato istituito un Comitato per la beatificazione e, in suo onore, la chiesa di Pieve, dove riposa, è stata eretta a duomo. Proprio negli ultimi tempi del suo episcopato, monsignor Magarotto ha potuto assistere all’apertura, a Belluno, della causa di beatificazione di un suo illustre predecessore sulla cattedra di San Tiziano: monsignor Albino Luciani, per 33 giorni papa col nome di Giovanni Paolo I. Sempre nel 2003 la diocesi ha potuto pregare davanti all’urna di santa Teresa del Bambin Gesù, che per un giorno è stata esposta in cattedrale. La giovane santa, «che non ha concesso nulla alla mediocrità», è stata indicata dal Vescovo come modello di totale dedicazione a Cristo e come affermazione del primato di Dio su tutte le cose.

L’ultimo tratto del cammino

Nei suoi anni di permanenza a Vittorio Veneto monsignor Magarotto ha costantemente prestato attenzione ai problemi sociali del territorio. Pensiamo ai ripetuti inviti all’accoglienza degli immigrati, al sostegno alle iniziative a favore degli emarginati (vedi l’apertura della Casa della Provvidenza a Vittorio o la marcia al fianco di don Oreste Benzi a Conegliano, lungo la Pontebbana, per richiamare l’attenzione sul grave problema della prostituzione e della tratta delle donne immigrate), alla vicinanza alle popolazioni della bassa diocesi colpite da calamità naturale nel dicembre 2002. Ma anche i grossi eventi internazionali hanno trovato eco nelle parole del Vescovo: ricordiamo l’attenzione verso la Terra Santa, visitata in segno di solidarietà in un periodo alquanto difficile, e la sollecitazione alla recita del rosario a inizio 2003 all’addensarsi di nuove nubi di guerra. Il 21 settembre 2003, presiedendo per l’ultima volta l’avvio dell’anno pastorale, il vescovo Alfredo ha consegnato alla diocesi una sorta di “testamento pastorale”: «Non basta avere chiari obiettivi e convergenti intenti perché il nostro lavoro pastorale produca frutti di bene: è necessario che sia costantemente illuminato dalla Parola di Dio ascoltata personalmente e comunitariamente, e venga sostenuto dalla preghiera e dalla grazia dei sacramenti». E qui ritorna un appello che ha costantemente accompagnato il magistero del Vescovo: il primato della vita interiore e della santità a cui è chiamato ogni battezzato, e quindi i frequenti richiami alla preghiera e alla vita sacramentale. Nella stessa occasione accennò al dibattito in corso all’interno della Chiesa italiana sull’anticipazione della Cresima, per valide ragioni teologiche, prima della Comunione eucaristica. È questa una delle consegne che il vescovo Magarotto lascia al suo successore, don Giuseppe Zenti, del clero veronese, che il prossimo 1º febbraio farà il suo ingresso nella diocesi di Vittorio Veneto.

Federico Citron

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