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DIOCESI: digitale, opportunità ma anche rischi

Se n’è parlato alla Settimana Sociale

DIOCESI: digitale, opportunità ma anche rischi

La diciottesima edizione della Settimana Sociale, svoltasi dal 22 al 26 febbraio, è stata anzitutto un’opportunità per sperimentare un formato interamente online: scelta obbligata dalla pandemia, ma anche la prova di un’interessante modalità per raggiungere persone oltre i confini della diocesi e al di là dell’attestato pubblico degli “affezionati” delle precedenti edizioni. In tal modo si è parlato della digitalizzazione, ma già abitandola. 

Potenzialità

Rispetto ai contenuti delle tre serate, è emersa anzitutto la consapevolezza delle grandi potenzialità rappresentate dal mondo digitale e dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale. È possibile un “di più” di umanizzazione usando correttamente della tecnologia, a patto che non sia dimenticata l’etica, da porre a monte della progettazione delle macchine, le quali devono servire alla promozione dell’uomo, non ad un asservimento ad esse. Proprio in questi giorni, ricorre il primo anniversario della Rome Call for A.I. Ethics (28 febbraio 2020): una iniziativa promossa dalla Santa Sede tramite la Pontificia Accademia per la Vita, con un documento sottoscritto anche da Microsoft, IBM, FAO e Governo italiano, in cui si esprime l’impegno a rendere centrale l’aspetto etico nello sviluppo dell’intelligenza artificiale.

Rischi

Insieme alle potenzialità positive del digitale e della tecnologia avanzata, sono emerse con chiarezza anche alcune criticità, che possono diventare altrettanti fronti di impegno per ricondurre le questioni dentro una evoluzione virtuosa, proprio nel solco dell’etica. Fra questi aspetti più critici il rischio di una accentuata disparità nella distribuzione delle ricchezze - ed è già, purtroppo, un dato constatabile - per cui l’uso della tecnologia favorisce pochi, sempre più ricchi, e aumenta il divario con i molti, sempre più sfruttati e in situazione di emarginazione o indigenza, “parcheggiati” a lato di ogni possibile partecipazione ai benefici tecnologici ed economici, che l’applicazione dell’intelligenza artificiale può produrre. In questo caso, il rischio è che il digitale non rappresenti una “connessione” sociale, ma piuttosto il suo contrario! Un ulteriore rischio è rappresentato, poi, dalla marginalizzazione degli operatori non specializzati, tagliati fuori da possibili ruoli apicali, spesso costretti al compito di mera esecuzione di input dettati dai sistemi produttivi e dalle macchine: una vera e propria disumanizzazione del lavoratore, ridotto alla sua forza fisica, oscurando ciò che propriamente lo caratterizza come uomo, vale a dire la sua intelligenza e creatività. Un altro aspetto problematico: il digitale come luogo delle reazioni immediate, della comunicazione senza argomentazione, non-luogo in cui prolifera l’“ignorante post-moderno”. Il rischio è quello che, con l’imporsi dell’intelligenza artificiale, l’uomo abdichi all’impiego della sua intelligenza e deleghi a pochi (manipolatori) il compito di pensare e dirigere il destino di un’umanità ridotta, per la maggior parte, a passivismo e acriticità, in una marcata “disconnessione” tra pensiero e azione.

Cantieri di lavoro

Da queste premesse, esordiscono alcuni fondamentali cantieri di lavoro che la Settimana Sociale lascia aperti, ma che costituiscono un appello alla responsabilità istituzionale e personale, per riallacciare “connessioni virtuose”. In primo luogo, l’appello a valorizzare la formazione scolastica ed accademica, ma anche quella informale, che passa attraverso le relazioni di prossimità (famiglia, gruppi di pari, spazi della gratuità). Restare connessi nei legami fondamentali e recuperare il senso di essere comunità, dove ciascuno può esprimersi con un proprio pensiero e con un proprio valore, diventa un primo modo per consolidare un background culturale che permetta di dare opportune chiavi di lettura anche alla trasformazione digitale che stiamo vivendo.

In secondo luogo, i compiti che come Chiesa ci aspettano. Un compito di demistificazione, anzitutto, aiutando le nostre comunità ad evitare gli estremi: da un lato, il sospetto verso ogni novità, con la paura e il conseguente rifiuto dell’intelligenza artificiale; dall’altro lato, una supina accettazione di tutto quello che la tecnica rende possibile. Ci aspetta poi un compito di educazione, creando quel “contro-ambiente” di intermediazione, di lettura ed interpretazione della realtà che si risolva in una partecipazione di tutti alla costruzione del bene comune e alle necessarie assunzioni di responsabilità verso questo bene, riconoscendo nel dialogo e nei legami umani la condizione della sua realizzazione (cfr. l’enciclica Fratelli Tutti). In ultima battuta, ci aspetta, anche nell’ambito del digitale, un compito di evangelizzazione, stando a fianco di chi pensa, progetta, abita la realtà dell’intelligenza artificiale e il mondo del lavoro in cui queste risorse sono applicate. Ci è chiesto di essere anche in questo “Chiesa in uscita”, che non sta a guardare alla finestra, salvo poi dire che “così le cose non vanno bene”. Abitare il mondo 4.0 non è impossibile e, dove questo avviene, porta un vantaggio a tutti: alla Chiesa, che non tradisce il suo mandato missionario; alla tecnologia, che riscopre le sue potenzialità positive; all’uomo, che è aiutato a restare sé stesso e far fiorire la sua migliore umanità.

Don Andrea Forest Delegato vescovile dell’Ufficio diocesano per Pastorale sociale, Lavoro, Giustizia, Pace e Salvaguardia del creato

Nell'Azione di domenica 7 marzo due pagine sulla Settimana Sociale.

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