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DIOCESI: turismo innestato nell’esperienza religiosa

Don Miotto sul fenomeno del turismo religioso

DIOCESI: turismo innestato nell’esperienza religiosa

Cresce nella nostra diocesi, come nel resto d’Italia, l’attenzione e l’interesse per il turismo religioso. Che è altra cosa rispetto al pellegrinaggio ma anche rispetto al turismo culturale. Perché ha sì come modello-base il turismo ma innestato nell’esperienza religiosa che ne trasforma la qualità, la finalità, i ritmi e lo stile di attuazione. «Non vogliamo assolutamente trasformare le chiese in musei – spiega don Mirco Miotto, delegato vescovile per l’arte sacra – ma consegnarle agli uomini e alle donne di oggi come espressione della fede di chi ci ha preceduto. I primi destinatari delle iniziative di apertura e visita di luoghi sacri sono i residenti nel territorio affinché si riapproprino delle chiese che sono state edificate e arricchite, per fede, dagli avi».

In quest’ottica, è determinante il modo di porsi di coloro che forniscono informazioni o guidano le visite. «Ancor prima del valore artistico dell’opera conta la sua contestualizzazione, la motivazione per cui è stata realizzata, il suo significato teologico – prosegue don Miotto –. Prendiamo un esempio concreto: la pieve di San Pietro di Feletto. La signora Chiara, che da anni accoglie i visitatori, prima di illustrare artisticamente il San Sebastiano che si trova nel battistero, spiega chi era San Sebastiano e perché l’opera si trova in quel posto. E così fa con gli altri affreschi. Un altro esempio: spesso gli altari sono legati a un voto, allora partiamo dal voto per presentare la pala di un pittore più o meno noto. In questo modo si tramanda la fede e le opere d’arte diventano testimonianza di una Chiesa viva».

Non è casuale che la crescita del turismo religioso avvenga in questo tempo storico segnato da un forte bisogno di spiritualità, di consolazione e di cultura delle radici. La frequentazione dei luoghi in cui si è cercato, nel corso dei secoli, di dare forma alla dimensione religiosa dell’uomo risponde alla connaturale aspirazione al divino. «Nell’ambito dei laboratori liturgici – sottolinea don Miotto – proponiamo un incontro dedicato ai luoghi liturgici delle chiese – battistero, altare, ambone... – per metterne in evidenza la verità simbolica. Ebbene, i partecipanti sono entusiasti di questa proposta e al termine esprimono grande meraviglia».

Per evitare che il turismo religioso si riduca a turismo culturale è necessario che sia integrato nella pastorale ordinaria: «Pensiamo solo alle potenzialità dell’arte per la catechesi dei bambini, dei ragazzi e pure degli adulti – afferma don Miotto –. Ci sono alcune esperienze interessanti in questa direzione».

Infine don Miotto mette in rilievo come la promozione della conoscenza dei luoghi sacri «diventa occasione per promuovere restauri e interventi di valorizzazione». Iniziative sicuramente lodevoli al fine di mantenere opere di valore artistico, ma di ancor maggior significato se promosse da comunità che sentono il luogo sacro come la propria casa.

Federico Citron

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