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Da Cracovia al Sinodo: il futuro della Chiesa passa da qui

Sarà dedicato ai giovani il prossimo Sinodo convocato da Papa Francesco. Da Cracovia al 2018, la Chiesa scommette su di loro.

Da Cracovia al Sinodo: il futuro della Chiesa passa da qui

Il parco Blonia, zuppo di pioggia così come i suoi abitanti per una notte. “Io vi domando, voi rispondete: le cose si possono cambiare?”, chiede Papa Francesco. La risposta non si fa certo attendere, e suona in tante lingue quanti sono i Paesi da cui viene la “ola”: “Sì”. “La Chiesa oggi vi guarda, il mondo oggi vi guarda e vuole imparare da voi”. Nessuno sa se nella mente del Papa c’era già il Sinodo dei giovani: ma di certo, a Cracovia, l’estate scorsa abbiamo assistito ad un’anteprima d’eccezione, che in qualche modo ne ha già tracciato il percorso.

Dopo il Sinodo in due tempi dedicato alla famiglia, un’altra “prima assoluta” di Francesco, il 2018 sarà l’anno in cui la Chiesa universale è chiamata a raccolta per i giovani. E la preparazione comincia già con il 2017 che stiamo per inaugurare, con il documento preparatorio – i “Lineamenta” – che sarà inviato a tutti gli episcopati del mondo, unitamente ad un Questionario – come è stato fatto per la famiglia in occasione del Sinodo precedente – per consultare la “base” in forma diretta e avere da diocesi, parrocchie, associazioni e movimenti un identikit di coloro a cui appartiene il futuro della comunità ecclesiale e della stessa famiglia.

“I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, sarà il tema del secondo Sinodo dei giovani convocato da Papa Francesco in quattro anni di pontificato. Quando, a ottobre 2016, il Papa ha dato l’annuncio del tema scelto per il Sinodo del 2018, lo ha definito “in continuità” con quanto emerso dalle Assemblee sinodali sulla famiglia (2014 e 2015) e con l’esortazione post-sinodale “Amoris Laetitia”. L’obiettivo è chiaro:

“Accompagnare i giovani nel loro cammino esistenziale verso la maturità affinché, attraverso un processo di discernimento, possano scoprire il loro progetto di vita e realizzarlo con gioia, aprendosi all’incontro con Dio e con gli uomini e partecipando attivamente all’edificazione della chiesa e della società”.

Il questionario sarà certo di grande aiuto per fotografare l’esistente, con gli accenti e le sfumature diverse, a volte anche nette e perentorie, tra i vari Continenti, e all’interno di essi tra le Chiese di antica tradizione – quelle forse più a corto d’ossigeno in quanto alle percentuali di partecipazione attiva, in prima fila la “vecchia” Europa – e quelle che possono vantare una maggiore vitalità e freschezza di testimonianza della fascia “under 35”, come nel caso di Asia e Africa.

Ma i giovani, si sa, sono allergici alle percentuali e vivono di eccezioni: così, il Sinodo del 2018 potrà forse essere l’occasione per sfatare alcuni pregiudizi e magari dare maggiore titolarità al “popolo giovane” della Chiesa, quello che risente di più di alcune sue letture superficiali e banalizzanti da parte della galassia dei – cosiddetti – adulti.

Papa Francesco è un maestro in questa “cultura dell’incontro”: anche all’interno di folle oceaniche come quelle della Gmg di Cracovia è capace di guardare ciascuno dritto negli occhi. Come ha fatto con gli affacci a sorpresa dalla finestra dall’arcivescovado di Via Franciszkanka, la stessa da cui si affacciava Giovanni Paolo II. Nel primo ha ricordato Maciek, un giovane volontario che doveva essere lì ma non ce l’ha fatta perché stroncato a 20 anni da un tumore. Il Papa lo ha chiamato per nome e ha chiesto ai giovani, per un momento, di alzare lo sguardo e di non aver paura di guardare la vita, ma non dal balcone o dal divano del salotto: la vita è così, un giorno ci siamo e l’altro chissà. Perché la vita passa da qui, più che dagli schermi asettici di uno smartphone, e ha bisogno di “giovani con le scarpe” che lascino un’impronta, che sappiano giocare in campo da titolari e non da riserve.

I sogni e il realismo cristiano. E’ questo il binomio più amato dal Papa per descrivere l’universo giovanile, ai quali non fa mai sconti e chiede di declinare in senso alto la speranza cristiana, che non è mai utopica ma si nutre della concretezza della vita. I giovani sono il futuro, sono i sognatori per eccellenza, ma spesso hanno bisogno di una “bussola” per decifrare lo spessore delle loro situazioni esistenziali , misurare le difficoltà, addomesticare i desideri, tenere a bada le paure e pesare le aspettative.

Il prossimo Sinodo, insomma, potrebbe essere l’occasione per dimostrare che i giovani non sono una categoria, ma una fascia di età, fatta di volte e storie diverse, in cui c’è tutta la ricchezza della vita, con le sue gioie, le sue fatiche e le sue contraddizioni.

La Chiesa è pronta ad accompagnarli, ma anche a imparare da loro. A partire dal suo – e dal loro – “padre”, che in più occasioni ha esortato i pastori a “stare dietro”, oltre che davanti e in mezzo, alla gente. Ai giovani il ruolo di apripista, magari anche con diritto di parola all’appuntamento del 2018.

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