Ecco i marchi da guardare con sospetto quando si fa la spesa
Il presidente Martino Cerantola: “il consumatore deve sapere cosa acquista per poter scegliere”.
“Il consumatore deve poter scegliere con consapevolezza quando va a fare la spesa. Con l’attuale normativa sull’origine dei prodotti, però, viene mascherato come italiano ciò che non ci appartiene. Ed il danno è immenso per le nostre produzioni locali, per l’economia e per migliaia di posti di lavoro che se ne vanno a causa dei prodotti che arrivano dall’estero, dove i controlli sono ben diversi dai nostri e, chiaramente, la freschezza non può essere garantita”. Con queste parole il presidente provinciale di Coldiretti Vicenza, Martino Cerantola, interviene per far riflettere i consumatori sulla vicenda latte, dopo il presidio alla Lactalis di Ospedaletto Lodigiano, ad una settimana di distanza, e le manifestazioni dei giorni scorsi a Mestre ed in molte altre città italiane, nonché a Roma, dove il mondo dell’industria si è preso gioco per l’ennesima volta degli allevatori proponendo un aumento di un centesimo sul latte acquistato.
“La nostra battaglia proseguirà ad oltranza – sottolinea il presidente Cerantola – in quanto non possiamo tollerare che chi produce continui ad essere la vittima della filiera, pur dovendo sostenere, da solo, tutti i rischi connessi all’attività d’impresa. Dalla stalla alla tavola, infatti, il prezzo del latte quadruplica. Ed analogamente avviene per molti altri prodotti, dei quali il consumatore, per effetto dell’acquisizione dei marchi italiani da parte di colossi industriali stranieri, non immagina neppure lontanamente la reale origine”. Nell’immaginario del cittadino, infatti, i prodotti con marchio italiano continuano ad essere realizzati con le metodologie originarie, sebbene la realtà dei fatti contraddica in toto questa illusione.
“Il profitto è alla base dell’industria straniera – aggiunge il presidente Cerantola – che non ha minimamente in animo di puntare sulla qualità sacrificando parte del guadagno. E così sottopagare la materia prima diventa la priorità per questi gruppi industriali che rappresentano dei veri potentati. È giunto il momento che anche i consumatori si ribellino a questo sistema che prende in giro chi produce, ma non di meno chi porta in tavola i prodotti acquistati, non certo volutamente, senza sapere da dove provengono, nei supermercati”. Nella tabella che riassume i Marchi del made in Italy che non c’è più è possibile scoprire amaramente solo una parte dei prodotti ritenuti italiani, ma che non ci appartengono più. “In questo momento è più che mai importante che i consumatori quando vanno a fare la spesa leggano bene le etichette – conclude il presidente Martino Cerantola – in quanto i messaggi spesso ci sono, ma occorre soffermarsi a lettere con attenzione. Dobbiamo tutti ricordare, infatti, che il momento della spesa deve essere considerato un momento in cui si inizia a prendersi cura della propria salute e per questo richiede il tempo che la nostra vita merita”.
Marchi del made in Italy che non c’è più
Anno 2013
• Chianti Classico (per la prima volta un imprenditore cinese ha acquistato un’azienda agricola del Gallo nero)
• Riso Scotti (il 25% è stato acquisito dalla multinazionale spagnola Ebro Foods)
Anno 2012
• Pelati AR - Antonino Russo (nasce una nuova società denominata Princes Industrie Alimentari Srl, controllata al 51% dalla Princes, controllata dalla giapponese Mitsubishi)
• Star (passata al 75% nelle mani spagnole del Gruppo Agroalimen di Barcellona - Gallina Blanca)
• Eskigel (produce gelati in vaschetta per la grande distribuzione - Panorama, Pam, Carrefour, Auchan, Conad, Coop). Ceduta agli inglesi con azioni in pegno di un pool di banche.
2011
• Parmalat (acquisita dalla francese Lactalis)
• Gancia (acquisita al 70% dall’oligarca russo Rustam Tariko)
• Fiorucci Salumi (acquisita dalla spagnola Campofrio Food Holding S.L.)
• Eridania Italia Spa (la società dello zucchero ha ceduto il 49% al gruppo francese Cristalalco Sas)
2010
• Boschetti Alimentare (cessione alla francese Financière Lubersac che detiene il 95%)
• Ferrari Giovanni Industria Casearia Spa (ceduto il 27% alla francese Bongrain Europe Sas)
2009
• Delverde Industrie Alimentari Spa (la società della pasta è divenuta di proprietà della spagnola Molinos Delplata Sl, che fa parte del gruppo argentino Molinos Rio de la Plata)
2008
• Bertolli (venduta a Unilever, poi acquisita dal gruppo spagnolo SOS)
• Rigamonti Salumicio Spa (divenuta di proprietà dei brasiliani attraverso la società olandese Hitaholb International)
• Orzo Bimbo (acquisita da Nutrition&Santè S.A. del gruppo Novartis)
• Italpizza (ceduta all’inglese Bakkavor acquisitions limited)
2006
• Galbani (acquisita dalla francese Lactalis)
• Carapelli (acquisita dal gruppo spagnolo SOS)
• Sasso (acquisita dal gruppo spagnolo SOS)
• Fattorie Scaldasole (venduta a Heinz, poi acquisita dalla francese Andros)
2003
• Peroni (acquisita dall’azienda sudafricana SABMiller)
• Invernizzi (acquisita dalla francese Lactalis, dopo che nel 1985 era passata alla Kraft)
1998
• Locatelli (venduta a Nestlè, poi acquisita dalla francese Lactalis)
• San Pellegrino (acquisita dalla svizzera Nestlè)
1995
• Stock (venduta alla tedesca Eckes A.G., poi acquisita dagli americani della Oaktree Capital Management)
1993
• Antica Gelateria Del Corso (acquisita dalla svizzera Nestlè)
1988
• Buitoni (acquisita dalla svizzera Nestlè)
• Perugina (acquisita dalla svizzera Nestlè)
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