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FACOLTA' TEOLOGICA DEL TRIVENETO: inaugurazione nuovo anno accademico con Pessina

Lo scorso 8 marzo, a Padova, si è parlato di intelligenza artificiale e condizione umana

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FACOLTA' TEOLOGICA DEL TRIVENETO: inaugurazione nuovo anno accademico con Pessina

Si è svolta lo scorso 8 marzo l’inaugurazione del diciottesimo anno accademico della Facoltà teologica del Triveneto di Padova. A tenere la prolusione è stato il prof. Adriano Pessina (nella foto, il secondo da destra), ordinario di Filosofia morale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che ha affrontato un tema di stretta attualità: “Intelligenza artificiale e condizione umana. Questioni aperte”.

Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno cambiato i nostri stili di vita: la dimensione onlife descrive una condizione umana in cui i confini della realtà sono dilatati dagli spazi informazionali della rete. La nostra autonomia tecnologica però è l’altra faccia di una dipendenza: l’essere oggetto di una quotidiana classificazione, che monitora ogni nostra pur minima attività, trasformandoci in una invisibile merce di scambio, che alimenta il processo economico che ci fa godere della presunta gratuità della rete.

«Ogni delega tecnologica – ha affermato Pessina – è una delega a qualcuno che si trova altrove e segna una nuova forma di sottile e pervasiva eteronomia». Il dibattito sulle fake news e sulla post-verità «ci ha fatto capire di essere molto più creduli di quanto avremmo immaginato nell’epoca della pretesa emancipazione culturale da ogni forma di autorità e potere». L’altrove, appunto, è stato il filo conduttore del ragionamento: «La nostra esperienza umana è sempre più condizionata dall’irrompere nella nostra vita di ciò che è altrove. La continua presenza di ciò che assente è, oramai, la cifra della silenziosa trasformazione del nostro vivere».

Il tempo della pandemia è stato un acceleratore delle nuove pratiche tecnologiche: i social e le piattaforme come Zoom o Teams hanno permesso di superare le barriere spazio-temporali; il Metaverso ora segna la stagione della simulazione sensoriale, visiva, uditiva e in parte tattile in un ambiente virtuale tridimensionale. Questa nuova presenza di ciò che è altrove, ma che condiziona la nostra storia personale, configura quel “luogo improprio” che è l’ambiente digitale: «Un luogo in cui apparire e far apparire, governato da software che espongono e ci espongono, in una sequenza senza tempo di rappresentazioni, immagini e suoni, in cui tutto è reversibile». È importante capire non soltanto che cosa facciamo con le nuove tecnologie, ma che cosa esse fanno di noi.

Pessina cita Luciano Floridi, secondo cui l’onlife sta di fatto profilando una nuova concezione dell’umano, sintetizzata nel neologismo Inforg (fusione delle parole informazione e organismo), che pensa l’uomo come un “ente informazionale” che, come tale, agisce, opera e si sviluppa, attraverso il mondo informazionale che egli stesso sta generando con l’intelligenza artificiale. «Se si accetta questa prospettiva, come cambierà, allora, il nostro rapporto con i luoghi e i tempi della vita empirica? Come si trasformeranno le relazioni umane sostituite dalle connessioni tecnologiche? Non sono domande alle quali si possa rispondere in modo univoco – afferma Pessina – ma restano domande decisive».

Il docente della Cattolica ha proposto quindi una digressione teologico-filosofica che, accogliendo e sviluppando le proposte di Floridi, è giunta ad affermare che ciò che si sta oggi profilando, o meglio consolidando, è una nuova era storica, che Pessina definisce della disincarnazione dell’esperienza umana. «Un’epoca in cui diventa sempre più rilevante ciò che non ha a che fare con la carne, cioè con la condizione corporea, fisica dell’uomo. Per privare di significato lo spirito è sufficiente trasformare l’uomo in una generica macchina informazionale che si connette e si relaziona con tutto senza implicare lo scoglio della sostanza individuale, della soggettività personale».

Ma non c’è esperienza umana senza carne: nessun vivente può abitare uno spazio digitale. «Questa digressione, ovviamente, non legittima alcuna condanna teologica o filosofica della tecnologia – ha precisato – ma impone un ridimensionamento delle sue promesse e delle sue funzioni. Cercare nella rete ciò che non possiamo trovare nella realtà e viceversa, modulare la realtà in funzione della rete e delle nuove tecnologie, – ha concluso – comporta decisamente una perdita di realismo. Ma anche una perdita di carne e di incanto e, forse, di umanità».

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