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IMPRESE: gli effetti della pandemia sul manifatturiero

Indagine sulle imprese del trevigiano e del bellunese

IMPRESE: gli effetti della pandemia sul manifatturiero

Dopo diverse stime e previsioni, la consueta indagine congiunturale sul manifatturiero, realizzata da Unioncamere del Veneto, ci permette di fornire prime, importanti evidenze di come sta impattando l’emergenza Covid-19 nel comparto industriale regionale e delle due province di competenza. I dati sono raccolti da un campione statistico regionale di quasi 2.000 imprese con almeno 10 addetti, cui fanno riferimento oltre 74.000 addetti. Il sotto campione trevigiano è composto da 417 imprese per oltre 13.000 addetti; quello bellunese è composto da 74 imprese per oltre 2.500 addetti.

Sospese e non sospese per effetto del lockdown

Alle imprese di questo campione, considerato l’avvio del lockdown nel periodo in esame, è stato chiesto se sono state interessate da sospensione di attività. A livello regionale le imprese che hanno dichiarato la sospensione dell’attività sono state circa il 73% del campione: un 63% in base alle disposizioni governative, un 10% per scelta. Chi ha chiuso per scelta probabilmente lo ha fatto per le ragioni più volte ricordate quando proponevamo alcune avvertenze di lettura alle stime sulle imprese in lockdown: cali della domanda, criticità negli approvvigionamenti e nelle lavorazioni terziste, ragioni organizzative funzionali a garantire sicurezza nei luoghi di lavoro. Di necessità, questa disarticolazione dei mercati e delle filiere ha indotto le imprese, fra loro interconnesse, ad una chiusura sincrona. 

Situazione speculare si è verificata all’interno del gruppo di imprese (27% del campione) che hanno dichiarato di non essere state interessate dalla sospensione delle attività: una su tre di queste imprese ha potuto tenere aperto grazie al meccanismo della deroga agli obblighi di sospensione. I settori che maggiormente sono riusciti a proseguire l’attività in deroga sono stati quello della carta-stampa e dei macchinari industriali (in particolare quelli a supporto della filiera agroalimentare). L’industria alimentare, come ovvio attendersi, ha meno risentito del blocco delle attività, per quanto un 24% di imprese del settore (il dato fa riferimento al campione regionale) abbia dichiarato la sospensione per scelta (avrà pesato, oltre alle ragioni sopra elencate, anche la connessione con particolari attività, bloccate, della somministrazione alimentare).

A Belluno e a Treviso la quota delle imprese con attività sospese è risultata del 78%. Una parte dell’occhialeria, per quanto attività assentita, ha scelto comunque di sospendere le attività. A Treviso hanno pesato due settori rilevanti come il legno-arredo e il sistema moda, quasi completamente interessati dal blocco per decreto (almeno fino alla ripartenza dell’industria del legno), con immaginabili effetti a cascata su fornitori e terzisti operanti in altri settori collegati (ad esempio: lavorazioni inox per le cucine).

Le dinamiche congiunturali al tempo del Covid-19

I dati, nudi e crudi, sono i seguenti: guardando al campione nel complesso, la produzione industriale ha conosciuto una contrazione del -9% rispetto al trimestre precedente per tutti i livelli territoriali considerati. Per le attività sospese la contrazione è stata del -14,3% a Treviso, e di oltre il -12% sia a Belluno che a livello regionale. Una caduta che si riverbera in modo analogo nelle variazioni tendenziali (rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso): per trovarne di pari intensità bisogna risalire al 2009.

Non fanno festa nemmeno le imprese appartenenti al gruppo delle “non sospese”. Al netto infatti di qualche rimbalzo congiunturale a loro favore (in particolare a Treviso: +4,6%), è la piattezza delle variazioni tendenziali che dà la conferma di uno stallo complessivo del comparto. A livello regionale (per prendere il dato statisticamente più significativo) la variazione su base annua della produzione, riferita alle “non sospese”, risulta del -0,1%.

Il grado di utilizzo degli impianti crolla al 62,5% (per Treviso) e al 65,4% per Belluno: in entrambe le province perde quasi 10 punti rispetto al trimestre precedente e si assottiglia visibilmente l’intervallo di confidenza (il che significa che quasi tutte le imprese versano nella stessa situazione). Anche in questo caso bisogna risalire al 2009 per trovare cadute analoghe dell’indicatore.

I dati sul fatturato confermano il quadro (e forse lo connotano in termini ancor più gravi). La caduta congiunturale è del -10,3% a Treviso (-15,5% per le sospese), del -11,3 a Belluno (con in negativo anche le “non sospese”); del -8,6% in Veneto (-12% le sospese; -3% le non sospese). Le variazioni tendenziali vanno a ricalco, come per la produzione (così si muovono quando è netta e rapida la discontinuità con il passato). Non fa testo la variazione tendenziale molto positiva di Belluno, generata da un sub-insieme di sole 20 imprese, non statisticamente significativo.

Più differenziata la situazione relativa alla raccolta degli ordinativi. La provincia di Belluno, grazie probabilmente alla proiezione all’estero dell’occhialeria, riesce a registrare un incremento degli ordinativi: del +2,6% su base trimestrale e del +0,9% su base tendenziale annua (incremento che interessa anche le “sospese”). A Treviso invece, in linea con il dato regionale, la raccolta ordini è in forte flessione sia su base trimestrale (-8,2%) che su base tendenziale annua (-7,1%), salvo un minimo di tenuta per le “non sospese” (+1,1%). A pesare molto è la caduta degli ordini dal mercato interno (quasi nell’ordine del -10% a Treviso, ma anche in Veneto). In contrazione però anche la raccolta ordini dall’estero, particolarmente significativa per Treviso su base trimestrale (-5,6%).

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