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ITALIA: le parole d'ordine di Draghi

Oggi il primo discorso da presidente del Consiglio

ITALIA: le parole d'ordine di Draghi

Proponiamo alcuni stralci del primo intervento da presidente del Consiglio di Mario Draghi questa mattina in Senato. 

Responsabilità - «Il primo pensiero che vorrei condividere, nel chiedere la vostra fiducia, riguarda la nostra responsabilità nazionale. Il principale dovere cui siamo chiamati, tutti, io per primo come presidente del Consiglio, è di combattere con ogni mezzo la pandemia e di salvaguardare le vite dei nostri concittadini. Una trincea dove combattiamo tutti insieme. Il virus è nemico di tutti. Ed è nel commosso ricordo di chi non c’è più che cresce il nostro impegno». […] Il Governo farà le riforme ma affronterà anche l’emergenza. Non esiste un prima e un dopo. Siamo consci dell’insegnamento di Cavour: “Le riforme compiute a tempo, invece di indebolire l’autorità, la rafforzano”. Ma nel frattempo dobbiamo occuparci di chi soffre adesso, di chi oggi perde il lavoro o è costretto a chiudere la propria attività. […] Si è discusso molto sulla natura di questo governo. La storia repubblicana ha dispensato una varietà infinita di formule. Nel rispetto che tutti abbiamo per le istituzioni e per il corretto funzionamento di una democrazia rappresentativa, un esecutivo come quello che ho l’onore di presiedere, specialmente in una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo, è semplicemente il governo del Paese. Non ha bisogno di alcun aggettivo che lo definisca. Riassume la volontà, la consapevolezza, il senso di responsabilità delle forze politiche che lo sostengono alle quali è stata chiesta una rinuncia per il bene di tutti, dei propri elettori come degli elettori di altri schieramenti, anche dell’opposizione, dei cittadini italiani tutti. Questo è lo spirito repubblicano di un governo che nasce in una situazione di emergenza raccogliendo l’alta indicazione del capo dello Stato».

Futuro - «La durata dei governi in Italia è stata mediamente breve ma ciò non ha impedito, in momenti anche drammatici della vita della nazione, di compiere scelte decisive per il futuro dei nostri figli e nipoti. Conta la qualità delle decisioni, conta il coraggio delle visioni, non contano i giorni. Il tempo del potere può essere sprecato anche nella sola preoccupazione di conservarlo. Oggi noi abbiamo, come accadde ai governi dell’immediato Dopoguerra, la possibilità, o meglio la responsabilità, di avviare una Nuova Ricostruzione. […] A quella Ricostruzione collaborarono forze politiche ideologicamente lontane se non contrapposte. Sono certo che anche a questa Nuova Ricostruzione nessuno farà mancare, nella distinzione di ruoli e identità, il proprio apporto. Questa è la nostra missione di italiani: consegnare un Paese migliore e più giusto ai figli e ai nipoti. Spesso mi sono chiesto se noi, e mi riferisco prima di tutto alla mia generazione, abbiamo fatto e stiamo facendo per loro tutto quello che i nostri nonni e padri fecero per noi, sacrificandosi oltre misura. È una domanda che ci dobbiamo porre quando non facciamo tutto il necessario per promuovere al meglio il capitale umano, la formazione, la scuola, l’università e la cultura. Una domanda alla quale dobbiamo dare risposte concrete e urgenti quando deludiamo i nostri giovani costringendoli ad emigrare da un paese che troppo spesso non sa valutare il merito e non ha ancora realizzato una effettiva parità di genere. Una domanda che non possiamo eludere quando aumentiamo il nostro debito pubblico senza aver speso e investito al megFlio risorse che sono sempre scarse. Ogni spreco oggi è un torto che facciamo alle prossime generazioni, una sottrazione dei loro diritti. Esprimo davanti a voi, che siete i rappresentanti eletti degli italiani, l’auspicio che il desiderio e la necessità di costruire un futuro migliore orientino saggiamente le nostre decisioni. Nella speranza che i giovani italiani che prenderanno il nostro posto, anche qui in questa aula, ci ringrazino per il nostro lavoro e non abbiano di che rimproverarci per il nostro egoismo».

Scuola - «La diffusione del Covid ha provocato ferite profonde nelle nostre comunità, non solo sul piano sanitario ed economico, ma anche su quello culturale ed educativo. Le ragazze e i ragazzi hanno avuto, soprattutto quelli nelle scuole secondarie di secondo grado, il servizio scolastico attraverso la Didattica a Distanza che, pur garantendo la continuità del servizio, non può non creare disagi ed evidenziare diseguaglianze. Un dato chiarisce meglio la dinamica attuale: a fronte di 1.696.300 studenti delle scuole secondarie di secondo grado, nella prima settimana di febbraio solo 1.039.372 studenti (il 61,2% del totale) ha avuto assicurato il servizio attraverso la Didattica a Distanza», ha detto il Presidente del Consiglio. «Non solo dobbiamo tornare rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie, ma dobbiamo fare il possibile, con le modalità più adatte, per recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno in cui la didattica a distanza ha incontrato maggiori difficoltà. Occorre rivedere il disegno del percorso scolastico annuale. Allineare il calendario scolastico alle esigenze derivanti dall’esperienza vissuta dall’inizio della pandemia. Il ritorno a scuola deve avvenire in sicurezza. […] Infine è necessario investire nella formazione del personale docente per allineare l’offerta educativa alla domanda delle nuove generazioni. In questa prospettiva particolare attenzione va riservata agli ITIS (istituti tecnici)».

Sanità - «Il punto centrale è rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale, realizzando una forte rete di servizi di base (case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria). È questa la strada per rendere realmente esigibili i “Livelli essenziali di assistenza” e affidare agli ospedali le esigenze sanitarie acute, post acute e riabilitative. La “casa come principale luogo di cura” è oggi possibile con la telemedicina, con l’assistenza domiciliare integrata».

Lavoro - «Uscire dalla pandemia non sarà come riaccendere la luce. Questa osservazione, che gli scienziati non smettono di ripeterci, ha una conseguenza importante. Il governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Acune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi. La capacità di adattamento del nostro sistema produttivo e interventi senza precedenti hanno permesso di preservare la forza lavoro in un anno drammatico. […] A pagare il prezzo più alto sono stati i giovani, le donne e i lavoratori autonomi. È innanzitutto a loro che bisogna pensare quando approntiamo una strategia di sostegno delle imprese e del lavoro, strategia che dovrà coordinare la sequenza degli interventi sul lavoro, sul credito e sul capitale».

Mezzogiorno - «Aumento dell’occupazione, in primis, femminile, è obiettivo imprescindibile: benessere, autodeterminazione, legalità, sicurezza sono strettamente legati all’aumento dell’occupazione femminile nel Mezzogiorno. Sviluppare la capacità di attrarre investimenti privati nazionali e internazionali è essenziale per generare reddito, creare lavoro, investire il declino demografico e lo spopolamento delle aree interne. Ma per raggiungere questo obiettivo occorre creare un ambiente dove legalità e sicurezza siano sempre garantite. Vi sono poi strumenti specifici quali il credito d’imposta e altri interventi da concordare in sede europea. Per riuscire a spendere e spendere bene, utilizzando gli investimenti dedicati dal Next Generation EU occorre irrobustire le amministrazioni meridionali, anche guardando con attenzione all’esperienza di un passato che spesso ha deluso la speranza».

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