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Il Nobel per la Pace 2020 alla lotta alla fame nel mondo

Premiata l’agenzia per gli aiuti alimentari delle Nazioni Unite

Il Nobel per la Pace 2020 alla lotta alla fame nel mondo

«Per i suoi sforzi nel contrastare la fame» e «per essere determinante negli sforzi di prevenzione delle guerre che sfruttano la fame come arma». Con queste motivazioni la scorsa settimana al World Food Programme (WFP) è stato assegnato il premio Nobel per la Pace 2020.

Un riconoscimento che mette sotto i riflettori anche l’Italia, dove il Programma alimentare mondiale ha il suo quartier generale a Roma e tra i principali donatori di questa Agenzia Onu.

Il WFP si occupa di promuovere la sicurezza alimentare nel mondo, cioè di garantire che non ci siano intere popolazioni a soffrire la fame – per conflitti o crisi di altro tipo – e che la mancanza di cibo non venga usata come arma di guerra. Negli ultimi anni l’agenzia si è occupata in modo particolare delle crisi provocate dalle guerre in Siria e in Yemen e da conflitti violenti in Rep. Democratica del Congo, Nigeria, Burkina Faso e Sud Sudan. Negli ultimi mesi il WFP si è dedicato molto anche alle conseguenze provocate dalla pandemia da coronavirus , che ha costretto i governi di tutto il mondo a introdurre restrizioni rigidissime con effetti sugli indici di disoccupazione e di povertà.

E con questo premio la fame torna sotto i riflettori dopo che altre emergenze, come il cambiamento climatico e il coronavirus, l’anno relegata in secondo piano.

Una persona su nove nel mondo non ha cibo a sufficienza , e migliorare la nutrizione è un passo fondamentale per interrompere il circolo vizioso e intergenerazionale della povertà. Il WFP è la principale organizzazione umanitaria che si occupa di garantire la sicurezza alimentare, uno dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030. Nel 2019, il WFP ha fornito cibo e assistenza a oltre 900 milioni di persone in 88 Paesi. Ogni giorno, mobilita circa 5.000 camion, 20 navi e 90 aerei per fornire cibo e altri tipi di assistenza a chi ne ha più bisogno. Le attività del Wfp si concentrano nell’assistenza d’emergenza, nel soccorso e nella ricostruzione, nello sviluppo. Due terzi dei suoi interventi si svolgono in Paesi colpiti da conflitti, dove il rischio per le popolazioni di essere denutrite è tripla rispetto ai paesi in pace.

«La pandemia di coronavirus - ha spiegato il comitato del Nobel - ha contribuito a un forte aumento del numero di vittime della fame nel mondo. Fino al giorno in cui avremo un vaccino medico, il cibo è il miglior vaccino contro il caos. Il Wfp stima che ci saranno 265 milioni di persone che muoiono di fame entro un anno, quindi ovviamente questo è anche un invito alla comunità internazionale a non sottofinanziare il Programma alimentare mondiale».

Proprio il World Food Programme aveva denunciato nel suo ultimo rapporto che il numero di persone senza cibo a sufficienza o senza cibo sicuro nei Paesi a medio e basso reddito potrebbe raddoppiare entro la fine del 2020, arrivando a 265 milioni a causa della pandemia di coronavirus, guerra e cambiamenti climatici. Un circolo vizioso accelerato dalle conseguenze economiche della pandemia in paesi già segnati da guerre civile e da carestie: se la guerra è causa di incertezza alimentare, è la fame che alimenta i conflitti latenti e incoraggia il ricorso alla violenza.

Il Nobel per la Pace alla lotta alla fame nel mondo nell'anno della covid vuole sottolineare questo sforzo del cibo per tutti come strumento di cooperazione internazionale e di pace.

Enrico Vendrame

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