Attualità
stampa

Le periferie francesi in fiamme

La rabbia dei figli delle banlieues francesi e l’Europa della mancata integrazione

Le periferie francesi in fiamme

Disordini, saccheggi, incendi, coprifuoco in varie città: la Francia dopo la morte di Nahel di martedì 27 giugno si risveglia spaccata. Oltre 3mila gli arresti, centinaia i feriti, 5mila i veicoli incendiati, circa un migliaio gli edifici bruciati o danneggiati dopo una settimana di disordini innescati dalla morte del 17enne di origini algerine raggiunto da un colpo d’arma da fuoco esploso da un’agente di polizia a Nanterre (cittadina situata a nord-ovest di Parigi).  Il ragazzo guidava una macchina senza patente e non si è fermato come richiesto da due agenti, uno dei quali ha aperto il fuoco con l’arma di servizio uccidendolo. L’agente è stato indagato per omicidio volontario e messo agli arresti in vista del processo.

Indignazione nel Paese per quanto accaduto ma anche un’emersione di un profondo disagio sociale che cova nelle periferie…

Il puzzle della storia. I blindati nelle vie di Parigi per fermare la rivolta delle banlieues (ndr sobborghi multietnici francesi) e la bocciatura del piano europeo sull’immigrazione per il veto di Ungheria e Polonia sono avvenuti nelle stesse ore in cui anche il re di Olanda si scusava pubblicamente per le responsabilità per la tratta degli schiavi di cui il suo Paese è stato uno dei protagonisti durante l’era coloniale. Notizie di dimensioni diverse, ma indice di un cammino difficile di integrazione e di resa dei conti con la storia con cui l’Europa deve confrontarsi.

C’è una parte di Francia convinta che neri e arabi siano sottomessi e sfruttati dai bianchi. E c’è una parte di Francia che non scende in piazza ma è convinta che ci siano troppi neri e troppi arabi. Allo stesso modo c’è una parte dell’Europa che pensa che gli immigrati siano un problema, che gli sbarchi siano una questione interna ai paesi di primo approdo, accanto ad una parte dell’Europa che vede nei flussi controllati e nell’integrazione un percorso obbligato.

I ‘ghetti moderni’. Le banlieues sono zone in cui vivono molte persone di origine straniera, membri di minoranze etniche provenienti da ex colonie francesi come l’Algeria e il Marocco, che trovano difficoltà ad integrarsi con il resto della popolazione sebbene molti di loro siano cittadini francesi a tutti gli effetti. La maggioranza delle persone che le abitano hanno scarsa, se non totale, fiducia nei confronti della polizia e delle istituzioni statali e le cronache evidenziano frequenti episodi di violenza motivati da razzismo. Alto il tasso di disoccupazione e di abbandono scolastico.

A ciò si aggiunga che nelle grandi città francesi sono raddoppiati in un decennio il numero dei senza casa, nonostante i finanziamenti al sistema sociale.

Francia verso lo stato di emergenza? Il governo ha disposto l’impiego dei mezzi blindati, molti comuni hanno annullato eventi pubblici e ridotto l’orario delle corse di autobus e tram. 

Il presidente francese Macron sta tenendo il pugno duro: ha fatto schierare 45mila agenti con veicoli blindati leggeri per affrontare l’ondata di proteste e dovuto rinviare il viaggio di stato previsto in Germania. Unità di polizia e altre forze di sicurezza sono state dispiegate in tutto il Paese per sedare le violenze ma – nonostante la presenza delle forze di sicurezza – nella capitale e in altre città come Lione, Marsiglia e Grenoble si sono verificati saccheggi, con bande di rivoltosi spesso incappucciati che hanno saccheggiato i negozi.

Intanto, ronde di militanti di estrema destra in varie città promettono di ripristinare l’ordine contro i manifestanti stranieri e proteggere i commercianti.

In molti si chiedono fino a che punto il governo sarà in grado di ostacolare i disordini.

Frattura intergenerazionale di matrice coloniale. I figli delle banlieues gridano di essere discriminati. Non si sentono francesi perché sostengono di non essere trattati come tali. Molti giovani, spesso figli di immigrati, si sentono così esclusi dalla  République. Sono una minoranza attiva che cresce in una società che fa difficoltà ad integrarli e a dare le stesse opportunità. Fortemente significativo risulta proprio il dato sull’età media dei manifestanti di questi giorni: sono  giovanissimi tra i 14 e i 17 anni! La grande sfida della classe politica è quella di ricostruire il patto repubblicano, anche nell’applicazione di Liberté, Égalité, Fraternité, per tutti

Dall’altra parte, c’è una Francia che più o meno sommessamente dà loro ragione, nel senso che non li considera veri francesi, ma approfittatori di uno Stato sociale ancora generoso, da cui prendono senza dare.

Conferma di questa frattura vengono dai dati relativi alle due raccolte fondi on-line avviate in parallelo per sostenere le parti coinvolte. Da una parte quella per sostenere le spese giudiziarie della famiglia dell’agente sotto processo e dall’altra quella per sostenere la famiglia del giovane ucciso. Finora la campagna in favore dell’agente ha riscosso ben più successo, superando di 5 volte quella per la madre di Nahel.

La politica divisa e l’agenda 2024. Il Paese si trova ad essere ancora più diviso con un presidente profondamente sconnesso e lontano dai veri problemi della gente, molto più interessato alla politica estera che interna, e il partito di Le Pen che cresce.

Con i mondiali di rugby e le Olimpiadi alle porte un forte danno di immagine della Francia dove rimangono enormi e irrisolti i problemi delle periferie e i metodi adottati dalla politica appaiono, agli stessi francesi, poco democratici (ndr si pensi, per esempio, al modo con cui nei mesi scorsi è stata fatta passare la legge sulle pensioni).

Il precedente del 2005. Mentre le banlieue francesi tornano ad infiammarsi, il ricordo va alle tre settimane di disordini che sconvolsero la Francia nel novembre 2005 a seguito della morte di due adolescenti fulminati in una cabina elettrica nella banlieue parigina di Clichy-sous-Bois, I due ragazzi vi si sarebbero rifugiati per sfuggire ad un inseguimento della polizia, in una versione dei fatti mai completamente chiarita. La loro morte provoca la notte stessa violenti scontri fra la polizia e i ragazzi del quartiere. Gli scontri, con centinaia di arresti e migliaia di auto bruciate e vetrine infrante, durano per ben tre settimane. 

La rivolta del 2005 rimane la più grave ad aver incendiato le banlieues francesi. Ma più di una volta si sono riaccese le tensioni in questi anni, portando a scoppi di violenza e atti di vandalismo. 

La protesta si allarga. La protesta ha contagiato anche la Svizzera e il Belgio, soprattutto nelle periferie delle grandi città (Ginevra, Losanna, Zurigo da una parte, Bruxelles, Liegi, Anversa dall’altra) dove esiste un disagio non dissimile da quello delle banlieues transalpine. Sono realtà dalle quali lo Stato si è progressivamente ritirato, dove i piccoli commerci stanno chiudendo e dove imperano i pusher e le piccole bande di adolescenti violenti, spesso figli di un’immigrazione non inserita. La cronaca si occupa di queste realtà, sulle quali le ricche Svizzera e Belgio vorrebbero stendere un velo, in occasione di episodi di cronaca particolarmente cruenti. 

Enrico Vendrame

Le periferie francesi in fiamme
  • Attualmente 0 su 5 Stelle.
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
Votazione: 0/5 (0 somma dei voti)

Grazie per il tuo voto!

Hai già votato per questa pagina, puoi votarla solo una volta!

Il tuo voto è cambiato, grazie mille!

Log in o crea un account per votare questa pagina.

Non sei abilitato all'invio del commento.

Effettua il Login per poter inviare un commento