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PAPA A MALTA: “Naufragio della civiltà minaccia non solo i profughi, ma anche noi”

Incontrando 200 migranti ad Hal Far, Francesco ha dato al viaggio a Malta una valenza paradigmatica

PAPA A MALTA: “Naufragio della civiltà minaccia non solo i profughi, ma anche noi”

“Dal giorno in cui andai a Lampedusa, non vi ho mai dimenticato”. A confessarlo ai 200 migranti incontrati al Centro “Giovanni XXIII Peace Lab” di Hal Far, ultimo incontro pubblico e culmine del viaggio apostolico a Malta, è stato il Papa, che oltre al suo primo viaggio a Lampedusa ha citato anche il viaggio a Lesbo del dicembre 2021 – “sono qui per dirvi che vi sono vicino, sono qui per vedere i vostri volti, per guardarvi negli occhi” – tracciando così un “filo rosso” che lega la sua preoccupazione per la questione migratoria, considerata la sfida maggiore del nostro tempo fin dall’inizio del pontificato. “Vi porto sempre nel cuore e siete sempre presenti nelle mie preghiere”, le parole di Francesco che hanno fatto eco alle testimonianze di due ospiti del Centro ascoltate poco prima: “ci avete aperto il vostro cuore e la vostra vita, e nello stesso tempo vi siete fatti portavoce di tanti fratelli e sorelle, costretti a lasciare la patria per cercare un rifugio sicuro”.

“Quella del naufragio è un’esperienza che migliaia di uomini, donne e bambini hanno fatto in questi anni nel Mediterraneo. E purtroppo per molti di loro è stata tragica. Proprio ieri si è avuta notizia di un naufragio in Libia: preghiamo per i nostri fratelli che sono morti in mare. Ma c’è un altro naufragio che si consuma mentre succedono questi fatti: è il naufragio della civiltà, che minaccia non solo i profughi, ma tutti noi”, scandisce il Papa conferendo una valenza paradigmatica al viaggio a Malta. “Come possiamo salvarci da questo naufragio che rischia di far affondare la nave della nostra civiltà?”, si è chiesto Francesco: “Comportandoci con umanità. Guardando le persone non come dei numeri, ma per quello che sono, cioè dei volti, delle storie, semplicemente uomini e donne, fratelli e sorelle. E pensando che al posto di quella persona che vedo su un barcone o in mare alla televisione, o in una foto, al posto suo potrei esserci io, o mio figlio, o mia figlia… Forse anche in questo momento, mentre siamo qui, dei barconi stanno attraversando il mare da sud a nord… Preghiamo per questi fratelli e sorelle che rischiano la vita nel mare in cerca di speranza. Anche voi avete vissuto questo dramma, e siete arrivati qui”.

“Le vostre storie fanno pensare a quelle di migliaia e migliaia di persone che nei giorni scorsi sono state costrette a fuggire dall’Ucraina a causa di questa guerra ingiusta e selvaggia”, osserva il Papa: “Ma anche a quelle di tanti altri uomini e donne che, alla ricerca di un luogo sicuro, si sono visti obbligati a lasciare la propria casa e la propria terra in Asia, in Africa e nelle Americhe. A tutti loro vanno il mio pensiero e la mia preghiera in questo momento”. Al centro del discorso di Francesco, le testimonianze dei migranti, che partendo hanno dovuto staccarsi dalle proprie radici. “È uno strappo. Uno strappo che lascia il segno. Non solo un dolore momentaneo, emotivo. Lascia una ferita profonda nel cammino di crescita di un giovane, di una giovane. Ci vuole tempo per risanare questa ferita; ci vuole tempo e soprattutto ci vogliono esperienze ricche di umanità: incontrare persone accoglienti, che sanno ascoltare, comprendere, accompagnare; e anche stare insieme ad altri compagni di viaggio, per condividere, per portare insieme il peso… Questo aiuta a rimarginare le ferite”. Di qui l’importanza che i centri di accoglienza “siano luoghi di umanità”, perché in ogni continente “la realtà delle migrazioni è un segno dei tempi dove è in gioco la civiltà”.

“Che voi migranti, dopo aver sperimentato un’accoglienza ricca di umanità e di fraternità, possiate diventare in prima persona testimoni e animatori di accoglienza e di fraternità”, il “sogno” del Papa, per cui è “molto importante che nel mondo di oggi i migranti diventino testimoni dei valori umani essenziali per una vita dignitosa e fraterna”.

I diritti fondamentali di milioni di migranti “sono violati, purtroppo a volte con la complicità delle autorità competenti”, la denuncia di Francesco. Il punto-chiave è la dignità della persona: “Voi non siete numeri, ma persone in carne e ossa, volti, sogni a volte infranti. Da questo si può e si deve ripartire: dalle persone e dalla loro dignità”. “Non lasciamoci ingannare da chi dice: ‘Non c’è niente da fare’, ‘sono problemi più grandi di noi’, ‘io faccio gli affari miei e gli altri si arrangino’”, l’invito: “Non cadiamo in questa trappola. Rispondiamo alla sfida dei migranti e dei rifugiati con lo stile dell’umanità, accendiamo fuochi di fraternità, intorno ai quali le persone possano riscaldarsi, risollevarsi, riaccendere la speranza. Rafforziamo il tessuto dell’amicizia sociale e la cultura dell’incontro, partendo da luoghi come questo, che certamente non saranno perfetti, ma sono laboratori di pace”.

L’altro momento centrale della seconda giornata del Santo Padre a Malta è stata la messa nel piazzale dei Granai di Floriana, bagno di folla alla presenza di oltre 12 mila persone. Diventare “testimoni instancabili di riconciliazione: di un Dio per il quale non esiste la parola ‘irrecuperabile’; di un Dio che sempre perdona, continua a credere in noi e dà ogni volta la possibilità di ricominciare”, l’invito del Papa ai maltesi, nella parte finale dell’omelia. “Dio perdona tutto, non c’è peccato o fallimento che, portato a lui, non possa diventare un’occasione per iniziare una vita nuova, diversa, nel segno della misericordia”, ha assicurato il Papa sulla scorta dell’episodio evangelico della donna adultera. “In queste isole si respira il senso del popolo di Dio”, l’omaggio di Francesco ai maltesi, prima dell’Angelus. Infine, come all’inizio del viaggio, una preghiera per la pace, “pensando alla tragedia umanitaria della martoriata Ucraina, ancora sotto i bombardamenti di questa guerra sacrilega”.

M.Michela Nicolais

(fonte: AgenSir)

(Foto Vatican Media/SIR)

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