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Pietro Stefan, una vita trasfigurata

Il ricordo degli amici del Cammino Neocatecumenale.

Pietro Stefan, una vita trasfigurata

Siamo in tempo di Pasqua e la Chiesa ci annuncia con forza che “se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui”. La morte prematura di Pietro Stefan - 51 anni, marito, padre di quattro figli ancora piccoli - figlio, fratello e amico ci aiuta con la sua testimonianza e quella dei suoi familiari, a fare nostra questa esperienza di risurrezione.Per oltre due anni, consumato da una malattia inesorabile, che lo ha costretto a lasciare il lavoro di agente di commercio, ha potuto testimoniarci le parole di S. Paolo: “Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli. Perciò non ci scoraggiamo; ma, anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno”.E questo rinnovamento interiore che il Signore gli ha donato non è stato un regalo esclusivo che Pietro ha tenuto per sé, ma ne ha fatto partecipi tantissime persone, a partire dai suoi familiari, dagli amici del Cammino Neocatecumenale con i quali, insieme alla moglie Sonia e ai figli, ha percorso un tratto di strada, e insieme a tantissimi altri amici e colleghi di lavoro.Uomo pieno di vitalità e di allegria, con molteplici interessi, sereno anche durante la lunga malattia, infondeva serenità anche a coloro che lo andavano a trovare. Proprio un anno fa, in occasione di un pellegrinaggio a Loreto, ascoltando una catechesi sulla parabola detta del padrone generoso, perché in essa si parla di un padrone che a tutte le ore del giorno assolda operai che vadano a lavorare nella sua vigna, chiamata anche parabola degli operai dell’undicesima ora perché l’accento è posto su quelli che per ultimi sono chiamati ad andare a lavorare nella vigna, agli amici che sedevano vicino, Pietro disse: «Questo sono io. Voglio che questo Vangelo sia letto al mio funerale».Ecco chi è stato Pietro: uno che ha accolto la chiamata del Signore e ne ha riconosciuta la generosità. Per il tempo che gli è stato concesso, Pietro l’ha messa a frutto per tutti coloro che lo avvicinavano.Ci sono tanti aneddoti che lo riguardano: aveva il desiderio di andare a Medjugorje ma non ne aveva la possibilità economica e si è visto regalare, in modo anonimo, la somma necessaria per realizzarlo. Da ultimo, la sera prima della sua morte, Pietro con filo di voce, pronunciando il nome di suo figlio Paolo più volte, gesticolando faceva cenno come di dargli qualcosa, ma i familiari non capivano cosa intendesse. Poco dopo ebbero la visita del loro parroco don Mirco che inaspettatamente, sorprendendo tutti, ha celebrato la messa in casa e fatto fare la prima comunione a Paolo insieme al suo papà. Ecco cosa intendeva Pietro!Il funerale celebrato nella chiesa di Sernaglia perché quella di Fontigo era troppo piccola, e animato dalle Comunità Neocatecumenali, è stato, pur nella sofferenza del distacco, una celebrazione della vita perché la liturgia cristiana è tutta un inno alla vita e alla speranza. Infatti così abbiamo pregato: “E se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consola la promessa dell’immortalità futura. Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata”.Arrivederci Pietro e da lassù assisti e intercedi per tua moglie e i tuoi figli, e per tutta la schiera numerosa dei tuoi amici.Gli amici del Cammino Neocatecumenale

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