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Profughi in Libano: vite in bilico tra respingimenti e diritti violati

I rifugiati siriani in Libano soffrono di incertezza economica e vivono sospesi tra il ritorno a casa e il viaggio verso l’Europa

Profughi in Libano: vite in bilico tra respingimenti e diritti violati

Una decina di giorni fa le cronache ci hanno dato la notizia della morte di freddo di Iman, bambina siriana di un anno e mezzo, mentre con il padre cercava di raggiungere l’ospedale di Afrin. Nel 2018, la sua famiglia era dovuta fuggire dalla Ghouta orientale, alla periferia di Damasco, dopo una feroce battaglia tra i ribelli e le forze del regime.

Aveva trovato rifugio in un improvvisato centro per sfollati nel villaggio di Ma'rata, a ovest della città di Afrin, nella provincia di Aleppo. Viveva in una tenda di fortuna, un alloggio insufficiente a proteggere Iman dalle rigide temperature, aggravate dalle rigide temperature invernali.

Per via di una brutta bronchite, Iman ha cominciato a soffrire di problemi respiratori, e il padre ha deciso di portarla a piedi all'ospedale Al-Shifa di Afrin, distante pochi chilometri.

Ma a poco è servito, perché la bimba è arrivata già morta di freddo.

Onu: 900mila nuovi sfollati. Secondo l'ultimo rapporto dell'Onu del 17 febbraio, dai primi di dicembre 2019 sono quasi 900mila le persone che hanno abbandonato i loro rifugi in seguito all'escalation di violenza nelle province di Idlib e Aleppo, pesantemente bombardate dai caccia di Mosca, dai cannoni dell'esercito del regime di Damasco e da quello turco. E’ il più grande sfollamento di persone dall’inizio del conflitto nell’aprile del 2011.

Ogni cessate il fuoco è fallito perché Idlib vale moltissimo. Gli attori sul campo stanno infatti cercando un riposizionamento, dopo il fallimento dei negoziati di Mosca della scorsa settimana. Per Damasco è l’ultimo passo per completare il puzzle in cui si è frantumato il paese; per Mosca la prova del suo ruolo diplomatico in Medioriente; per Ankara il cuore dell’«emirato» sunnita che sogna di creare per garantirsi un piede nella nazione vicina.

Libano: tra crisi economica e rifugiati. A quasi 9 anni dall’inizio del conflitto in Siria - con le frontiere turche sbarrate e le bombe russo-siriane e missili islamisti che piovono su scuole, moschee, mercati - si sta prospettando una grave crisi umanitaria e nuove ondate di profughi verso il Libano, un piccolo Paese – poco più grande dell’Abruzzo – di circa 5 milioni di abitanti e quasi 2 milioni di stranieri forzati tra palestinesi e siriani.

Fin dall’inizio della guerra siriana, il Paese dei cedri ha ospitato i profughi siriani - il cui numero è attualmente stimato in 1,5 milioni (tra registrati e non registrati) - situazione che sta determinando un crescente risentimento da parte della popolazione rafforzato dalla stagnazione economica interna. La svalutazione della sterlina libanese sul mercato parallelo, la mancanza di dollari USA nel paese e i relativi aumenti dei prezzi in tutto il Libano sono problemi che molti siriani stanno affrontando quotidianamente. A seguito delle restrizioni bancarie sui prelievi in dollari statunitensi, tutti i rifugiati possono ritirare i pochi sussidi da parte delle organizzazioni umanitarie in sterline libanesi al tasso di cambio ufficiale - non al tasso di mercato parallelo - abbassando significativamente il valore dell’aiuto ricevuto in contanti, rendendo ancora più difficile rispondere alle necessità quotidiane e pagare l'affitto. Più del 75% dei siriani in Libano vive infatti al di sotto della soglia di povertà, rispetto al 27% dei libanesi.

Status incerto. Il Libano è il paese con il più alto numero di profughi pro capite del mondo e non aderisce alla convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951. I profughi, quindi, non possono chiedere asilo, né possono aspirare a ottenere lo status di rifugiati, ma anche ottenere un normale permesso di soggiorno o di lavoro è sempre più complicato. Mancano anche le parole: i profughi siriani non sono “rifugiati”, per le autorità sono semplicemente “sfollati”, molti di loro sono senza documenti.

Di fronte all'ondata continua di rifugiati che si riversa in Libano, Beirut ha deciso in questi giorni di imporre restrizioni di visto ai siriani in fuga dalla guerra civile.

Per capire la situazione dei profughi siriani in Libano e la loro vulnerabilità abbiamo intervistato Lisa Abou Khaled (nella foto), responsabile comunicazione dell’Alto commissariato per i rifugiati (UNHCR) in Libano.

Qual’è il mandato dell’UNHCR in Libano? Da quante persone è composto il vostro staff?

"L'UNHCR è presente in Libano dal 1962. Quando la crisi è iniziata in Siria, abbiamo dovuto ampliare enormemente la nostra presenza. La nostra missione è sempre stata e continuerà ad essere accanto alle persone quando e dove hanno bisogno di noi. Dal 2011, a seguito dei crescenti bisogni, abbiamo aperto uffici sul campo in tutto il paese per essere più vicini alle persone che hanno bisogno del nostro aiuto. Attualmente in Libano vi sono oltre 600 dipendenti dell'UNHCR. La maggior parte del personale, circa tre quarti, sono libanesi, e il resto sono membri del personale internazionale che proviene da vari paesi del mondo".

 

Il Libano non ha firmato la convenzione di Ginevra del 1951, dunque non riconosce lo status di rifugiato. Queste persone come è più “corretto” definirle: Profughi? Visitatori temporanei? o semplicemente Sfollati?

"Il governo del Libano considera le persone fuggite dalla Siria in Libano dopo marzo 2011 come “displaced”, letteralmente "sfollati". Le Nazioni Unite considerano la fuga dei civili dalla Siria come movimento di rifugiati e ritiene che questi siriani siano alla ricerca di protezione internazionale".

 

Chi è scappato e aveva dei soldi messi da parte sappiamo che riesce a pagarsi l’affitto di una casa, di un garage senza finestre, spesso dei veri e propri tuguri o delle squallide baracche. La maggioranza però vive nei campi profughi. Quanti sono le persone attualmente accolte nei vari campi in Libano?

"In effetti, alcuni dei rifugiati siriani che sono fuggiti in Libano hanno portato con sé alcune risorse, ma le hanno rapidamente anche esaurite per l’affitto, il cibo, l’assistenza sanitaria e altri beni essenziali.

Oltre l’80% dei rifugiati siriani in Libano paga l'affitto, anche quelli che vivono in tenda.

Attualmente, circa il 20% dei rifugiati siriani in Libano, pari a circa 200.000, vivono in insediamenti informali. Ci sono anche campi organizzati di rifugiati.

Secondo le stime del governo libanese, il Libano ospita attualmente 1,5 milioni dei 6,7 milioni di rifugiati siriani sfollati a livello globale".

 

Qual è la situazione attuale dei profughi siriani che si trovano in Libano?

"Ogni anno aggiuntivo che i rifugiati trascorrono in esilio, i loro bisogni e le loro vulnerabilità crescono. Quasi nove anni dopo, questo è ciò che vediamo in Libano.

I bisogni sono grandi e mentre i donatori continuano a finanziare generosamente la risposta umanitaria, le risorse ricevute non sono sufficienti per rispondere a tutti i bisogni. Ciò significa che l'UNHCR e altre agenzie umanitarie devono dare la priorità all'assistenza alle famiglie più vulnerabili, anche se molte altre persone avrebbero bisogno.

I rifugiati siriani stanno diventando più vulnerabili dal punto di vista economico:

  • La percentuale di rifugiati siriani che spende meno di 2,90 dollari al giorno (sotto la soglia di povertà assoluta) è aumentata dal 51% nel 2018 al 55% nel 2019.
  • Il 73% spende meno di 3,80 dollari al giorno nel 2019 (sotto la soglia di povertà), rispetto al 68% nel 2018. I dati del programma per i rifugiati siriani in Libano (VASyR) mostrano anche che la spesa pro capite mensile media è diminuita da 111 dollari nel 2018 a 105 nel 2019.
  • Il livello medio del debito per famiglia è aumentato di quasi 100 dollari negli ultimi anni (erano 919 nel 2017, 1015 nel 2018 e raggiungono i 1115 dollari nel 2019), dimostrando che alle famiglie di rifugiati siriani continuano a mancare risorse sufficienti per coprire i loro bisogni essenziali.
  • A causa delle risorse finanziarie limitate, solo il 20% delle famiglie di rifugiati siriani in Libano riceve il sussidio di 260.000 Lire libanesi (pari a 173 dollari) per famiglia al mese dall'UNHCR e dai partner per aiutarli a coprire i loro bisogni più essenziali.
  • Circa il 40% delle famiglie di rifugiati siriani riceve 27 dollari a persona al mese dal Fondo per l’alimentazione (WFP) per l'acquisto di cibo.

Tutti in Libano sono colpiti dall'attuale situazione economica e sfortunatamente, in una situazione come quella che stiamo attraversando ora, le comunità più vulnerabili sono quelle maggiormente colpite, sia tra i libanesi che i rifugiati.

Comprensibilmente, la situazione attuale porta con sé un livello di ansia tra i rifugiati in Libano. Come sappiamo da anni ormai, la maggior parte dei rifugiati siriani ha vissuto in condizioni di povertà e riesce a malapena a rimanere a galla. L'attuale recessione economica ha aggravato la loro già difficile situazione.

Molti sono profondamente colpiti dal peggioramento della crisi economica nel paese, vivendo al di sotto della soglia di povertà ed avendo una capacità limitata di far fronte al quotidiano. Nonostante la notevole generosità del Libano, le sfide che i rifugiati affrontano quotidianamente sono immense.

Nonostante i generosi contributi ricevuti dai nostri donatori, i bisogni sono così grandi che superano le risorse disponibili.

Mentre stiamo lavorando duramente per espandere ulteriormente l'assistenza, restiamo fortemente vincolati dalle limitazioni di finanziamento. Ciò sta costringendo l'UNHCR e altre agenzie umanitarie a dare la priorità ai rifugiati più vulnerabili.

L'appello umanitario tra agenzie umanitarie, al piano di risposta alle crisi in Libano, ha ricevuto solo il 50% del denaro necessario per svolgere tutte le sue attività e programmi in Libano l'anno scorso.

Il supporto fornito tramite LCRP consente all'UNHCR e ad altre organizzazioni di evitare un netto declino della situazione dei più vulnerabili. Detto questo, avere risorse limitate significa che dobbiamo collettivamente dare la priorità ai nostri interventi, in una risposta già prioritaria. Ciò lascia delle lacune nella risposta che hanno un impatto diretto sulla vita dei rifugiati vulnerabili.

Dal 2011, il Libano ha ricevuto oltre 8 miliardi di dollari per rispondere all'impatto complesso e variegato della crisi siriana".

 

Il Paese sta vivendo un periodo di crisi economica e di tensioni politiche: per questo la pressione della società libanese per rimandare a casa i siriani è crescente. Attualmente non sembrano esserci le condizioni in Siria perché i profughi possano ritornare a casa. Come passano le loro giornate nei campi?

"Oltre l'80% dei rifugiati siriani in Libano ha dichiarato all'UNHCR che desiderano tornare in Siria e che stanno avvenendo rimpatri. L'UNHCR ha iniziato a prendere atto del ritorno dei rifugiati dal 2017 e il numero è aumentato nel corso degli anni. Più di 30.000 sono tornati in Siria negli ultimi due anni.

Il ritorno è una decisione della gente. Coloro che ritornano, che prendono quella decisione, devono essere sostenuti non solo per tornare, ma anche per ricominciare la propria vita in Siria.

Mentre alcuni hanno preso la decisione di tornare ora, altri potrebbero avere ancora delle motivazioni per ritardare il loro ritorno.

Per coloro che rimangono in Libano e, come affermato in precedenza, devono affrontare molte sfide. Le opportunità di lavoro sono molto limitate e solo la metà dei bambini rifugiati siriani in età scolare va a scuola. A causa della difficile situazione socio-economica, molte famiglie si stanno riprendendo a strategie di adattamento negative per soddisfare i loro bisogni essenziali, come ad esempio mandare i loro figli a lavorare invece di mandarli a scuola, o come ridurre i pasti giornalieri, trasferirsi in rifugi con un affitto più economico ma condizioni peggiori, ecc.".

 

Il campo profughi è simbolo del provvisorio che diventa definitivo. Simbolo di un esilio che non ha fine. Dalla sua esperienza sul campo si può dire che il campo profughi è il posto dell’anonimato, tutti sono qui ma nessuno abita questo posto?

"Quello che direi è che per molti rifugiati è come se le loro vite fossero in attesa, in attesa di una soluzione alla loro situazione: se tornare a casa in Siria o stabilirsi in un paese terzo dopo essere stato trasferito fuori dal Libano".

 

Per i bambini nati e cresciuti nei campi la parola “casa” cosa evoca? E’ solo parte di un racconto quotidiano dei ricordi dei loro genitori e nonni o rappresenta qualcos’altro?

"Ciò dipende, per alcuni bambini, che hanno ancora un ricordo molto vivo della casa e lo tengono molto stretto, nella speranza che un giorno questi ricordi tornino ad essere la loro realtà. Molti bambini mi hanno raccontato delle loro classi, dei loro amici, cugini, vicini di casa, camere da letto, giocattoli, che hanno lasciato in Siria e del loro desiderio di riunirsi.

Per altri, erano troppo piccoli quando le loro famiglie sono fuggite o sono nati come rifugiati in Libano e non ricordano o non hanno mai conosciuto la loro casa. Ma nonostante ciò, desiderano ancora tornare un giorno perché continuano a sentire storie sulla casa nativa dai loro genitori e dalla loro famiglia".

 

La nostra intervista è partita dalla cronaca con la storia di una bambina morta di freddo. Potrebbe raccontarci in breve una storia di speranza…

"Ho incontrato molti rifugiati che mi hanno ispirato moltissimo con il loro coraggio, resistenza, speranze e sogni, nonostante le condizioni estremamente difficili in cui vivono.

Un esempio è Hanan, una bambina che ho incontrato in un insediamento di rifugiati nella valle della Bekaa. Mentre ha la possibilità di andare a scuola, molti degli altri bambini che vivono nello stesso campo non lo fanno. Quindi Hanan, nonostante la sua difficile situazione, e con molto poco, istituisce una "classe" ogni giorno dopo il suo ritorno da scuola, per insegnare agli altri bambini, ai suoi vicini, ciò che ha appreso quel giorno, in modo che anche loro possano impararlo. La sua "classe" è in realtà la parte posteriore della porta improvvisata della tenda della sua famiglia, e usa tutto ciò che riesce a trovare per usarla come lavagna, mentre gli altri bambini la ascoltano attentamente. Storie come la sua mi danno davvero molta speranza".

 

Non essendo riconosciuti come rifugiati, i diritti dei siriani in Libano non sono inoltre tutelati dal diritto internazionale: “non hanno libertà di movimento, né diritto all'istruzione, all'occupazione e all'assistenza sanitaria”. Vivono come sospesi. Le famiglie siriane sono infatti intrappolate tra la paura dell'arresto e la leva militare obbligatoria se tornano in Siria, l'impossibilità di sopravvivere in Libano e i rischi delle pericolose rotte migratorie via mare verso l'Europa. 

Enrico Vendrame

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