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Ragazzi e famiglie: nuove opportunità dopo il tempo dell’incertezza

Intervista ad Alessandro Rosina, docente di demografia e portavoce della rete “Alleanza per l’Infanzia”

Ragazzi e famiglie: nuove opportunità dopo il tempo dell’incertezza

Che cosa succede ai bambini e ai ragazzi in epoca di restrizioni a causa del Covid-19 è al centro delle preoccupazioni dei genitori, ma anche di tutte quelle associazioni che si occupano di loro e di quelli più vulnerabili tra loro. A due mesi dall'inizio della serrata a ogni tipo di mobilità e incontro, le preoccupazioni si fanno più forti e la sensazione che i bambini e i ragazzi siano dimenticati dai diversi decreti che si susseguono è diventata acuta e diffusa. 

E’ vero che le ragioni sanitarie impediscono loro di trovarsi a scuola, ma questo vale anche per le attività sportive o quelle in parrocchia, così come per le relazioni con i nonni o con i coetanei al parco giochi.

In Italia vivono circa 6 milioni di famiglie con figli under 18 e 10 milioni di bambini ed adolescenti. Circa un quarto delle famiglie italiane ha minori in casa e una persona su sei nella popolazione è minorenne. Si tratta delle famiglie e i soggetti più colpiti dalle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria, nell’immediato, ma potenzialmente anche nel medio-lungo periodo sono i minori accanto agli anziani. Se il nostro welfare ha dimostrato particolare attenzione verso gli anziani, non altrettanto possiamo dirlo per i minori.

Per approfondire quanto questo tempo di incertezza possa essere anche generatore di opportunità abbiamo posto alcune domande al professor Alessandro Rosina (nella foto), docente di demografia e statistica sociale all’Università Cattolica di Milano e portavoce della rete “Alleanza per l’Infanzia”.

Professor Rosina, ci potrebbe spiegare cos’è “Alleanza per l’Infanzia”?

“Alleanza per l’Infanzia” è una rete nazionale di organizzazioni e associazioni impegnate a diverso titolo nella promozione e tutela dei diritti dei bambini e ragazzi e dei loro genitori, e che condividono la responsabilità e l’urgenza sia di sensibilizzare e fare pressione sulla politica, perché operi le riforme e le iniziative necessarie, sia di sollecitare e sostenere le imprese e le comunità locali, perché costruiscano ambienti più favorevoli ai bambini/e, ai ragazzi/e e ai loro genitori.

Informazioni sugli obiettivi specifici, assieme alle attività sinora svolte, si trovano su: https://www.alleanzainfanzia.it/

 

La rete “Alleanza per l’Infanzia” ha chiesto al governo che, mentre si programma la fase 2 per la ripartenza, i bambini e i ragazzi siano messi al centro delle politiche per superare la fase dell’emergenza. Concretamente potrebbe elencare le principali linee di azione che dovrebbero essere attuate?

Oltre al sostegno economico alle famiglie con figli è importante garantire ai servizi educativi (nidi e scuole per l’infanzia) le risorse necessarie perché nessuno debba chiudere o ridurre forzosamente il proprio personale ed invece possa utilizzarlo al meglio per accompagnare le famiglie e i minori in questa fase difficile. Tra le altre azioni, segnalo la necessità di valorizzare e sostenere in collaborazione con la scuola, oggi e per il futuro, l’attività che molte associazioni di società civile e di terzo settore stanno svolgendo per sostenere le famiglie e i bambini e ragazzi in condizione di svantaggio, inclusi i minori non accompagnati, perché non vengano esclusi, di principio o di fatto, dalla didattica a distanza. Andrebbero, poi, sostenute e valorizzate le attività di animazione culturale-sociale, promosse dall’associazionismo, rivolte ai minori e agli adolescenti, per evitare che spariscano circoli, laboratori sociali e centri di aggregazione per i giovani che costituiscono indispensabili presidi territoriali.

 

In questi giorni sono ripartite tante attività produttive. Peccato che manchi un pezzo importante: l'organizzazione quotidiana di chi andrà a lavorare avendo figli minorenni. Più di qualcuno pensa che alla famiglia verrà chiesto anche in questa situazione di rimboccarsi le maniche con le proprie forze per far fronte alle difficoltà socio-economiche. Condivide questo “peso” che rischia di gravare ulteriormente sul già fragile modello familiare del nostro Paese?

La ripartenza delle attività produttive non può essere pensata e gestita senza strumenti e indicazioni chiare per le famiglie che consentano ad esse di poter organizzare adeguatamente tempi di lavoro, di spostamento, di vita e organizzazione familiare.

Va riconosciuto che i cittadini e le famiglie hanno agito con consapevolezza e responsabilità nei confronti dell’emergenza, caricandosi costi economici, disagi e complicazioni legati alla reclusione, soprattutto in presenza di bambini.

Tale condizione è sostenibile ed è accettata solo se temporanea, può, invece, creare molta insoddisfazione e frustrazione se anche dopo l’uscita dalla fase di emergenza del paese le famiglie si troveranno a dover gestire una continua emergenza privata.

Alto è il rischio di sentirsi abbandonate rispetto alle esigenze di conciliazione, in particolare rispetto ai servizi per l’infanzia e le attività di ragazzi e adolescenti. Non potendo nemmeno più contare né sui nonni.

 

Se tutti i genitori stanno sperimentando forti difficoltà a fronteggiare contemporaneamente le esigenze del lavoro (anche a distanza) con quelle di cura e di supervisione delle attività di bambini e ragazzi (di studio e altro), per alcune famiglie queste difficoltà si combinano con la povertà economica, pregressa o prodotta dalla crisi sanitaria, o con la presenza di disabilità o con il servizio di cura delle persone anziane. Vi è pertanto il rischio concreto che si allarghino ulteriormente le diseguaglianze economiche ed educative (fra i nuclei familiari e fra i bambini e ragazzi), così come il rischio di violenza domestica?

Come abbiamo fin dall’inizio del lockdown sottolineato il CoronaVirus sta portando con sé, oltre ai rischi che si faticano ancora a stimare sul piano del sistema sanitario ed economico nazionale, anche una nuova minaccia: quella di aumentare a dismisura il livello di esclusione sociale di bambini e ragazzi che, privati dalla possibilità di andare a scuola e di svolgere attività sportive e formative, non hanno così accesso alle più basiche opportunità di inclusione sociale.

A pagare davvero il conto di questa crisi sociale del nostro Paese sono e saranno i soggetti socialmente più vulnerabili. Si tratta innanzitutto di quelli che la povertà già colpisce duramente dal 2010, che si trovano già in maniera cronica alle soglie dell’esclusione sociale. I bambini in povertà assoluta sono nel nostro Paese oltre un milione e 260 mila; negli ultimi dieci anni sono triplicati passando dal 3,7% del 2008 al 12,5% del 2018.

Non dare il giusto peso alle conseguenze sociali di una crisi sanitaria ed economica come quella che sta investendo il nostro paese sarebbe un rischio enorme. Sarebbe come ripercorre la strada dei governi che si sono succeduti dal 2008, anno di inizio della crisi economica, che non hanno saputo dar corpo ad una strategia adeguata a prevenire ed affrontare il tema della povertà minorile generando diseguaglianze e grandi carenze che impattano sui bambini oggi e su tutti noi negli anni a venire.

Il recente report delle Nazioni Unite “L’impatto del Covid-19 sui bambini” mette chiaramente in luce come le nuove generazione, pur essendo risparmiate dal virus, rischino di essere le maggiori vittime di come i governi gestiscono la crisi sanitaria, con conseguenze di medio-lungo periodo e accentuando fragilità pre-esistenti.

 

Come dovrebbe articolarsi il ritorno alla normalità per la famiglia?

La crisi sanitaria va considerata anche come uno stress test sul sistema di welfare italiano, utile a far affiorare fragilità e diseguaglianze non sempre così evidenti o sulle quali non c’era una chiara consapevolezza. Per tornare alla normalità si tratta quindi non solo di rispondere all’emergenza, ma di prefigurare e attuare cambiamenti strutturali perché il complesso del sistema dei servizi educativi e sociali, oltre che dei trasferimenti economici diretti ai bambini e alle loro famiglie, diventi più efficace, più equo e più capace di utilizzare in modo coordinato le energie e le risorse del settore pubblico, del terzo settore e degli stessi ragazzi e delle loro famiglie.

 

Quale supporto potrebbero dare le famiglie per recuperare il senso dell’appartenenza ad un territorio e il valore della comunità?

Le famiglie sono il centro della vitalità che può esprimere un territorio. Hanno una funzione generativa e di trasferimento di valore nei legami verticali (tra generazioni) e orizzontali (coesione sociale) che rendono più forte il senso di appartenenza ad una comunità. Consentire alle famiglie di esprimere al meglio la loro vitalità e il loro ruolo sociale consente al territorio di migliorare le condizioni di sviluppo e benessere, aiutando a superare le difficoltà del presente mettendo al centro il bene comune.

 

E per finire come vede il futuro dei giovani dopo questa emergenza?

Nel nuovo orizzonte saranno soprattutto i giovani a dover riprogettare le proprie vite, a dare spinta e direzione ad un nuovo percorso comune. L’indagine promossa dall’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo, condotta da Ipsos a fine marzo, aiuta a capire come le nuove generazioni interpretano questo passaggio collettivo e come si inserisce nel loro passaggio verso la vita adulta.

I dati allora ci dicono che se, come evidenziato in varie ricerche passate, le generazioni italiane presentavano una forte incertezza nei confronti del futuro, il nuovo scenario creato dalla pandemia ha aggiunto un ulteriore strato di incertezza, che può scendere in profondità e diventare insicurezza se non gestito nel modo adeguato.

Forti sono le preoccupazioni sulla tenuta del Paese e sulle condizioni sociali. Quasi due giovani su tre si aspettano conseguenze complessivamente negative, soprattutto sulla dimensione economica e occupazionale. Ma inquietano anche le possibili ricadute sul reddito delle famiglie, sulla tenuta del welfare pubblico e sull’inasprimento delle diseguaglianze. I giovani intervistati intravedono comunque aspetti positivi sul campo delle nuove tecnologie (smart working, commercio online, competenze digitali). Molti, inoltre, dicono che in questo periodo hanno scoperto di poter contare maggiormente su sé stessi e sugli altri, di sentirsi più capaci di far fronte a cambiamenti e riconoscere nuove opportunità, di dar maggior valore alla vita. Questa energia positiva può diventare la miglior spinta del paese per un nuovo inizio.

Enrico Vendrame

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