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Relazione su “Toniolo e l’impegno sociale dei cattolici” di S. Em. Card. Gualtiero Bassetti

Centenario del beato Giuseppe Toniolo – Pieve di Soligo, 6 ottobre 2018.

Relazione su “Toniolo e l’impegno sociale dei cattolici” di S. Em. Card. Gualtiero Bassetti

Carissimi fratelli e sorelle,

è molto bello essere qui a Pieve Soligo questa sera per commemorare e ricordare una figura così importante per la storia della Chiesa e per l’Italia come Giuseppe Toniolo. Una figura ricchissima e complessa che, dopo 100 anni dalla morte, riesce a parlare al mondo di oggi e a tutta la comunità ecclesiale. Ci esorta, in particolar modo, ad essere una Chiesa viva che si prende cura concretamente dell’umanità ferita senza scadere in vaghe formulazioni ideali.

Questa settimana ho pensato molto a Toniolo. Vengo infatti da Roma, dal Sinodo dei Vescovi, dove è già iniziata una discussione franca e appassionata, come ci esorta il Papa, sul tema dei giovani. Sentendo i racconti di alcuni confratelli Vescovi sulle difficilissime condizioni di vita delle giovani generazioni, ho pensato quanto siano state importanti, nel passato, alcune figure come Toniolo. E al tempo stesso, quanto è importante che oggi ci siano degli uomini o delle donne che seguano il loro esempio.

Alcuni hanno scritto che Toniolo è stato “un apostolo” della Rerum Novarum. Ebbene, mai come oggi servono dei laici consapevoli e maturi per un nuovo apostolato della dottrina sociale della Chiesa. La dottrina sociale è un bene prezioso che la Chiesa ha donato all’umanità intera. Dobbiamo esserne coscienti e dobbiamo assolutamente metterla in pratica. Non per assolvere un precetto o un obbligo morale ma per rendere un servizio al mondo in cui viviamo.

Per questo motivo questa sera mi preme sottolineare tre aspetti della figura di Toniolo, che sono anche tre spunti per comprendere il mondo di oggi e per viverlo compiutamente. Il primo aspetto è la sua biografia come modello esemplare per il laicato; il secondo aspetto, è la cura per l’Italia e l’attenzione per la dimensione internazionale; il terzo è l’impegno sociale dei cattolici nel mondo di oggi.

Partiamo dal primo aspetto, Toniolo come modello esemplare per il laicato. La biografia di Toniolo a mio avviso merita di essere conosciuta e diffusa più di quanto lo sia oggi. Occorre far conoscere la sua vita nelle comunità ecclesiali, tra i giovani e perfino nelle scuole. Non certo per propaganda o per fare proselitismo ma per amore della grande testimonianza di vita, al tempo stesso civile e cristiana, che egli rappresenta.

A ben guardare infatti Toniolo è stato il padre di una famiglia numerosa con ben 7 figli; uno studioso e un accademico di fama, apprezzato dalla comunità scientifica; e infine un laico cristiano attivamente impegnato nel sociale. Pur con tutte le differenze d’epoca che ovviamente ci sono tra il mondo di ieri e quelle di oggi, egli sfata una visione che oggi sembra essere egemone nella vita quotidiana: l’idea, cioè, che per fare carriera devi rinunciare a tutto.

Questa è un’idea sbagliata che si è diffusa perché conviviamo con una falsa concezione del lavoro: un lavoro che diventa totalizzante se un individuo ha successo; oppure un lavoro che diventa precarizzante se quello stesso individuo viene espulso dal processo produttivo.

In entrambe le situazioni, gli uomini e le donne si trovano a vivere un’esistenza spersonalizzata e disumanizzata. Al di fuori del lavoro sembra non esserci nulla: non rimane spazio per la famiglia o le relazioni interpersonali. Tutto ciò, va nella direzione opposta di ciò che la Chiesa da decenni sta cercando di promuovere. Ovvero un’organizzazione del lavoro che sappia rispettare la completa dignità della persona umana. Toniolo ci viene a ricordare, dunque, con la sua testimonianza di vita, che si può essere autenticamente un cristiano integrale senza essere un’integralista: si può essere, cioè, marito, padre, lavoratore e cristiano impegnato nel sociale.

Ma non solo. Toniolo rappresenta un modello esemplare per il laicato per alcune qualità che io reputo di fondamentale importanza per la società odierna. Ne indico due: la sobrietà e la competenza.

Oggi, viviamo in un tempo, in cui si grida molto e si riflette poco. A volte si ha la sensazione di vivere in una società dello spettacolo in cui anche la più banale attività umana può diventare una notizia o una foto pubblicata su internet. Si ha la sensazione, dunque, di vivere in una società trasparente dove un narcisismo vanesio ed un egocentrismo infantile sembrano dominare ogni relazione umana. Tutto questo, a me sembra, una evidente banalizzazione dei rapporti interpersonali. Ecco allora che la sobrietà e la competenza di Toniolo non sono soltanto un antidoto ad alcune forme di demagogia ma rappresentano qualcosa di più importante: rappresentano una forma di resistenza civile e culturale ad una forma di imbarbarimentodella società contemporanea.

Non si può pensare di risolvere la grande complessità del mondo di oggi, soltanto con una risposta furba o con un insulto su internet. Occorre invece riscoprire seriamente lo spirito di abnegazione, la curiosità intellettuale e la serietà di persone come Toniolo. Occorre, in altre parole, riscoprire l’amore per la sapienza. Ovvero l’amore per la nostra cultura cristiana che ha una tradizione antichissima e ricchissima; e l’amore per la nostra cultura italiana ed europea che hanno, anch’esse, radici profonde e ramificate che meritano di essere conosciute, studiate e sviluppate.

Questo che ho appena detto, mi permette di passare al secondo aspetto su cui voglio riflettere questa sera: Toniolo e la cura per l’Italia e l’attenzione per la dimensione internazionale. Questo è un argomento vastissimo che tra l’altro riprende il tema che avete scelto per questa commemorazione del centenario. Lo voglio declinare, però, soffermandomi soprattutto sul presente e il futuro dell’Italia nel contesto dell’Europa.

In più occasioni, riprendendo l’intuizione di Papa Francesco, ho sostenuto che il mondo sta vivendo un’eccezionale “cambiamento d’epoca”. La società italiana e quella europea stanno vivendo, però, un periodo in chiaro/scuro che non oserei dire controverso e preoccupante. Questo periodo ha avuto inizio con la durissima crisi finanziaria che scoppiò negli Stati Uniti nel 2008, i cui effetti si sono fatti sentire dolorosamente negli anni successivi anche nel Vecchio Continente.

Voglio sottolineare un aspetto decisivo: gli effetti morali di questa dolorosa crisi economica si fanno sentire ancora oggi. Al di là di ogni dato statistico sulla situazione economica c’è infatti un dato morale, non quantificabile ma concreto e visibile, che si ripercuote pesantemente sulle popolazioni europee e sulla nostra civiltà.

Quella crisi finanziario/economica, infatti, non solo ha abbassato gli indici di ricchezza di una parte importante della società europea ma ha prodotto delle forti conseguenze morali. Quella crisi, infatti, impoverendo e impaurendo milioni di uomini e donne, rendendoli ancora più fragili e soli, ha provocato una diffusa infelicità. È l’infelicità dell’uomo nichilista e materialista che perdendo la sicurezza economica pensa di aver perso tutto.

Questa infelicità si è poi tramutata in rabbiaRabbia verso tutti coloro che realmente, o anche solo potenzialmente, vengono visti come i possibili responsabili di questa crisi. Se poi questa rabbia viene alimentata soffiando sul fuoco delle inimicizie, delle divisioni sociali e delle paure collettive ecco allora che ci troviamo di fronte ad una situazione sociale incandescente e pericolosa. Oggi, con questo clima che il Censis ha definito di “rancore sociale”, sembra prosperare e diffondersi un orizzonte sociale in cui la logica della divisione, dell’esclusione e della ricerca del nemico, ha la prevalenza sulla logica dell’unità, dell’inclusione e dell’amico. Da qui nascono i populismi.

Toniolo, però, ci esorta a costruire una prospettiva diversa: quella della pace e della cooperazione internazionale. Quella prospettiva che parte dalla cultura dell’incontro e che vuole promuovere una nuova Italia prospera ed inclusiva all’interno di un’Europa dei popoli solidale e pacificata. Un’Italia e un’Europa che non possono fare a meno, ovviamente, della tradizione e della sapienza cristiana. Di quella croce, di quell’aratro e di quel libro di cui parla Paolo VI. Di quella “storiografia del profondo” evocata da Giorgio La Pira. Di quelle radici cristiane di cui parlano Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

Papa Francesco in più occasioni ha parlato dell’Europa come di una vecchia nonna che ha la necessità di delineare un nuovo umanesimo europeo e soprattutto di ritrovare la speranza. La speranza che passa da figure come san Benedetto e che si basa sulla difesa incalpestabile della dignità umana. Per comprendere appieno tutto questo e per costruire un nuovo edificio sociale più umano, sul modello tracciato da Toniolo, però, dobbiamo ripartire dalle fondamenta. E le fondamenta sono rappresentate dall’annuncio del Vangelo. L’ho detto molte volte: la nostra bussola è il Vangelo. Solo se lo viviamo concretamente ci sarà spazio per una vera e nuova solidarietà umana.

Vengo al terzo e ultimo aspetto: l’impegno sociale dei cattolici italiani. In questi ultimi anni sono intervenuto molte volte su questo tema. In più occasioni, ho invitato e spronato il laicato ad avere coraggio, a mettersi in gioco senza paura e con spirito di servizio per il bene dell’Italia. Recentemente ho anche riflettuto sulla riapertura, su basi nuove, delle scuole di formazione sociale. Al di là delle forme e dei tempi, su cui si può ovviamente discutere e ragionare, ciò di cui avverto più il bisogno – come ha sottolineato Francesco nella Evangelii gaudium – è un rinnovato impegno sociale del laicato cattolico. Un impegno maturo, consapevole e puro, tutto rivolto al bene comune e non al mero interesse personale.

“La politica, tanto denigrata – scrive Papa Francesco – è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune”. E poi specifica ancor meglio: “Sono convinto che a partire da un’apertura alla trascendenza potrebbe formarsi una nuova mentalità politica ed economica che aiuterebbe a superare la dicotomia assoluta tra l’economia e il bene comune sociale”.

Questa è dunque la prospettiva dell’impegno sociale a cui siamo chiamati: un impegno che parte inequivocabilmente da un’apertura al trascendente ma che poi si fa azione concreta, tangibile e visibile nella società odierna. Un’azione che non può essere concepita come un compromesso con gli interessi del mondo, ma che deve mirare a guardare in alto, addirittura, dice il Papa, a superare la dicotomia tra un’economia che a volte uccide e il bene della collettività.

Ciò che a noi sta a cuore è pertanto una politica a misura d’uomo. Una politica per l’uomo e con l’uomo. Per il suo sviluppo integrale e non per il suo sfruttamento. Da queste considerazioni discende tutto il resto: ovvero la cura per i più deboli e per i più poveri; la valorizzazione di un’economia per le famiglie e con le famiglie; e infine la realizzazione di un ordine internazionale legato ai valori della pace e del disarmo.

Oggi non siamo chiamati a riprodurre formule vecchie e stantie. Ma siamo chiamati, tutti, a pensare forme nuove e innovative di questo impegno sociale. Questo tempo, per quel che mi riguarda, è il tempo della semina. È il tempo in cui tutta la comunità ecclesiale, non solo il laicato, viene invitata a fare memoria dei grandi frutti del passato – come Toniolo, ma anche De Gasperi e La Pira – e a riversarli nel mondo di oggi. Questi preziosi chicchi di grano vanno seminati nella società odierna. Non è facile perché i nostri tempi sono caratterizzati da un individualismo esasperato. Ma noi sappiamo, però, che se il chicco di grano cade sul terreno buono, come auspico, in futuro vedremo i frutti rigogliosi.

Questa speranza vive oggi, concretamente, con la commemorazione del centenario di Toniolo. Noi oggi non ricordiamo solamente una grande figura del passato, ma seminiamo nella società presente questo chicco di grano di speranza. Toniolo, come dicevo all’inizio, è un “apostolo” della dottrina sociale della Chiesa. È quanto mai doveroso che tutta la comunità ecclesiale, senza dividersi in “cristiani del sociale” o “cristiani della morale”, si riappropri pienamente di questo grande patrimonio culturale e pastorale.

La dottrina sociale della Chiesa cattolica, infatti, pur nella sua complessità e ricchezza, è un deposito di conoscenze completo e unitario sulla realtà sociale e sull’uomo alla luce della fede: ci si prende cura del povero e del migrante, così come si ha a cuore le sorti della famiglia.

Questa è una delle grandi sfide del futuro: saper coniugare le ragioni della solidarietà, con quelle dello sviluppo e delle identità dei popoli. Tenendo, però, sempre bene a mente che, da un punto di vista sociale, l’unico obiettivo rimane sempre la promozione e la difesa della dignità della persona umana che, per nessun motivo, può essere mai calpestata. Perché in quella persona, nell’altro che sta di fronte a noi, possiamo vedere il volto di Cristo.

 

Omelia del card. Gualtiero Bassetti, tenuta nel domo di Pieve di Soligo,

a cento anni dalla morte del beato Giuseppe Toniolo - 7 ottobre 2018

Fratelli e sorelle carissimi, con animo grato al Signore, presiedo quest’oggi la santa Eucaristia a Pieve di Soligo, in ricordo dei cento anni dalla morte del beato Giuseppe Toniolo, la cui tomba è qui molto venerata. Con la presenza desidero anche manifestare l’apprezzamento e la vicinanza di tutta la Chiesa italiana, in un anniversario che invita il mondo sociale ed ecclesiale ad una seria riflessione sulla realtà del nostro Paese.

Saluto e ringrazio per il cordiale invito Mons. Corrado Pizziolo, Vescovo di Vittorio Veneto. Un fraterno saluto rivolgo a S. Em. il cardinale Beniamino Stella, che ci onora con la presenza, nella sua città natale. Saluto i confratelli Vescovi del Veneto, Mons. Gianfranco Agostino Gardin e Mons. Giuseppe Zenti, i sacerdoti e i religiosi qui convenuti. Un deferente omaggio rivolgo alle autorità civili, militari e istituzionali presenti.

La Parola di Dio, proclamata in questa Domenica, ci aiuta ad inserirci nel ricordo del beato Toniolo, apostolo della famiglia e testimone coraggioso dell’impegno sociale dei cattolici italiani.

Il libro della Genesi ci ricorda le origini della famiglia umana. Con la creazione dell’uomo e della donna ha inizio una straordinaria avventura che, nelle gioie e nelle sofferenze, è giunta fino a noi, coinvolgendoci nel mirabile disegno divino. In un passo della Genesi viene detto che «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gn 1,27). Abbiamo in tal modo un fondamento intangibile dell’umana dignità: uomo, maschio e femmina, creato a immagine di Dio, non per il corpo fisico, ma certamente per la capacità razionale, morale e sociale. L’uomo, immagine di Dio, è un essere libero, capace di abbracciare il bene (o rifiutarlo), abilitato a vivere nella comunione con il suo Signore e con i fratelli. Ancor di più – ci ha spiegato l’apostolo Paolo – la figliolanza con Dio è anche fratellanza con Cristo Gesù, per mezzo del quale il mondo è stato creato: «Infatti colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli» (Eb2,11).

Dinanzi all’altezza e alla profondità di tale pensiero, la tradizione cristiana ha posto sempre l’uomo e il suo agire al centro di ogni contesto sociale. Con la sua dignità intrinseca, l’uomo è fulcro di tutta la creazione e del divenire della storia. Egli non può essere calpestato nei suoi diritti, nella sua realizzazione professionale, nella vita familiare e sociale. È diritto di ogni uomo, maschio e femmina, realizzare se stesso alla luce della divina somiglianza.

Non ci è difficile riflettere sulla vita del beato Giuseppe Toniolo alla luce del messaggio biblico che abbiamo ora ricordato. Egli vive la realtà familiare con amore di figlio e di sposo, consapevole della fatica dei doveri, ma lieto di servire, nella vita di famiglia, l’ideale più alto della comunione con Dio. Nato nel 1845, da giovane laureato, con la morte prematura del babbo, mette da parte momentaneamente la carriera accademica e lavora come avvocato, supportando così i suoi familiari, assillati da seri problemi economici. Si sposa a 33 anni con Maria Schiratti di Pieve di Soligo. Da lei avrà sette figli, alcuni morti prematuramente. La famiglia è per lui il primo luogo di santificazione, che passa attraverso la purezza dei rapporti umani, il sacrificio del vivere, il dolore della morte, l’assoluta confidenza con Dio, creatore e Padre. Ad immagine della Trinità divina, egli ha conosciuto il mistero dell’essere «una carne sola», che non ammette divisioni o ripudi.

Il mondo della professione, con l’immissione a cattedra presso l’Università di Pisa, gli riserva soddisfazioni ma anche incomprensioni. Non era facile, anche a quei tempi, guardare al mondo dell’economia e della finanza alla luce del messaggio cristiano. Le maggiori scuole di pensiero, italiane ed europee, erano ormai distaccate da ogni riferimento ai principi etici. L’individuo, il lavoratore era una merce al pari di altre. La sua dignità era nulla, il suo valore pari alla capacità di produzione. A Toniolo non sfugge la pesantissima questione antropologica che sta alla base del sistema capitalistico e ne vede, con lucida intuizione, tutta la disumanità. Lo scenario sociale di fine Ottocento è impressionante. Milioni di esseri umani asserviti ad un sistema basato sullo sfruttamento e sul disprezzo di ogni dignità, sia nel mondo agricolo che in quello industriale. Le riflessioni e le denunce di Toniolo troveranno ampio riflesso nella grande enciclica di Leone XIII, Rerum Novarum: una porta spalancata sul mondo dell’economia e del lavoro, che farà della Chiesa un potente baluardo di coscienza critica verso un sistema malato e una società travagliata da profondo malessere. In tale contesto, Toniolo inizia a riflettere sulla possibilità di individuare una “terza via” in ambito economico, che vada al di là dei sistemi capitalista e socialista, caratterizzata dal solidarismo e dalla collaborazione tra i vari ceti produttivi in vista del bene comune. Una riflessione appena abbozzata, che, purtroppo, non è mai arrivata a una seria conclusione.

Ancora oggi, nel panorama mondiale, non è raro assistere agli effetti di una visione miope e limitata con il prevalere di logiche perverse, una mentalità che nelle sue ricadute sociali sfrutta i poveri, non si cura di custodire il creato, procura ricchezza a pochi e lascia interi popoli nella fame. Dinanzi a questo, come cristiani occorre essere costruttivi e propositivi. Più volte Papa Francesco, dichiarando con forza il suo no “ad un’economia che uccide”, ha incitato a “scegliere invece un’economia che fa vivere, perché condivide, include i poveri, usa i profitti per creare comunione” (Udienza del 4 febbraio 2017). Su questo punto vorrei richiamare l’attenzione degli economisti cattolici perché si impegnino sempre più, sull’esempio del nostro Beato, nella elaborazione di un nuovo pensiero in ambito economico e finanziario, valorizzando e rinsaldando ogni possibile riferimento etico e umanistico.

In un contesto storico nazionale agitato dalle passioni unitarie e dalla crisi politica tra il Regno d’Italia e la Chiesa cattolica, Toniolo si distinse come valido esempio di uomo illuminato dalla fede e plasmato da una solida formazione culturale. Lo scenario umano e sociale che aveva di fronte era quello di un’Italia unita politicamente, ma attraversata da grande malessere, da paurosi squilibri economici e, soprattutto, attanagliata da una grave e diffusa povertà, che vedrà, tra l’altro, l’abbandono delle terre venete e di altre zone d’Italia da parte di milioni di persone.

Egli si impegna per favorire opere sociali per aiutare le classi più povere. Nascono, al Nord e in varie parti del Paese, cooperative di lavoro, casse rurali, associazioni di lavoratori a scopo mutualistico. Nel grande fervore delle opere, si scorge però un mondo cattolico frantumato nelle diverse posizioni socio-politiche: gli intransigenti contro i favorevoli ad un dialogo con il nuovo stato nazionale esprimono solo parzialmente il coacervo di posizioni che attraversano e in qualche modo dilaniano la realtà sociale ed ecclesiale italiana. Il Toniolo non scende nelle diatribe, opera alacremente, ma con distacco dalle varie correnti. È la fede che lo ispira nel profondo, che lo aiuta a intravedere gli elementi unitivi: la necessità di un laicato ben formato spiritualmente e culturalmente per introdurre nella nuova realtà statuale i valori di cui i cristiani sono portatori. Cerca luoghi di incontro e di formazione e ne promuove lo sviluppo, come le Settimane Sociali e, in embrione, l’Università Cattolica, fondata poi dal padre Agostino Gemelli. Pensa in cuor suo anche ad un impegno diretto dei cattolici in politica, auspicando unità di intenti e di strategie. Sarà una realtà che prenderà corpo con la fondazione del Partito Popolare di Don Luigi Sturzo, pochi mesi dopo la sua morte.

Carissimi fratelli e sorelle, con questi pochi cenni biografici ho cercato di ricordare a tutti noi la vita e l’opera di un uomo che ha incarnato appieno l’ideale dell’uomo cristiano che vive le realtà temporali, illuminandole con il discernimento della fede. Di questi uomini avrebbe bisogno oggi la comunità ecclesiale e sociale italiana. Capaci di giudicare e agire, liberi da interessi personali e particolari, con il solo fine del bene comune, capaci di unire e non dividere, lontani dagli estremismi, desiderosi solo di orientare il mondo a Dio. Ci si deve ispirare a persone come Giuseppe Toniolo, ricche di umanità e di saggezza; servono uomini e donne di fede e di scienza, capaci di discernimento e di giudizio; servono uomini e donne tutti di un pezzo, che non si piegano alle mode del tempo; servono i santi come Giuseppe Toniolo. È a lui oggi che ricorriamo, perché con la sua intercessione presso Dio doni alla Chiesa che è in Italia e a tutto il Paese uomini umili e coraggiosi per una società più giusta e più umana. Così sia!

Relazione su “Toniolo e l’impegno sociale dei cattolici” di S. Em. Card. Gualtiero Bassetti
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