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SANITÀ: telemedicina, non dimentichiamoci degli anziani

Le preoccupazioni di Marco Trabucchi

SANITÀ: telemedicina, non dimentichiamoci degli anziani

Da quando è scoppiata la pandemia, l’accesso alle cure mediche è notevolmente mutato. In particolare il rapporto con il medico di base, primo e principale punto di riferimento soprattutto per gli anziani, è rivoluzionato: visite domiciliari ridotte al minimo, aperture contingentate degli ambulatori, consulenze telefoniche come via maestra delle relazioni. L’impressione è che sia in atto un’accelerazione verso la telemedicina. Proprio adesso che col Covid «l’esigenza di vicinanza tra chi soffre, spesso in solitudine, e l’operatore, diventa ancora più cruciale - osserva preoccupato Marco Trabucchi, già professore ordinario di Neuropsicofarmacologia all’Università di Roma “Tor Vergata”, specialista in psichiatria, presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria, promotore del primo progetto di rilevazione dell’attività dei Caffè Alzheimer in Italia -. Di fatto oggi la persona o la coppia anziana che vive in solitudine ha un bisogno psicologico profondo e umano di essere in contatto con qualcuno. Entriamo nel campo delle paure dell’anziano che sono il vero problema di questi tempi: non ci rendiamo conto di come le persone sole elaborino nella loro mente contenuti di paura e di timore di un futuro che avvertono al di fuori del loro controllo. Se non c’è qualcuno che interrompe fisicamente la catena del dolore e dell’angoscia, non facciamo il bene dell’anziano. Insisto molto con concetto di solitudine: la vita sola dell’anziano è una vita disperante. Chi si occupa di questo problema, trova oggi paure disperanti diffuse. Per questo la battaglia contro le solitudini è una delle più importanti da condurre». Ma Trabucchi evidenza anche gli aspetti pratici problematici della telemedicina: «Il medico non può limitarsi a inviare le indicazioni terapeutiche per via telematica, perché spesso la loro comprensione non è facile oppure il paziente ha la necessità di avere informazioni e rassicurazioni sugli effetti collaterali di un farmaco. Se un anziano prende un farmaco e sente un giramento di testa, prende paura e deve poter contare su qualcuno che lo tranquillizzi oppure che gli riduca il dosaggio o che semplicemente gli dica: “Sono preoccupato; vieni a farti vedere”».
La telemedicina, d’altra parte, non è una novità di questi giorni: «Tutto quanto riguarda la domotica e la tecnologia all’interno della casa per il controllo a distanza - osserva Trabucchi - esiste ormai da una decina di anni, ma finora ha trovato poca applicazione perché non adatto alla vita delle persone, alle loro esigenze, al loro sentire». È una modalità nuova di rapporto medico-paziente che ha sicuramente aspetti positivi ma anche limiti di cui non si può non tener conto: «Deve restare centrale l’attività di mediazione da parte del medico - sottolinea Trabucchi -. Quando mettiamo i sensori per valutare i parametri biologici (rischio di cadute, frequenza cardiaca...) è necessario spiegare al paziente finalità e modalità di funzionamento dei sensori. Ma ancora più critico è il “ritorno” dei dati forniti dai sensori. Serve una “traduzione” comprensibile ma anche una vicinanza affettiva: soprattutto l’anziano deve sentire che il medico non lo abbandona. Pensare che il rapporto medico-anziano possa avvenire solo per via telematica è un’illusione che è la premessa del fallimento dell’impresa».
Federico Citron

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