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Terremoto e limiti umani

Riflessione sulla catena di tragedie in Centro Italia.

Terremoto e limiti umani

La catena di tragedie che ha colpito il centro Italia e in particolare l’Abruzzo ci lascia sgomenti. L’ultimo drammatico episodio – l’elicottero precipitato a mezzogiorno di martedì a Campo Felice sul Gran Sasso, provocando la morte di tutte le sei persone a bordo, compreso lo sciatore che era stato appena soccorso – ha aggiunto lutti a lutti, in una serie impressionante di disgrazie che hanno colpito in particolare quella regione e che rischiano di prostrare la resistenza di molti.

A incupire la perversa “catena” di morte la notizia che due delle vittime dell’elicottero avevano collaborato qualche giorno prima a salvare vite nella catastrofe dell’hotel Rigopiano, diventato ormai una tomba per una trentina di persone, dopo che gli eroici interventi di molti avevano restituito alla vita una decina di ospiti, in particolare i quattro bambini, che avevano suscitato tante speranze per un bilancio meno atroce. Il maltempo eccezionale combinato con il risveglio delle falde sismiche ha creato condizioni estreme in un territorio così affascinante quanto fragile e delicato. Alle scene di coraggio e di tenacia dei soccorritori, delle forze dell’ordine, della protezione civile e di tutti i volontari – in Abruzzo come in altre zone colpite così duramente in queste settimane – fa riscontro purtroppo anche l’immancabile recriminazione sui ritardi e sulle responsabilità, particolarmente eclatanti proprio nell’assurda vicenda del Rigopiano, a cominciare dalla stessa trasformazione di un rifugio di montagna in un hotel a quattro stelle ad alta quota fino alla incredibile fase di leggerezza e di incomprensione che ha prima impedito un più tempestivo intervento per aprire il percorso di fuga e poi, ad evento ormai accaduto, ha ritardato di due ore e mezza l’avvio dei soccorsi. Come c’è tanto da ringraziare coloro che si sono dedicati anima e corpo a ridurre le conseguenze nefaste della valanga, così c’è da rammaricarsi per quanto si sarebbe potuto fare intervenendo a tempo.

Ma è tutta una serie di vicende drammatiche che tengono avvinte le popolazioni di quelle terre, sferzate dalla minaccia ricorrente del terremoto, dall’insidia della neve e del freddo, dalla faticosa e costosa opera di ricostruzione. Torna certamente il monito ad un maggior rispetto della natura e ad una maggiore prudenza, ma insieme anche la constatazione delle poche risorse a disposizione che vanno dunque spese in modo oculato e mirato. Grande valore aggiunto è la dedizione, il coraggio e l’eroismo dei soccorritori e dei volontari, ma occorre un piano organico e sistematico per porre in sicurezza territori così provati. Va fatta certo luce su eventuali responsabilità, ma non serve infierire, quanto piuttosto rendersi conto dei limiti umani e tecnici e cercare di porvi rimedio riducendo al minimo il rischio purtroppo sempre in agguato.

Vincenzo Tosello

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