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VENETO: norma sulla compartecipazione pubblica alle rette per non autosufficienti

Indennità ridotta nella misura equivalente ai trattamenti assistenziali e previdenziali o alle indennità

VENETO: norma sulla compartecipazione pubblica alle rette per non autosufficienti

La Giunta regionale del Veneto, su proposta dell’assessore alla Sanità ed ai Servizi sociali, Manuela Lanzarin, ha approvato il disegno di legge riguardante le disposizioni che disciplinano il fondo per la non autosufficienza, con specifico riferimento all’interpretazione della legge regionale n.30 del 2009 (art. 6, comma 4). Il documento deliberato indica che, fino a quando non sarà implementato il fondo nazionale per la non autosufficienza con la determinazione della copertura destinata a finanziare le funzioni assistenziali dei Comuni – indipendentemente da precedenti atti – l’importo della compartecipazione pubblica per i beneficiari di prestazione a carattere residenziale viene ridotto nella misura equivalente ai trattamenti assistenziali e previdenziali o alle indennità, comprese le carte di debito, già percepiti.

“L’applicazione di questa interpretazione giurisprudenziale – spiega l’assessore Lanzarin – è, in questo momento, fondamentale per continuare a garantire l’offerta assistenziale in ambiti tanto delicati e fondamentali della programmazione sociale del Veneto. Questa delibera conferma la sinergia tra Regione e gli enti locali oltre ad essere un vero richiamo a livello nazionale. Senza copertura finanziaria statale, infatti, Regione, Ulss e Comuni non sono in grado di far fronte alla spesa”.

Il quadro normativo attuale prevede che, in caso di ricovero di una persona non autosufficiente presso una struttura sociosanitaria, le spese della retta relative alla parte sanitaria siano sostenute dal sistema sanitario. Quelle per la parte “sociale”, invece, sono a carico del cittadino e se questo non dispone dei mezzi sufficienti è il comune di residenza, al momento del ricovero, ad assumere l’obbligo.

“Logica ha voluto – spiega l’assessore Lanzarin - che, per queste situazioni, numerosi comuni si sono dotati di regolamenti che, in linea con la legge del 2009, hanno ribadito l’accesso al ricovero sulla base dell’Isee (indicatore situazione economica equivalente) e stabilito di modulare il contributo da erogare in rapporto ai trattamenti previdenziali e indennitari già percepiti dall’interessato. Quando parlo di logica, intendo che è naturale che una persona non autosufficiente, ospitata e assistita permanentemente in una struttura residenziale, impieghi la pensione di invalidità o l’indennità di accompagnamento a beneficio della sua condizione, esattamente come farebbe se non fosse ricoverata. Se, poi, l’assistenza necessaria, per cui le indennità sono finalizzate, è garantita dalla struttura ospitante va da sé che queste ne sostengano il lavoro”.

“Ma questa regolamentazione delle prestazioni sociali, fatta propria da numerosi enti locali e condivisa dalla Regione del Veneto – prosegue l’Assessore – ha trovato un ostacolo a livello nazionale con quanto previsto da un decreto legge del 2016. Questo, con altre norme conseguenti, esclude dal calcolo ai fini dell’Isee delle famiglie con persone disabili o non autosufficienti i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, comprese le carte di debito, erogati da amministrazioni pubbliche in ragione della disabilità stessa. Questo ha creato un problema non indifferente per i comuni. Il legislatore statale, infatti, non ha accompagnato la misura con una qualche forma di copertura finanziaria. Anzi, ha espressamente previsto che le amministrazioni interessate debbano provvedere con le risorse disponibili senza ulteriori oneri per la finanza pubblica. Ma come ho detto: senza copertura finanziaria statale le aziende sanitarie e i comuni non sono in grado di far fronte alla spesa conseguente”.

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