VENETO: on line la mappa dei contagi
Intervista dell'Amico del Popolo a Gianpaolo Bottacin, assessore regionale alla Protezione civile
Redazione Online
18/03/2020

Una mappa piena di punti rossi. È il Veneto, con i “segnaposto” che indicano esattamente l’indirizzo di tutti i «positivi», cioè delle persone che sono state contagiate dal coronavirus Covid-19 e che a loro volta sono diventate contagiose. È necessario individuarle e isolarle, per impedire che la malattia circoli. La Regione del Veneto da un mese utilizza questo sistema per tenere d’occhio le zone di maggiore concentrazione dell’epidemia e per produrre stime e previsioni, oltre che per eseguire nuovi tamponi. Gianpaolo Bottacin, l’assessore regionale alla Protezione Civile, è il referente di tutto questo lavoro e ci spiega come funziona. L'Amico del Popolo di Belluno lo ha intervistato.

«Sostanzialmente il metodo utilizzato è questo», spiega l’assessore Bottacin: «quando viene individuato un positivo, nel database vengono inserite tutte le caratteristiche della persona contagiata e viene quindi localizzato anche l’indirizzo di quella persona, che ovviamente è posta in quarantena. La persona positiva al coronavirus deve comunicare i contatti che ha avuto nell’ultimo periodo e a questo punto si effettuano immediatamente i tamponi a tutte le persone che sono venute a contatto con l’individuo positivo. Sostanzialmente si tenta di “rincorrere” la malattia: se vengono individuati ulteriori casi di positività, anche asintomatici, a loro volta vengono messi in isolamento».

Quindi la Regione del Veneto ha una mappa su cui sono rappresentati i luoghi dove abitano le persone positive al coronavirus.

«Sì, vengono mappati tutti i casi positivi del Veneto, sintomatici e asintomatici. E questo database serve poi a chi va a fare i tamponi, seguendo il criterio epidemiologico, cioè partendo da chi è risultato positivo e andando a raggera. Ripeto: cercando di “rincorrere” la malattia, dunque facendo tamponi mirati».

Però vengono anche eseguiti tamponi “a tappeto” per categorie, vero?

«C’è un altro canale di tamponi, che segue un criterio diverso: in base ad esso, si decide per esempio di fare i tamponi a tutti i sanitari, ai Vigili del fuoco, al personale delle case di riposo eccetera. In questi casi pensiamo sia utile farlo al 100% del personale, dunque non seguendo la traccia di un caso positivo, ma facendolo in maniera massiva. Questo è un criterio che abbiamo utilizzato fin da subito, da quando ci sono stati i primi due casi di Vo’. Continuiamo a seguire questo criterio, perché esso consente, a fronte di tanti tamponi, di individuare i casi positivi in ambiti precisi. È un criterio che abbiamo adottato fin dal primo giorno e sta dando dei riscontri abbastanza buoni. Qualcuno ha fatto dei paragoni con altri paesi del mondo, dove fanno la geolocalizzazione della persona seguendo anche i suoi spostamenti. Si tratta anche di operare all’interno di ciò che la nostra legislazione consente e quindi non è possibile imporre al cittadino la geolocalizzazione personale. La nostra geolocalizzazione viene fatta mediante un database che è assolutamente non accessibile al di fuori dei pochissimi addetti ai lavori, a totale garanzia della privacy».

“Grappoli” di puntini rossi indicano concentrazioni di presenza del virus.

«La geolocalizzazione è utile per individuare le concentrazioni e i focolai. Il sistema è stato realizzato internamente dalla Regione del Veneto, attraverso i nostri tecnici. Dello staff fanno parte venti persone esperti di informatica, statistica, matematica, medici, immunologi. Qui nasce anche il modello matematico che ci dà le proiezioni per il prossimo futuro».