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Quell’altro 27 di aprile con Papa Wojtyla

2003: piazza San Pietro, domenica della Divina Misericordia, beatificazione di P. Marco

Quell’altro 27 di aprile con Papa Wojtyla

Undici anni fa - anche allora domenica della Divina Misericordia, ancora piazza San Pietro in Roma - ci stringevamo in tanti, tantissimi, e circa 1200 solo dalle diocesi del Veneto/Friuli (compresi il vescovo Magarotto e i pellegrini vittoriesi) attorno a Giovanni Paolo II, felice di dichiarare beato (finalmente!) Padre Marco d’Aviano, che lo stesso papa aveva detto un giorno di conoscere dai banchi di scuola. Per via di quel re della sua amata nazione polacca, Giovanni Sobieski, sepolto nella cattedrale di Cracovia, che il cappuccino aveva messo a capo della raccogliticcia, divisa coalizione incaricata dal pontefice dell’epoca di liberare Vienna assediata nel 1683 dagli inarrestabili feroci Ottomani: nessuno avrebbe scommesso sulla vittoria, ma l’ottenne la preghiera elevata con vigore da un Padre Marco pieno di fede, di ardore, capace di sfidare la storia, mai vinto dal caso avverso. Una personalità che Karol Wojtyla, per questi tratti caratteriali e mistici, forse ha sentito sempre vicina e incoraggiante nelle asperità della vita, da lui trascorsa, sin dalla giovinezza, sotto l’oppressione di altri regimi, anch’essi tragici per l’umanità e specialmente per l’Europa.

Torniamo a quel 27 di aprile! Il Santo Padre dà inizio alla celebrazione: sofferente ma tenace, pronuncia la formula di beatificazione di sei religiosi, tutti italiani (fra essi don Giacomo Alberione, padre di “Famiglia Cristiana”). Padre Marco gli è appena stato “presentato” dal cardinale Schonborn di Vienna. Subito dietro, un fraticello che si regge col bastoncino da una parte e s’aggrappa a un confratello dall’altra: egli sale la gradinata a ringraziare il papa, ma ... non sa dire una parola, tanta è la commozione per l’atto “storico” appena compiuto (da tre secoli si aspettava Marco d’Aviano beato!). Il vecchietto, vispo di 94 anni, è padre Venanzio Renier, decano dei postulatori, a noi ben noto e caro, che, come Padre Marco, e come Wojtyla - e con il medesimo loro carattere, dolce e tosto insieme (e una eguale dose di fede) - aveva ingaggiato la sua buona, sfibrante battaglia - più volte incerta di vittoria - per arrivare a questo giorno solenne. L’immagine - eloquente - dei due fa subito il giro del mondo, nei giornali e in tivù.

Padre Marco “contemplativo itinerante per le strade dell’Europa”; Padre Marco “protegga l’Europa perché possa costruire la sua unità non trascurando le comuni radici cristiane”; Padre Marco “profeta disarmato della misericordia divina”: così dipinge all’omelia il nuovo beato colui che sul far di quella stessa domenica, da lui voluta nell’Ottava della Pasqua, renderà l’anima a Dio due anni più tardi (sera del 2 aprile 2005), mentre la piazza, sempre San Pietro, s’infittirà di genti e nei giorni seguenti lancerà il grido “Santo subito”. Ratificato ora da papa Francesco, dopo un’altra, recente, domenica della Divina Misericordia (1° maggio 2011) nella quale papa Benedetto ha accompagnato il necessario “passaggio” della beatificazione del suo predecessore e amico.

Santo ora, in un nuovo 27 aprile di misericordia e di gioia. Un’impressione: descrivendo il Beato Marco, quel giorno del 2003, San Giovanni Paolo II si era fatto inconsapevolmente l’autoritratto: “Spinto dalle circostanze a impegnarsi attivamente per la libertà e l’unità dell’Europa cristiana”.

Walter Arzaretti

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