Editoriale
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A volte il dialogo non basta…

La riflessione del direttore don Alessio Magoga. 

A volte il dialogo non basta…

Mi ha fatto molto riflettere sul senso del dialogo la tesi di laurea una giovane studentessa – Matilde – che si è cimentata su uno scritto di Platone, intitolato la Repubblica e strutturato in forma di dialogo. Nel vocabolario si legge che il dialogo è un “discorso, colloquio fra due o più persone”. Come recita il famoso detto, “per dialogare bisogna essere in due”: non basta la buona volontà di uno solo. Penso sia esperienza di tutti aver constatato talvolta che, ad un certo punto, nonostante le migliori intenzioni, il dialogo si arresta: uno dei due non è disponibile e non vuole parlare oppure le premesse e i punti di vista sono troppo diversi e non si riesce a trovare un terreno comune su cui convenire e potersi confrontare…

Ricordo un docente che considerava gli scritti di Platone (per lo più dei “dialoghi”) come una reazione alla vicenda di Socrate. Il filosofo greco – l’uomo sapiente per eccellenza perché, “sapendo di non sapere”, faceva della ricerca della verità lo scopo della vita – aveva continuamente invitato i suoi interlocutori a cercare la verità dentro di sé, in un confronto e dialogo continuo. L’esito del suo impegno e della sua “arte”, tuttavia, fu la condanna a morte, comminata dal tribunale ateniese: questa ricerca infatti disturba chi spesso - come i sofisti, gli oratori, i politici suoi avversari… - metteva al centro solo il proprio interesse. Socrate, simbolo per eccellenza del dialogo, morì incompreso dai più e attorniato solo da un gruppetto di accoliti, che lo volevano aiutare a fuggire: egli non accettò la fuga, perché sapeva che suo preciso dovere era osservare la legge, benché lo condannasse ingiustamente.

La sua morte è stata accostata spesso a quella di Cristo, anche se presenta delle evidenti differenze. Socrate ad esempio continua a dialogare con i suoi discepoli sino a pochi istanti prima di morire. Nel contesto della passione, invece, Gesù sembra chiudersi in un dignitoso silenzio. Sembra che Gesù capisca, poco dopo il suo arresto, che da quel momento in poi è del tutto inutile affannarsi a dialogare e cercare di trovare delle vie di persuasione, nonostante nei vangeli ci siano dei bellissimi dialoghi tra Gesù e le persone che incontra (soprattutto nel vangelo secondo Giovanni)... Come a dire che Gesù, esperto anch’egli nell’arte del dialogo, capisce che a un certo punto non è più tempo per dialogare. Servono altri strumenti, altri mezzi, altre vie… Socrate si rifugia nell’impassibilità del saggio che affronta con dignitosa serenità la morte. Gesù invece si affida al Padre, nel silenzio e nella preghiera. Si sottrae al dialogo con gli uomini per intessere un altro tipo di dialogo: quello con Dio, che poi è un altro modo per dire “preghiera”.

Di silenzio e preghiera ha parlato anche papa Francesco nell’omelia della messa a Santa Marta lunedì scorso: «Quando c’è questo modo di agire – ha affermato il Papa –, di non voler vedere la verità, resta il silenzio… Il silenzio che vince, ma tramite la croce». Infatti, «con le persone che non hanno buona volontà, con le persone che cercano soltanto lo scandalo, che cercano soltanto la divisione, che cercano soltanto la distruzione, anche nelle famiglie: silenzio. E preghiera». Non credo di essere lontano dal vero se in queste parole del Pontefice colgo dei chiari riferimenti alla vicenda del dossier di mons. Viganò, l’ex nunzio vaticano negli Stati Uniti, che ha diffuso tramite i mezzi di comunicazione un durissimo atto di accusa conto papa Francesco. Tra le altre cose, l’alto prelato italiano solleva forti dubbi sul modo di operare del Papa nei confronti del vescovo statunitense McCarrick, che nel luglio scorso si è dimesso dal collegio cardinalizio a seguito delle pesanti accuse di abusi sessuali. Secondo Viganò, il Papa “sapeva” da tempo, ma non ha fatto abbastanza… Nel volo di rientro dall’Irlanda, un giornalista ha rivolto a papa Francesco una domanda proprio su questo spinoso argomento e pure in quell’occasione il Papa ha risposto: «Leggete voi attentamente il comunicato [di Viganò] e fate voi il vostro giudizio. Io non dirò una sola parola su questo. Credo che il comunicato parla da se stesso… Quando sarà passato un po’ di tempo… forse parlerò». Silenzio e preghiera, quindi, non per chiudere le porte oppure in un atteggiamento di disprezzo nei confronti dell’interlocutore, ma come tempo di attesa orante, affinché venga il momento giusto in cui la comunicazione e il dialogo possano essere di nuovo riallacciati. E nel dialogo, allora, ci si possa finalmente capire.

Don Alessio Magoga

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