ALLA PROVA DELL'EUROPA
L'editoriale di Stefano De Martis
Calendario alla mano, appare molto improbabile che già nel Consiglio europeo del 19 ottobre possa avvenire l’esordio ufficiale di Giorgia Meloni sulla scena della Ue. La nascita del nuovo governo, che entra in carica con il giuramento, richiede tempi tecnici e politici che mal si conciliano con una scadenza così ravvicinata. E forse, nel contesto delle trattative in corso, potrebbe essere persino nell’interesse della futura premier che sia Draghi a rappresentare ancora una volta l’Italia prima di passare la mano. Ma i riflettori europei (e non solo) sono puntati sulla leader di FdI già da mesi e soprattutto dopo l’esito del voto del 25 settembre. Le posizioni ripetutamente espresse da lei e dagli altri principali partner della coalizione (pur con alcune differenze tutt’altro che marginali), documentano un atteggiamento a dir poco euroscettico e questo è comprensibilmente motivo di preoccupazione (o di “curiosità” per adottare il termine usato da Draghi a margine dell’ultimo vertice Ue).
Ora però ci sarà da valutare per la sua composizione e per i suoi atti un nuovo esecutivo, frutto di libere elezioni, e quindi risultano del tutto fuori posto certe dichiarazioni di esponenti di altri Stati. «L’Italia sa badare a sé stessa nel rispetto della sua Costituzione e dei valori dell’Unione Europea», ha commentato autorevolmente il Presidente della Repubblica. Nelle asciutte e soppesate parole di Sergio Mattarella ci sono sia l’orgoglioso rifiuto di ingerenze e tutele, sia il richiamo inequivocabile a due pilastri fondamentali per ogni governo e per ogni parlamento.
Del resto, il ruolo dell’Italia in Europa, il suo protagonismo di grande Paese fondatore, la sua capacità di incidere nelle scelte che dovranno essere prese ora e nelle strategie per il futuro, dipendono in larga misura dalla credibilità che i nostri vertici politici sapranno dimostrare sul campo, non certo da atteggiamenti muscolari e ideologici. I nazionalismi – o sovranismi che dir si voglia – sono stati sempre forieri di sciagure, come ammoniva già don Luigi Sturzo nei fatidici anni Venti del secolo scorso e come la realtà di questi mesi purtroppo drammaticamente conferma.
«I nazionalismi sono l’opposto della bellezza dell’Europa», ha sottolineato il cardinale Zuppi, presidente della Cei. E se l’Italia non può fare a meno dell’Europa, anche quest’ultima ha bisogno dell’Italia. Di fronte alle sfide epocali di questo tempo, la Ue ha alternato fasi di straordinaria energia costruttiva e momenti di ripiegamento egoistico e miope che rischiano di compromettere il senso stesso della costruzione europea.
Il nostro interesse nazionale, allora, non si promuove architettando meccanismi giuridici difensivi e progettando nuove barriere, ma fornendo un contributo vigoroso e realistico alla crescita di un’Europa che si sviluppi nella prospettiva della solidarietà, della giustizia e della pace. Con lo sguardo rivolto al futuro delle nuove generazioni e non ai tornaconti economico-finanziari di corto respiro.
Stefano De Martis
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