APPELLI DEL PAPA E PREGHIERA
L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga

La Chiesa può fare qualcosa per scongiurare i conflitti? E pregare serve? Pensiamo agli appelli, caduti nel vuoto, di Benedetto XV, che definì la Prima guerra mondiale “inutile strage” e “suicidio dell’Europa civile”, e poi di Pio XII, che coniò - poco prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale – l’espressione «nulla è perduto con la pace; tutto può essere perduto con la guerra». Verrebbe da dire che il margine d’azione è davvero ridotto e che la possibilità di influenzare gli eventi della storia, da parte della Chiesa, è molto limitata. I “decisori”, le cui scelte determinano i destini delle nazioni, vanno per la propria strada, piaccia o no ai Papi e al popolo credente che invoca la pace.
All’Angelus di domenica scorsa, papa Francesco ha detto di aver inviato due cardinali in Ucraina ed ha spiegato che la loro è «la presenza non solo del Papa, ma di tutto il popolo cristiano che vuole avvicinarsi e dire: La guerra è una pazzia! Fermatevi, per favore! Guardate questa crudeltà!». Questo è solo uno dei tanti appelli di Papa Francesco, che in ogni occasione non manca di invitare alla preghiera per la pace. Resterà inascoltato come i predecessori? Al di là delle valutazioni di carattere politico su quanto sia in grado la diplomazia vaticana di interagire con le parti in causa, va detto che le parole del Papa sono necessarie, perché – “ascoltino o non ascoltino” – costituiscono un orizzonte di senso che interpella la responsabilità di ognuno: anche quella dei “decisori”.
Quanto alla preghiera – se serva o meno – dobbiamo avere fiducia nella Parola del Signore che invita a pregare sempre ed insistentemente. Tralasciare la preghiera, fare silenzio, non lanciare alcun appello o – peggio – giustificare neanche troppo velatamente, come si è sentito in questi giorni da alcune figure religiose, l’opportunità dell’invasione dell’Ucraina… non sembrano affatto un’alternativa migliore, capace di accelerare il processo di pace!
Alessio Magoga
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