CONTINUA LA PROTESTA DEGLI AGRICOLTORI
L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga
La rivolta degli agricoltori sta scuotendo l'Europa. Iniziata agli inizi di gennaio in Germania, poi in Francia, Olanda e Belgio... da qualche giorno è arrivata anche in Italia dove, in alcune città soprattutto del Centro e Sud, si stanno tenendo manifestazioni e blocchi stradali da parte di coltivatori e allevatori.
I motivi alla base della protesta sono diversi a seconda della situazione del Paese, anche se ci sono delle ragioni comuni. Una delle principali è dovuta, senza dubbio, alla riforma della Politica Agricola Comune (Pac) dell'Unione Europea e al conseguente impatto sul settore agricolo delle linee guida del “Green Deal” (la strategia europea per la “transizione ecologica”). Gli agricoltori lamentano che la nuova Pac comporti tagli ai sussidi, oltre che forti limitazioni nell’uso dei pesticidi e la messa a riposo del 4% del terreno coltivato. Inoltre, temono che le nuove regole favoriscano le grandi catene di distribuzione e le grandi aziende agricole, a discapito di quelle medie e piccole.
Un'altra ragione delle agitazioni è l'aumento dei costi di produzione che gli agricoltori stanno affrontando ormai da anni. I prezzi dei combustibili (agricoli), dei fertilizzanti e delle attrezzature agricole – prima a causa del Covid e poi delle guerre in Ucraina e Medioriente – sono in costante aumento. Si aggiunge poi la concorrenza sleale dei prodotti agricoli che provengono da Paesi extra UE (per i quali non valgono le restrizioni e l’attenzione alla salute e all’ambiente richieste nei Paesi europei). Tutto ciò mette pressione sui prezzi dei prodotti agricoli, già soggetti a forti fluttuazioni “al ribasso”.
Bisogna dire che il malessere del mondo agricolo europeo non è di oggi. Solo per fare un esempio, che vale in modo trasversale anche per altri Paesi europei, in Francia, secondo il censimento della popolazione agricola del 2020, il numero degli agricoltori continua a diminuire (nell’arco di dieci anni sono scomparse centomila aziende agricole) e l’età media degli agricoltori è in costante aumento (nel 2020 quasi il 60% aveva 50 anni o più...).
Sulle agitazioni degli agricoltori sono intervenuti (e stanno intervenendo) anche i vescovi europei. Dapprima quelli tedeschi, che, con una certa cautela, hanno invitato gli agricoltori e le Istituzioni a cercare un dialogo costruttivo, per non lasciare che la protesta venga cavalcata da forme di populismo. Poi è stata la volta dei presuli francesi, che hanno manifestato un forte solidarietà agli agricoltori. «È normale – scrivono, ad esempio, i quattro vescovi della Bretagna nel comunicato congiunto rivolto agli agricoltori – che possiate vivere del vostro lavoro. È normale che tutti voi siate ascoltati e portiate il vostro contributo affinché siano elaborati insieme a voi gli orientamenti e le decisioni politiche in vista di una giusta agricoltura con i propri valori. È normale che giustizia vi sia fatta permettendovi di vendere i vostri prodotti senza che subiscano la concorrenza di quelli che provengono dall’estero, dove le norme per il rispetto dell’ambiente non sono così vincolanti o non esistono affatto». «È normale – concludono sempre i vescovi bretoni – che il vostro mestiere sia pienamente riconosciuto e che voi siate sostenuti e incoraggiati nella transizione ecologica alla quale noi tutti siamo solidalmente chiamati».
Più recentemente, è intervenuta anche la Commissione delle conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece) con un comunicato che raccomanda «l'ascolto e un onesto dialogo» per «comprendere meglio la realtà degli agricoltori nell'Unione europea, ottenere un maggiore riconoscimento per il loro duro lavoro, comprendere le loro preoccupazioni e, soprattutto, apprezzare coloro che ci nutrono». In questo senso, è da accogliere con favore che il Dialogo strategico tra l'Ue e i principali protagonisti dell'intera catena agroalimentare sia stato avviato il 25 gennaio: dovrà apportare (forse già giovedì 1° febbraio) delle modifiche alle linee della politica agricola europea.
Nei prossimi giorni, vedremo quale piega prenderà la protesta. Il percorso in ogni caso non è facile: una corda tesa tra le preoccupazioni degli agricoltori e le esigenze della politica europea, chiamata a salvaguardare il bene di tutti i Paesi membri e ad attuare la transizione verso forme di agricoltura più sostenibile. C’è da augurarsi che la corda tenga. Nel mentre, qualcosa possiamo fare anche noi cittadini, come ad esempio scegliere al supermercato non solo in base al “minor costo” ma anche riconoscendo e premiando i prodotti della “nostra” agricoltura.
Alessio Magoga
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