Editoriale
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Con gli altri, inattesi risvolti di speranza

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga.

Con gli altri, inattesi risvolti di speranza

Tre ballerine in piedi, poste una dietro l’altra, in fila. La seconda abbraccia da dietro la prima e la sorregge. La terza ondeggia le sue braccia come rami di un albero al vento, seguendo il ritmo della musica di un violino e di un pianoforte. Lo spettatore, che guarda frontalmente la scena, è come preso alla sprovvista e con stupore non riesce più a capire a chi appartengono le braccia, se alla prima o alla seconda o alla terza ballerina. Ciò che più sorprende però è il fatto che la prima ballerina è senza braccia e il gioco di prospettive, provocato dall’intreccio con le altre due figure, nasconde questa mancanza. Il messaggio dello spettacolo è chiaro: nella misura in cui ci si sostiene e ci si aiuta, ogni carenza viene colmata e gli ostacoli vengono superati.

Credo che sabato scorso molti spettatori siano tornati a casa con questo pensiero, dopo aver assistito allo spettacolo per i settant’anni della “Nostra Famiglia”, tenutosi al teatro Accademia di Conegliano, che ha visto come interprete principale Simona Atzori, la giovane donna senza braccia dalla nascita che danza, scrive e dipinge. Un messaggio forte, quello di Simona. Forte come quello lanciato dai ragazzi della “Nostra Famiglia”, che hanno aperto la serata costruendo una grande collana con la parola “amore” e facendo memoria di don Luigi Monza, fondatore dell’associazione, che si è lasciato ispirare evangelicamente proprio dall’amore per Dio e per il prossimo. Grazie all’aiuto degli altri, in uno spirito di collaborazione, ogni situazione umana si apre a inattesi risvolti di speranza e a possibilità inimmaginabili.

Ma accanto al gioco di squadra è necessario anche un modo nuovo di leggere la propria esistenza, che deve maturare interiormente e deve venire da dentro di noi. “Ogni avvenimento della vita – come ha scritto qualcuno – non è uno spreco, se decidi che sia una lezione”. Qualsiasi cosa possa accadere, anche la più dolorosa o la più ingiusta, può cambiare di segno, da negativo a positivo, se gli diamo un nuovo significato: se cerchiamo di comprendere che cosa essa ci insegni per il nostro oggi e per il nostro futuro. A volte si dice che bisogna “metterci una pietra sopra” su quanto di spiacevole ci è capitato. È troppo poco. In questo modo il passato sofferto continua ad agire in noi, spesso producendo sentimenti di tristezza, rancore, impotenza, rabbia… Si tratta invece di imparare a dare nuovi significati e a cogliere quello che di buono si può trarre anche da un’esperienza sbagliata che abbiamo provocato noi o di cui altri si sono resi responsabili. Allora si impara ad affrontare anche l’esperienza più dolorosa – quella che segna più in profondità – e in qualche modo la si redime e la si riscatta. Capiamo che si può agire, che si può fare qualcosa e che non siamo impotenti…

Se a volte non diamo fiducia all’aiuto che può venire dagli altri e alla nostra capacità di dare un senso nuovo a quello che ci è accaduto, dobbiamo lasciarci provocare da persone che ci ricordano che tutto questo invece è possibile. Persone come Simona, come don Luigi Monza, come i piccoli ospiti della Nostra Famiglia e tanti altri che nella vita riescono o sono riusciti a non cadere nello scoraggiamento dinanzi alle difficoltà e le hanno trasformate - o cercano caparbiamente di trasformarle - in opportunità. Oggi più che mai abbiamo bisogno e abbiamo fame di persone così, che affrontano la vita così com’è e provano a darle un senso. Persone che ci fanno intuire, come canta un Vasco che non ti aspetti, che “sì, tutto è possibile: perfino credere che possa esistere un mondo migliore”.

Alessio Magoga

Con gli altri, inattesi risvolti di speranza
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