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E SE IL PRETE NON ARRIVA IN TEMPO?

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga. 

E SE IL PRETE NON ARRIVA IN TEMPO?

Nei giorni scorsi ha fatto un qualche scalpore la notizia che in una parrocchia della diocesi, a causa di un fraintendimento organizzativo, il sacerdote non sia arrivato per celebrare la messa domenicale. Presi in contropiede, i fedeli non sapevano cosa fare e così, perplessi e un po’ interdetti, sono rimasti senza messa: qualcuno ha pregato personalmente, qualcun altro ha preso la macchina e ha raggiunto la chiesa più vicina (solo a qualche chilometro di distanza, per la verità) per partecipare alla messa della parrocchia confinante… Il caso in questione, di per sé, era dovuto solo a un difetto di organizzazione o meglio ad una svista (tipo: non essersi appuntato l’orario corretto sull’agenda) di uno dei presbiteri che collaborano in quell’unità pastorale. Tuttavia, prendendo spunto da questo episodio, si possono fare delle considerazioni un po’ più profonde. Stando alle lamentele, emerse “a botta calda”, da parte dei fedeli presenti che non capivano le ragioni dell’assenza del sacerdote, la prima considerazione che vien da fare è che i cristiani che partecipano – pochi o tanti che siano – ci tengono ancora alla messa: è sentita come qualcosa di importante. E questa non è una cosa di poco conto! La seconda considerazione è che in futuro situazioni del genere, nonostante la migliore organizzazione possibile che si possa mettere in campo, potranno presentarsi con maggiore frequenza. 

Basti pensare al fatto che il numero di sacerdoti (diocesani e religiosi) è in costante diminuzione: pur cercando le migliori geometrie e i più arditi equilibri tra preti, messe e orari, sarà sempre più difficile garantire la celebrazione della messa a tutte le comunità parrocchiali. Pensiamo, infatti, se una domenica un prete improvvisamente sta male o ha un imprevisto, come un guaio alla macchina o un qualsiasi altro accidente, che gli impedisce di spostarsi e di raggiungere la chiesa: c’è qualche altro prete “libero” che può essere avvisato all’ultimo momento perché lo sostituisca? La risposta, purtroppo, è tendenzialmente no. E la situazione sarà sempre più difficile nel prossimo futuro. Allora, che fare? Un giornale i giorni scorsi titolava che “perdere messa non è così grave”. Non mi sembra questa la direzione giusta da intraprendere. La messa domenicale è il momento di incontro con il Signore risorto e con la propria comunità: abbiamo bisogno di questo momento per vivere la nostra fede, per sostenerla e per alimentarla. Il cristianesimo è vissuto per secoli, soprattutto nella sua prima fase, semplicemente grazie alla celebrazione eucaristica: “Senza di essa – dicevano i cristiani dei primi secoli, molti dei quali “martiri” – non possiamo vivere”. Ma se il prete non arriva? In questi casi, in realtà, ci sono varie opzioni da attuare in modo emergenziale. Un tempo, molto probabilmente, gli anziani presenti avrebbero suggerito di recitare insieme il rosario. Oggi ci sono anche altre possibilità che permettono di apprezzare e valorizzare ulteriormente i ministeri laicali. Ad esempio, con il coinvolgimento del diacono permanente (qualora ci fosse) o dei ministri della comunione, è possibile celebrare una dignitosa liturgia della parola, con la proclamazione delle letture della domenica, i canti adeguati, magari un breve commento alle letture e, infine, la distribuzione della comunione. Anche la comunicazione degli avvisi ha una sua importanza, perché ricorda alla comunità i momenti salienti che è chiamata a vivere nella settimana che si apre. Tutto questo, però, non può essere improvvisato o lasciato all’iniziativa e alla buona volontà di qualcuno, ma va adeguatamente preparato e accompagnato, coinvolgendo i laici più impegnati e sensibili delle comunità. Grazie a loro, anche se il prete – in situazioni emergenziali e per qualche grave motivo – non arriva, si potrà santificare la festa e vivere comunitariamente la domenica, “Pasqua della settimana”.

Alessio Magoga 

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