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IL DIRITTO E QUEL CHE È OPPORTUNO

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga

IL DIRITTO E QUEL CHE È OPPORTUNO

Non tutto ciò che è legittimo è anche buono e opportuno. Si potrebbe sintetizzare così il senso di quanto è accaduto nei giorni scorsi a Sernaglia. I fatti sono per lo più noti. Ne han parlato ampiamente i mezzi di comunicazione. La senatrice Sonia Fregolent (già sindaco di Sernaglia per dieci anni e attualmente consigliere di maggioranza) ha chiesto e ricevuto il contributo che il suo Comune aveva messo a disposizione per le famiglie i cui figli, l’estate scorsa, avevano partecipato al Grest. Va detto che, da un punto di vista “formale”, non c’è nulla di fuori posto. I fondi erano stati stanziati dal Comune, che non aveva richiesto alcun tetto o condizione per accedervi, e alcune famiglie – tra cui la Fregolent – hanno fatto domanda ottenendo il contributo.

La cosa è stata segnalata a qualche organo di stampa e, all’indomani della pubblicazione della notizia, si sono accese reazioni molto vive. Quello che ha scaldato gli animi di molti – dentro e fuori della Lega – è stata l’opportunità di una tale richiesta. Dato lo stipendio, non esiguo, da parlamentare, era necessario ed eticamente corretto chiedere anche questo contributo comunale (poco più di 200 euro), verosimilmente pensato per quei nuclei familiari più svantaggiati a motivo della pandemia? Questa, sostanzialmente, la critica che molti hanno mosso alla Fregolent. La stessa contestazione ad altri esponenti della Lega, a settembre, costò il posto nelle liste delle regionali: tre candidati che avevano chiesto il bonus-Covid (in quel caso si trattava di 600 euro) furono esclusi dalle elezioni. (Ad onor del vero, va detto che emersero “furbetti” del bonusCovid anche in altri partiti, un po’ in tutta Italia).

A meno che in questi giorni non emergano nuovi dati che diano una versione completamente diversa dei fatti (la Fregolent, fino ad oggi mercoledì 3 marzo, non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali), ci permettiamo alcune considerazioni, lasciando da parte le dinamiche interne del comune di Sernaglia e quelle del partito della Lega. La prima – e più importante – è quella che abbiamo già citato in apertura: non tutto ciò che legittimamente ci potrebbe spettare, è anche eticamente corretto chiederlo. Ciò vale in modo particolare per chi ha delle responsabilità in ambito pubblico. Il comportamento di chi opera all’interno delle istituzioni deve essere tale da non prestarsi in alcun modo ad essere interpretato come mosso dall’interesse personale o dalla ricerca del proprio tornaconto. Gli amministratori pubblici (dal consigliere del più piccolo comune sino al Capo dello Stato) devono dare un’immagine di sé specchiata e integerrima, il più possibile trasparente e distaccata rispetto al possesso di beni e cose.

Detto questo, però, dovremmo avere il coraggio di fare un ulteriore passo, che ci riguarda tutti come cittadini italiani, da Nord a Sud, e che non sempre siamo in grado di compiere. Mi riferisco alla capacità di riconoscere e ammettere che se non sono in uno stato di particolare necessità, posso anche non avvalermi del diritto che mi è concesso per lasciare ad altri – più bisognosi – tale opportunità. L’impressione generale è che noi italiani al bene della comunità anteponiamo sovente il bene nostro o quello del nostro “clan”, e siamo portati a sfruttare fino in fondo le opportunità che la legge ci offre, lasciando da parte ogni considerazione etica. Soprattutto se si tratta di soldi. Su questo approccio diffuso dovremmo riflettere di più, sia personalmente sia come comunità, prima di “scagliare la prima pietra” contro alcune categorie.

Nell’attesa che la maturazione etica raggiunga livelli più alti, si deve salutare favorevolmente la proposta di un “codice etico”, avanzata dal commissario regionale della Lega, Alberto Stefani: proposta tanto migliore, se sarà accolta e portata avanti da tutti i partiti. Inoltre pare quanto mai opportuno fissare dei criteri precisi perché i contributi (tanto quelli del Governo quanto quelli di un comune) non siano mai dati “a pioggia”, ma siano sempre proporzionati alla situazione economica di chi ne fa richiesta. Sperando, poi, che la dichiarazione dei redditi sia veritiera e corrisponda alla realtà. Ma qui si apre un altro discorso, quello dell’evasione fiscale, che riguarda somme ben più consistenti e raramente accende gli animi.

Alessio Magoga

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