Editoriale
stampa

Il Papa in Ungheria: un viaggio scomodo

L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga

Parole chiave: Ungheria (1), viaggio (5), Papa (23), Francesco (5), pace (17), Russia (6)
Il Papa in Ungheria: un viaggio scomodo

Un viaggio scomodo e difficile, sotto diversi profili, quello di Papa Francesco in Ungheria dal 28 al 30 aprile. Tre giorni intensi, in cui il Papa ha parlato agli ungheresi, e ad Orban in modo del tutto particolare. Ma ha parlato anche all’Europa (e alla Russia). Per questo motivo, andrebbero riletti con molta attenzione i discorsi che il Pontefice ha tenuto nelle diverse tappe di questo suo secondo viaggio apostolico del 2023.  

Rivolgendosi agli ungheresi e alle rispettive autorità civili, le cui politiche severe verso i migranti sono note, non gli è stato difficile spiegare l’urgenza di creare “ponti” e di essere “porte aperte”. Budapest, infatti, è la città dei “ponti”, nata dall’unione di tre città collocate lungo il Danubio. Se da un lato ha elogiato l’impegno dell’Ungheria nell’accogliere soprattutto i profughi ucraini, ha ribadito che, «pensando a Cristo presente in tanti fratelli e sorelle disperati che fuggono da conflitti, povertà e cambiamenti climatici, occorre far fronte al problema senza scuse e indugi». Come a dire che è necessario allargare lo sguardo!

Quello dei migranti, inoltre, non è un fenomeno da affrontare da soli (come l’Ungheria vorrebbe, prendendo iniziative molto ferme), ma con l’aiuto della Comunità europea: «È tema da affrontare insieme, comunitariamente, anche perché, nel contesto in cui viviamo, le conseguenze prima o poi si ripercuoteranno su tutti. Perciò è urgente, come Europa, lavorare a vie sicure e legali, a meccanismi condivisi di fronte a una sfida epocale che non si potrà arginare respingendo, ma va accolta per preparare un futuro che, se non sarà insieme, non sarà».

E poi, sempre nel medesimo discorso, il Papa si è rivolto a tutta l’Europa, mettendone in luce alcune ambiguità: «Penso ad un’Europa che non sia ostaggio delle parti, diventando preda di populismi autoreferenziali, ma che nemmeno si trasformi in una realtà fluida, se non gassosa, in una sorta di sovranazionalismo astratto, dimentico della vita dei popoli. È questa la via nefasta delle “colonizzazioni ideologiche”, che eliminano le differenze, come nel caso della cosiddetta cultura “gender”, o antepongono alla realtà della vita concetti riduttivi di libertà, ad esempio vantando come conquista un insensato “diritto all’aborto”, che è sempre una tragica sconfitta». Parole dure, quelle del Papa, che se da un lato stigmatizzano un certo nazionalismo serpeggiante in alcuni Paesi dell’Est Europa, dall’altro prendono le distanze dalla corrente di pensiero “liberal” che sembra prevalere nell’Europa occidentale. «Che bello – ha proseguito ancora il Papa, elogiando le politiche pro-natalità dell’Ungheria ma puntando il dito contro altri Paesi europei, come l’Italia, in cui la natalità è a picco – costruire un’Europa centrata sulla persona e sui popoli, dove vi siano politiche effettive per la natalità e la famiglia (...) dove nazioni diverse siano una famiglia in cui si custodiscono la crescita e la singolarità di ciascuno».

Tuttavia, in questo frangente storico – ha affermato ancora papa Francesco – l’Europa è fondamentale: «Grazie alla sua storia, rappresenta la memoria dell’umanità ed è perciò chiamata a interpretare il ruolo che le corrisponde: quello di unire i distanti, di accogliere al suo interno i popoli e di non lasciare nessuno per sempre nemico». Però, per essere all’altezza del suo compito, deve «ritrovare l’anima europea: l’entusiasmo e il sogno dei padri fondatori, statisti che hanno saputo guardare oltre il proprio tempo, oltre i confini nazionali e i bisogni immediati, generando diplomazie capaci di ricucire l’unità, non di allargare gli strappi». Un messaggio, neanche tanto velato, affinché l’impegno per la pace – e per la pace in Ucraina – sia scelto con maggiore decisione dall’Europa e si cerchino concrete modalità per uscire dal cerchio mortale della guerra.

Un viaggio che scompiglia le carte, quindi, quello di papa Francesco in Ungheria. Che va in un Paese ai “ferri corti” con l’Europa per evidenziare i limiti e i punti di forza dell’una e dell’altra, invitando entrambi a uscire da sé stessi, a evolvere, a muoversi l’uno verso l’altra... Una mossa del cavallo – l’ennesima di Papa Francesco! – nella speranza che da questo movimento di avvicinamento sortiscano anche delle possibilità di dialogo con la Russia, con cui l’Ungheria mostra di non aver affatto “tagliato i ponti”. Quale effetto può avere il viaggio di un Papa sullo scacchiere del mondo? Forse niente, forse molto. Essenziale però è provarci. E Papa Francesco, anche in questo caso, dimostra un coraggio ed uno sguardo sul futuro che non sembra avere – purtroppo – alcun corrispettivo tra le attuali figure di politici nel mondo.

Alessio Magoga

Il Papa in Ungheria: un viaggio scomodo
  • Attualmente 0 su 5 Stelle.
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
Votazione: 0/5 (0 somma dei voti)

Grazie per il tuo voto!

Hai già votato per questa pagina, puoi votarla solo una volta!

Il tuo voto è cambiato, grazie mille!

Log in o crea un account per votare questa pagina.

Non sei abilitato all'invio del commento.

Effettua il Login per poter inviare un commento