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Il terzo settore questo sconosciuto

L'editoriale del direttore don Giampiero Moret

Il terzo settore questo sconosciuto

Il “Terzo Settore” è una realtà che sta crescendo nell’area economica, ma che è poco conosciuta al comune cittadino. Il 9 aprile scorso la Camera dei deputati ha approvato la legge delega “Per la riforma del terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”. La legge passerà ora al Senato. Scarse le informazioni su questo passo compiuto dal governo. Sarà che siamo ormai refrattari agli annunci di riforme radicali che il governo Renzi sta producendo a getto continuo, sarà che il titolo mette insieme realtà tra le quali non è facile percepire subito il nesso, sta di fatto che l’approvazione della legge ha riscosso poca attenzione. Eppure terzo settore e imprese sociali aprono prospettive che, forse, potrebbero rivoluzionare il sistema economico. a terminologia, innanzitutto. Il terzo settore è quell’insieme di attività che si pone tra le due che hanno sempre dominato la scena delle moderne società: da una parte il mercato e dall’altra lo Stato.

Il mercato produce e distribuisce beni necessari alla vita, lo Stato detta le regole e controlla. Il terzo settore si inserisce tra i due e comprende tutte quelle attività che nascono liberamente dal basso, dai privati cittadini, come le attività di mercato, ma che non hanno come scopo principale di produrre profitto per gli individuali, bensì mirano a creare benessere comune, a promuovere interessi generali, come dovrebbe fare lo Stato. Fanno parte di questo settore tutte le attività di volontariato, le onlus, le cooperative sociali di tipo A e B, le organizzazioni di micro credito e le imprese sociali.

Queste ultime sono imprese vere e proprie che producono beni e servizi e che, quindi, se funzionano bene, producono profitto, ma che per legge, finora, non possono distibuirlo agli investitori. Gli utili devono essere investiti per rafforzare l’attività stessa. Credo che ognuno possa intuire il valore di queste attività. Esse compensano le deficienze dei due tradizionali soggetti: il mercato e lo Stato. Il mercato, per sua natura, non può arrivare a soddisfare tutti i bisogni. Infatti, produce e distribuisce beni solo per chi può pagare, ma si sa che non tutti hanno questa possibilità. Se poi il mercato funziona sulla base di una concezione liberista, fette sempre più ampie di cittadini ne verranno escluse. Lo Stato dovrebbe intervenire per supplire a queste carenze. Di fatto la sua sensibilità “sociale” è via via cresciuta ed è sorto quello che viene chiamato il “welfare”, benessere, che è l’insieme dei provvedimenti con i quali lo Stato viene incontro ai cittadini per promuovere una società sempre più equa in cui tutti possano godere di un ragionevole benessere. Ma questa attività dello Stato ha mostrato presto i suoi limiti. Le emarginazioni sociali e le esigenze di benessere aumentano di continuo per cui lo Stato non ce la fa a sostenerle tutte. Senza parlare delle proverbiali inefficienze e sprechi che l’attività pubblica ha sempre incontrato. Ecco allora la necessità di mobilitare la base, la società civile, perché intraprenda questo tipo di attività che produce beni e servizi non per “i pochi” ma per “i molti”. È possibile questo? Sì, perché nelle persone non esiste solo l’interesse individuale, ma anche la benevolenza e la solidarietà per gli altri, il senso civile. È chiaro che una concezione della persona come quella della fede cristiana è molto favorevole allo sviluppo di questa dimensione. Infatti la dottrina sociale della Chiesa ha sempre cercato di promuovere le attività di terzo settore.

Nel nostro Paese il terzo settore è presente. Basti pensare al grande sviluppo che ha avuto il volontariato, ma anche la cooperazione sociale e altre forme di mutualità. Però è un mondo cresciuto come un bosco selvatico, accompagnato da una quantità di leggi e leggine sorte per situazioni contingenti senza un quadro d’insieme ordinato. Questo ha permesso che in esso prosperasse anche il malaffare, come hanno mostrato la recente inchiesta di Mafia Capitale e le vicende di Cpl Concordia. L’attuale legge delega dovrebbe riordinare tutto il settore ed esercitare un controllo più efficace. La legge è stata approvata alla Camera non senza pesanti critiche. È stata contestata soprattutto la riforma dell’impresa sociale che può assumere una forma ibrida di “non profit e profit” con la possibilità di investire in essa capitali a rischio con relativi dividendi, pur restando prevalente la finalità sociale. Ma secondo il governo sta proprio qui la novità, perché permetterebbe l’espandersi di questa nuova forma di economia che coniuga insieme interesse privato e interesse collettivo, oltre i confini del terzo settore. Ma siamo solo all’inizio, si tratta di una legge delega che oltre a dover passare nel Senato, richiede poi di essere seguita dai decreti attuativi del governo. Meriterebbe però di essere maggiormente seguita perché in essa si fa strada una forma di nuova economia che potrebbe superare le tante contraddizioni dell’attuale sistema. GpM

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