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Il valore della persona

L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga.

Il valore della persona

Impossibile dimenticare la settimana che ci stiamo lasciando alle spalle. Un incalzare imprevisto e imprevedibile di eventi ci ha toccato profondamente e ci ha sconvolti. Eravamo ancora scossi dall’incidente ferroviario in Puglia, quando abbiamo dovuto assistere in rapida sequenza ad altri drammatici eventi: la sera del 14 luglio, la tragedia di Nizza che ha coinvolto sei nostri connazionali e, nella notte del 15, il fallito golpe in Turchia, con centinaia di vittime ed una escalation che ha tutti i crismi dell’avvento di una nuova dittatura. Qualche giorno dopo, in Germania, l’episodio del diciassettenne afgano che ferisce gravemente alcuni passeggeri in treno. Un fatto meno eclatante degli altri, se vogliamo, ma che contribuisce a surriscaldare il clima e ad accrescere apprensione e diffidenza. Si tratta di fatti molto diversi tra loro, certamente, ma che hanno almeno un filo rosso che li accomuna e che riguarda la deriva violenta che coinvolge una parte dell’Islam. Non tutto, certo. Ma una parte sì. Va riconosciuto, con buona pace di tutti. Gli analisti internazionali escono sempre più allo scoperto: con crescente lucidità denunciano il fatto che dietro agli attentati terroristici non ci sono solo dei “lupi solitari” malati psichicamente o delle strutture terroristiche clandestine, ma anche potenti nazioni – per parlar chiaro: alcuni Paesi del Golfo – che sovvenzionano i gruppi terroristici e promuovono i predicatori dell’odio. La questione è complessa. Lo è per gli stessi musulmani, che sono le prime vittime di questa deriva violenta.

Solo per fare due esempi, circa trenta dei morti di Nizza sono di fede islamica e nell’ultimo attentato a Bagdad hanno perso la vita più di 200 persone, per lo più musulmani irakeni. Alcuni esperti sostengono che l’Islam debba affrontare al suo interno con chiarezza la questione del rapporto tra fede e violenza. In realtà, si tratta di una questione che non ci è estranea e che ha scosso drammaticamente anche il cristianesimo. Pensiamo alle “guerre di religione” che hanno insanguinato l’Europa nel XVI e nel XVII secolo. Ma nell’attesa che questo interrogativo venga affrontato e risolto anche dal mondo islamico, noi europei che cosa facciamo? Personalmente ritengo che il richiamo frequente e orgoglioso da parte dei governi europei a mantenere il nostro “stile di vita” non sia una vera strategia. Il nostro stile di vita non è “il migliore dei possibili”: ha generato squilibri economici a livello mondiale e ha deturpato l’ambiente. Anche solo ad una prima lettura, la Laudato si’ di papa Francesco esprime l’opinione che il nostro stile di vita debba essere modificato in una prospettiva di maggiore giustizia sociale e di un’ecologia integrale. Piuttosto, vanno mantenuti e difesi i valori dell’Occidente: quelli che hanno reso l’Europa uno dei luoghi al mondo – se non “il” luogo – in cui la persona è rispettata nella sua interezza. Il valore di ogni persona umana, la preziosità della vita, la fiducia nella ragione e nel dialogo: questi, sì, sono i valori che l’Europa ha conquistato e che deve difendere, con le unghie e con i denti. Forse è proprio questo il suo compito storico, la sua missione oggi, la sua “vocazione” in questo inizio di XXI secolo. I gesti di coraggio e di umanità – come quello del motociclista che ha cercato di fermare il camion o la gara di solidarietà per prendersi cura dei feriti e per ritrovare i dispersi della notte di Nizza – sono la strada giusta, la via più eloquente per affermare il valore della persona. L’alternativa – quella di chi con un camion uccide donne e bambini – è davvero ributtante e inqualificabile e ad essa ci si deve opporre con tutte le forze. AM

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