Editoriale
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Immigrazione: fenomeno o persone?

L'editoriale del direttore de L'Azione

Immigrazione: fenomeno o persone?

Non molto tempo fa, un reduce della seconda guerra mondiale mi ha raccontato della sua prigionia in Russia. Credevo mi dicesse della durezza della prigionia e dell’amarezza di quel tempo e invece... «Ci facevano lavorare la terra – mi disse – e avevamo occasione di incontrare i civili. Noi italiani, non ci trattavano male. Anzi, ogni volta restavo stupito dai segni di accoglienza da parte della gente. Una volta chiesi: “Come mai siete così accoglienti nei nostri confronti?”. E la risposta fu: “Siamo così perché anche i nostri figli e i nostri mariti sono da qualche parte nel mondo e speriamo che lì dove si trovano possano incontrare delle persone buone che li accolgono così come noi oggi facciamo con voi”. Queste parole, non le ho mai dimenticate». Questo racconto mi ha molto colpito. Probabilmente si è trattato di un’esperienza particolarmente fortunata, non vissuta da molti altri prigionieri italiani in Russia. Tuttavia, anche se si trattasse di un caso isolato, a maggior ragione il fatto invita a pensare: è davvero un racconto e un segno in controtendenza, che sorprende. Sta a dire che anche nei momenti più oscuri, nei quali sembra logico debba prevalere l’odio (in fin dei conti gli italiani erano pur sempre degli invasori!), il senso di umanità non scompare ma anzi provoca sorpresa e gratitudine. Credo che questo sentimento di umanità – che non significa “buonismo” ma semplicemente considerare la persona come “persona” e non come un problema o un numero – non ci debba abbandonare mai. Soprattutto in momenti come quelli attuali, nei quali di fronte all’acuirsi del fenomeno migratorio è più facile invocare muri, fili spinati, slogan del tipo: “a casa tutti”... La questione migranti è complessa e richiede dei "distinguo" e delle scelte a volte dolorose, ma non può essere affrontata sbrigativamente. Il fenomeno dell’afflusso di migranti verso l’Europa innanzi tutto non va ingigantito, ma raccontato per quello che è. Gli sfollati accolti nel Vecchio Continente nel 2015 non superano lo 0,2 per cento della popolazione locale, mentre in un Paese piccolo come il Libano la loro quota corrisponde quasi alla metà della popolazione. Semmai, la loro presenza va meglio distribuita. In realtà, noi abbiamo paura... Abbiamo paura che la loro presenza sia una minaccia: non si tratta solo del terrorismo e degli attentati recenti, che comunque hanno avuto un impatto enorme. Sentiamo minacciata la nostra identità culturale, e forse anche quella religiosa. Ma forse dovrebbe preoccuparci di più il nostro poco amore per la nostra storia e per la nostra tradizione o l’indifferenza per la fede cristiana che si palesa in varie circostanze. Più che l’islamizzazione dell’Europa dovrebbe preoccuparci il perdurante indifferentismo religioso di molti europei (italiani compresi). La psicanalista francese Julia Kristeva - una laica - è giunta alla conclusione che noi europei dobbiamo «cambiare l’atteggiamento dell’illuminismo, che si è costruito in contrapposizione alla religione, e rivalutare il patrimonio spirituale del Cristianesimo, dell’Ebraismo e dell’Islam». Sembra questo il modo per sottrarre i nostri giovani alla propaganda del fondamentalismo: «Se neghiamo il bisogno di credere e la voglia di spiritualità dei ragazzi - continua la studiosa -, li lasciamo in preda ai manipolatori di internet o delle moschee radicali». Pertanto, secondo la Kristeva, dobbiamo «rivalutare il patrimonio religioso, insegnarlo nelle scuole, non per inculcare la religione, ma per interrogarla ». La presenza dei migranti nei nostri territori inoltre mette a nudo i nostri limiti e i nostri difetti, come ad esempio quello di uno Stato che non sembra sempre in grado di far rispettare adeguatamente la legge o di agire in modo efficace. Quanto stiamo vivendo potrebbe trasformarsi in una sfida e in un’opportunità, affinché impariamo ad appropriarci di nuovo del nostro patrimonio culturale e spirituale... e - magari - impariamo anche a vivere nella società non inseguendo semplicemente l’interesse personale, ma il bene di tutti come cittadini protagonisti e attenti alle necessità dell’altro. Alessio Magoga

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