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In Marocco con il turismo solidale

L'editoriale del direttore de L'Azione don Giampiero Moret.

In Marocco con il turismo solidale

Ho avuto occasione di fare un viaggio in Marocco organizzato da un’agenzia di turismo solidale. Esiste, infatti, un turismo alternativo al turismo di massa che si limita a visitare le realtà più pubblicizzate e non sfiora nemmeno la vita reale del paese. Il turismo solidale cerca, invece, di venire a contatto con la vita della gente, con le sue miserie e con le sue ricchezze spesso nascoste. Preferisce andare nei paesi dove più pesanti sono le tare che impediscono il pieno sviluppo della vita e si sforza di scoprire le iniziative che meglio esprimono la volontà di un popolo di superare i suoi punti deboli. In Marocco, un paese che deve superare ancora molte arretratezze (esiste ad esempio un analfabetismo tra i più alti del mondo), esistono molte associazioni e movimenti di base per la promozione della donna, per l’alfabetizzazione, per la cooperazione sociale, ecc. Ne abbiamo vistate alcune. È emozionante vedere la volontà di reagire di fronte all’indolenza generale. In queste occasioni si ha anche la possibilità di partecipare direttamente alla loro vita, entrare nelle loro case e mangiare con loro. Anche se a volte bisogna pagare con qualche disturbo interno la condivisione.

Il Marocco è un paese totalmente islamico come gli altri paesi del Nord Africa, ma ha la fama di professare un islamismo moderato che gode molte delle libertà escluse in altri paesi. Questo grazie soprattutto al suo attuale re, Mohammed VI, che ha allentato la rigidità del padre Assan II. In Marocco non si sono verificate le agitazioni e gli scontri che hanno caratterizzato gli altri paesi della cosiddetta primavera araba. Ci fu un episodio grave che avrebbe potuto far portare il paese nel caos della violenza. Nel 2003 a Casablanca scoppiò una serie di attentati terroristici che causarono parecchi morti. Il re Mohammed seppe cogliere prontamente il segnale e promosse una serie di riforme sociali per sanare le situazioni di miseria più esplosive. Continuò poi con una riforma del diritto di famiglia che sanciva la parità tra uomo e donna. Infine, quando negli altri paesi iniziavano i tumulti, ebbe il coraggio di promulgare nel 2011 una nuova costituzione con un riconoscimento di molte libertà democratiche e restringendo i suoi poteri a favore della rappresentanza popolare. Tuttavia, si nota da qualche tempo una tendenza contraria a questa linea. C’è, secondo la testimonianza di tante persone, un ritorno alle tradizioni islamiche più rigide. In Marocco le donne non sono mai state obbligate a portare il velo, molte sono quelle che vestono totalmente all’europea, ma ora, soprattutto nelle città, non solo c’è un maggior uso del velo, ma si vedono donne completamente coperte da vesti nere che lasciano solamente una stretta fessura per gli occhi. Un comportamento mai visto prima. Dopo i casi di Casablanca non ci sono stati più attentati, ma c’è un controllo dei movimenti radicali molto più severo che da noi. Tutto questo rappresenta un segnale che riguarda il mondo islamico in genere. L’Islam è in una fase di travaglio, alle forti spinte verso la democrazia e la libertà che sono state alla base dei movimenti democratici, si contrappone, per reazione, una difesa della propria identità rimarcando gli elementi della tradizione. Non ho notato giustificazioni di alcun tipo degli estremismi, anzi, c’è molta paura nei loro confronti. Molti affermano che i bacini di reclutamento dei movimenti terroristici non sono i paesi islamici, ma piuttosto le città europee e questo può essere vero. Tuttavia questo ritorno al passato non favorisce il dialogo e il superamento delle forme di vita più anacronistiche. Una cosa che non cessa di colpire chi ha una fede diversa dall’Islam è l’esclusione totale di ogni pratica religiosa o di ogni segno religioso pubblico non islamico. La costituzione del Marocco permette la libertà di culto, ma non la libertà religiosa. È escluso ogni proselitismo e la conversione resta un crimine. A Marrakesh, dove ho soggiornato, esiste una chiesa cattolica gestita da francescani francesi. Di fronte, a pochi metri, hanno costruito subito una moschea. Chila visita viene interrogato dai poliziotti che la presiedono giorno e notte e deve dichiarare da dove viene e i motivi della visita. Ho celebrato la messa con il gruppo, ma solo quando era possibile chiudersi in una stanza cercando che niente trapelasse all’esterno. Solamente in un caso, in un punto di appoggio del turismo solidale, la coppia che lo gestisce non ha fatto alcuna difficoltà, anzi, ci ha messo a disposizione la terrazza e ha assistito con grande meraviglia alla celebrazione complimentandosi poi con noi. La reazione istintiva a questa situazione è di ricambiare questo atteggiamento rifiutando la libertà religiosa ai musulmani che vivono tra noi, ma è una reazione sbagliata, noi dobbiamo essere fieri del diritto alla libertà religiosa che è uno dei capisaldi della civile convivenza.

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